domenica 1 novembre 2015

10. Letture: Noam Chomsky, Ilan PAPPÉ: «Palestina e Israele: che fare?» A cura di Frank Barat, Fazi 2015.

Home | Prec. ↔ Succ.
Questa “scheda di lettura” è contestuale alla precedente, dove già è stato fatto un rinvio a questa. Entrambi i libri sono stati da me letti, per intero, e con grande calma, sulla spiaggia calabrese dello Stretto di Messina, sotto l’ombrellone. Letti e meditati, senza fretta. Adesso con altrettanta calma e senza nessuna fretta si tratterà di rileggerli di nuovo entrambi per soffermarsi su punti specifici e fare degli estratti significativi che potranno essere utili per i miei Cinque Lettori che non intendono o non possono dedicare il loro tempo alla lettura di libri per centinaia e migliaia di pagine. Del resto, sono personalmente convinto, che le tesi fondamentali di un libro posso essere enunciate in poche frasi. Le centinaia e centinaia di pagine non sono in genere altro che la dimostrazione o illustrazione di pochi assunti. E forse questo è un male per tutto il nostro sistema di educazione e informazione. Si creda da una parte la casta degli scrittori di libri da una parte, e dall’altra un grande pubblico che “non sa” perché non ha letto o non può leggere leggere il libro, o anche non vuole leggerlo. Ma questa è una premessa metodologia di carattere generale che non ha nulla a che fare con il libro di Pappe e Chomsky, la cui lettura è stata per me proficua oltre che piacevole, benché i problemi in esso affrontati sono quanto mai tragici.

Noam Chomsky
Ho già detto di averlo letto il libro, e per intero. Non ho preso appunti e fatto annotazioni mentre lo leggevo. Ne conservo una impressione generale che andrò a verificare in una successiva lettura, mettendo sulla scrivania il libro stesso accanto alla tastiera con la quale vado scrivendo, pensando ai miei Cinque Lettori come destinatari della mia “scrittura sull’acqua”. Conoscendo la tesi di Pappe sul sionismo come “colonialismo di insediamento”, che viene mantenuta, mi è però parso che da entrambi gli autori, che discutono fra di loro, sia riconosciuto sempre più la natura “razzista” del sionismo. Mi chiedo a questo punto quanto sia facile per gli illustri e importanti Autori fare un passettino avanti, riconoscendo come essenziale e costitutivo l’elemento del razzismo all’interno della nozione di sionismo, ed invece marginale e caduca la caratteristica del “colonialismo di insediamento”. Naturalmente, qui nessuno nega che i “coloni” rubano ogni giorno terra ai palestinesi e che li spingono sempre più fuori, fino a cacciarli del tutto dalla Palestina, portando a compimento la “pulizia etnica” che Pappe ha potuto documentare sulla base degli stessi archivi israeliani, quando sono stati aperti ai “nuovi storici”. Ma la “pulizia etnica” non è stata scoperta da Pappe: essa era ben nota – dice Atzmon – a ogni bambino palestinese, ed ogni giorno i palestinesi la sperimentano sulla loro pelle. Noi in “Occidente” ce ne stiamo comodi a immaginare le architetture a Uno o a Due Stati, mentre quelli muoiono e soffrono ogni giorno che passa, ogni istante che succede ad altro istante... È la tipica ipocrisia “occidentale” che ha creato una sua fantastica e razzistica idea di “Oriente”, come ci ha fatto ben capire Edward Said. Qui facciamo una piccola pausa, per redigere la scheda di un libro del tutto diversa, che però entra nel nostro discorso per ragioni insospettate al suo stesso autore.

Ilan Pappé
Senza ancora entrare nel merito del libro, voglio qui dire qualcosa sulla mia percezione di Noam Chomsky, che a differenza di Pappé, non mi è mai capitato di vedere di persona in occasione di conferenze pubbliche o presentazione di suoi libri o di dibattiti pubblici. Per un verso ho una grande ammirazione intellettuale per il famoso linguista. Sono interessato alla linguistica e alla filosofia del linguaggio. Il nome di Chomsky è quello che ricorre maggiormente in questo campo. Vi è poi il suo impegno politico, che mi riesce più facile giudicare e valutare. Non so se sia un difetto del filmato che ho visto, ma mi è parso che abbia come scaricato un altro ebreo, trovatosi a mal partito, e rimasto emarginato. Mi riferisco a Norman G. Finkelstein, pesantemente attaccato dagli ebrei “sionisti”. Tutti questi personaggi di cui parliamo, Pappe, Chomsky, Finkelstein, lo stesso Atzmon, è curioso, son tutti... ebrei. Hanno posizioni anche molto differenziate, ma sono tutti ebrei... L’unico che si chiama fuori è Atzmon, che in mia presenza si è definito “ex ebreo”. Ed è sempre Atzmon, che - a mio avviso - trattando più e meglio di ogni altro della “identità ebraica”, riconosce la persistenza del “sionismo” nel filo anche sottile che unisce le diverse figure di intellettuali ebrei... Egli usa il termine in apparenza contraddittorio di “antisionisti sionisti”, per dire che nell’apparenza delle contrapposizioni vi è però il sentimento di una comune appartenenza e identità ebraica...

Frank Barat con Pappé e Chomsky
È un concetto un poco difficile. Io ne ho fatto una mia personale traduzione parlando di “antifascismo fascista”, che non è però un concetto razziale, ma può descrivere tutta quella cultura politica venuta dopo la disfatta bellica del 1945, quando i suoi rappresentanti hanno cominciato a conquistare le casematte della cultura, dai giornali alle scuole elementari, creando una propria e artificiale narrazione del fascismo, dichiarandosi antifascisti, ma poi nei fatti dimostrandosi più illiberali e intolleranti di quanto i fascisti storici non siano mai stati... Esiste una contorta alleanza fra gli antifascisti fascisti e gli antisionisti sionisti. Per usare altri termine e per spiegare l’atteggiamento morbido e conciliante di una certa sinistra, anche della gran parte della Sinistra davanti alle ripetute mattanze nel Lager di Gaza, io credo che si debba andare a cercare nella comune delegittimazione dei regimi europei precedenti l’anno 1945. La Sinistra non ha conquistato il potere legittimo per forza propria, per investitura popolare, ma è stata insediata a Est o a Ovest, dagli eserciti invasori. Hanno costruito tutta la loro legittimità sulla demonizzazione assoluta dei governi che li hanno preceduti. La «Shoah» è stato un formidabile punto di unione per allearsi con gli ebrei che volevano la Palestina come risarcimento danni (a spese di un terzo innocente) subiti dagli Europei. Nell’incontro all’Obradec – vedi scheda precedente – il buon Tradardi ha fatto il nome di una illustre Dama della Sinistra che a domanda rispondeva con la teoria del risarcimento per spiegare le coperture a sinistra della “pulizia etnica” della Palestina. Ho già spiegato altrove, per non ripetermi qui, che qualsiasi processo di legittimazione al governo di un Paese deve basarsi su una investitura positiva e attuale del popolo di quel paese, e giammai sulla delegittimazione del governo precedente, venuto meno per mera disfatta di un esercito invasore, e non per maggiori suffragi ottenuti dai governi in carica succedutisi dopo la disfatta... Tutte queste cose fanno capire perché lo Stato di Israele nasce grazie alla volontà decisiva e determinante di... Stalin!

(segue)

Nessun commento: