lunedì 30 novembre 2015

26. Letture: Alan HART: Sionismo. Il vero nemico degli Ebrei. Vol. 1°: Il falso Messia, Zambon 2015.

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Finalmente, dopo che Civium Libertas aveva auspicato la traduzione italiana dell’opera di Alan Hart sul sionismo - di cui avevamo dato anticipazioni - è comparso un editore italiano, che ne ha pubblicato in giugno il primo volume di pagine 430 al costo contenuto di 20 euro. Speriamo seguano a breve gli altri due volume, per pagine complessive di oltre mille, destinate ad essere per chi legge solo l’italiano un punto di riferimento essenziale. È troppo l’ignoranza su questo argomento di cruciale importanza per la geopolitica del Vicino Oriente. E ci piace approntare una serie di “schede di lettura” su questi argomenti, proprio in coincidenza con la Giornata internazionale per la Palestina che cade ogni anno il 29 novembre e si svolge in tutto il mondo, a Roma, ieri in Piazza dell’Esquilino, dove si sono dette cose che non si leggono in genere sui giornale, e cioè, in particolare, che i giovanissimi dell’«intifada dei coltelli» sono degli assoluti disperati, nati dopo gli accordi fallimentari e truffaldini di Oslo, nel 1993, dove in pratica ha cessato di esistere l’«Organizzazione per la Liberazione della Palestina», che non doveva scendere a patti con nessuno ma doveva soltanto “liberare” tutta la Palestina ed aveva una indubbia legittimità che discendeva dal “processo di liberazione”. Alla OLP è succeduta l’Autorità Nazionale di Palestina (ANP) che si è rivelata niente altro che un governo fantoccio per consentire il completamento del piano di “pulizia etnica”, cioè di “genocidio” - secondo una equivalenza stabilita dalla normativa ONU, dopo i fatti della ex-Iugoslavia -, dando vita a quella truffa consapevolmente perpetrata che è chiamata “processo di pace” ma che è in realtà è un “processo di esecuzione di un genocidio in atto”, che avviene nel silenzio della cosiddetta comunità internazionale e nell’abbandono da parte dei paesi arabi della “causa palestinese”, che fino a non molti anni fa aveva una forte caratterizzazione da parte del mondo arabo, messo sempre più in crisi dal tradimento delle monarchie del Golfo. Queste cose i giovani lo sanno ed hanno scelto di andare incontro a morte certa, armati di coltello contro armamentari da fuoco di ogni genere. Se esiste una “guerra di religione” (vedi Atzmon), questa la si può trovare solo nella “intifada dei coltelli”, non nella falsa opposizione religiosa fra sunniti e sciiti.

I tre volumi di Alan Hart ci aiutano a capire come si sia giunti alla situazione odierna, anche se la narrazione storica non arriva alla “intifada dei coltelli”. Eravamo decisi a redigere questa nostra scheda di lettura direttamente sul testo inglese, quando casualmente - non certo a seguito di una pubblicità commerciale - abbiamo appreso dell’uscita dell’edizione italiana, del primo volume, augurandomi che presto seguano gli altri due. Non voglio qui addentrami nei segreti commerciali di una casa editrice, ma ad un mio interessamento presso altro editore era emerso che erano eccessivamente alti i diritti all’epoca pretesi non dall’Autore, ma dall’editore americano. A questi costi erano poi da aggiungere i costi di traduzione, di distribuzione, di promozione. Per il volume di Atzmon, importantissimo e da abbinare ai volumi di Hart, non mi sembra che ci sia stata pubblicità o promozione. Il libro non è stato da me comprato in libreria (ma tramite ibs), cosa che comporta in genere un costo dal 30 al 50%... del prezzo finale di copertina. Appunto, non voglio addentrami oltre in segrete cose, ma il libro di Atzmon è rimasto sconosciuto a oltre un anno dalla sua apparizione e sono proprio io quello che ne ha fatto la maggiore pubblicità e promozione... Non vorrei che la stessa sorte* toccasse ad Alan Hart, di cui confronto la traduzione italiana con il testo inglese, non perché abbia da dubitare che la traduzione sia di ottimo livello, ma perché è un modo per esercitare il mio inglese e la mia tecnica personale di traduzione. Una prima differenza è nell’illustrazione di copertina: sempre il “muro del pianto”, ma con figure umane diverse. Non so se la cosa abbia un significato.

“Sionisti” al seguito degli «Alleati»
* Update: (esiste anche una pagina FB, con post singolarmente non linkabile, dove si possono leggere deliziosi commenti sionisti. Ne riportiamo il primo: «Non capisco la meraviglia.... Le posizioni dell’ANPI sono note... Continuo a leggere da più parti di complotti sionisti, con parole pressoché identiche a quelle usate da fascisti e nazisti... E sono convinto che pochi di coloro che usano tale linguaggio hanno una idea, almeno approssimativa, di ciò che vuol dire sionismo e di come il sionismo abbia operato... Tra i vari frutti dell'albero della conoscenza questo deve essere poco appetito... Io invece l'ho approfondito...») è di pochi minuti fa la notizia, a me giunta, di una presentazione del libro di Hart a cura dell’ANPI. Il fatto produce una isterica reazione da parte di un feroce gruppo sionista attivo sul web italiano. La reazione è divertente perché l’isteria si accompagna alla incomprensione e ignoranza del libro, immersa nella consueta retorica della partecipazione del sionismo alla «Resistenza» italiana e alla favole del mufti ispiratore di Hitler. È nel nostro programma di “schede di lettura” un libro dove sono documentati i rapporti del sionismo con il fascismo, al quale si deve la creazione della marina di guerra israeliana. E sempre sullo stesso tema un’altra scheda del libro di Mariantoni dove viene data una diversa interpretazione delle leggi razziali del 1938, ricondotte a quel 25 % di ebraismo (sionismo) internazionale che costituiva la controparte ai legionari fascisti nella guerra di Spagna del 1936-38: il Fascismo, che tanto aveva beneficato l’ebraismo italiano (molti ebrei italiani erano fascisti) si sentì tradito e da allora iniziò il sospetto di una mancata fedeltà e di una subdola infiltrazione. I rapporti fra Antifascismo, sionismo, Resistenza, narrazione e strumentalizzazione della «Shoah» richiederebbero una trattazione articolata, che qui non è possibile sviluppare. Tuttavia, con un’ottica rovesciata, si rinvia a un libro appena uscito, di Manuela Consonni, che però noi non leggeremo nell’immediato, perché ci distrarrebbe inutilmente e perché ne intuiamo già le tesi, esposte nella scheda pubblicitaria redatta da Marco Belpoliti sulla Stampa, ora diretta da Maurizio Molinari.

Buona, efficace e per noi condivisibile la Prefazione alla traduzione italiana fatta da Diego Siragusa, da cui estrarremo alcuni citazione. Da notare tuttavia una critica allo stesso Alan Hart per la sua eccessiva fiducia in Golda Meir, che a giudizio di Siragusa era e sarebbe rimasta fino alla fine una “sionista”, con quel che questo termine significa. Inoltre, fra i vari autori citati nella Prefazione stupisce la mancanza di un qualsiasi accenno a Gilad Atzmon, pure tradotto e pubblicato dallo stesso editore. Sul tema della “identità ebraica” e nella definizione del “sionismo” a noi sembra che Atzmon abbia dato contributi decisivi che superano tutte le analisi finora fatte.

Alcune citazioni estratte dalla Prefazione di Diego Siragusa:

- circa il sionismo: «Negli ultimi tempi, esso ha subito considerevoli sconfitte: si allarga la schiera dei suoi critici; gli organismi internazionali, timidamente censurano la condotta  del suo baluardo fisico, lo stato di Israele; fiorisce e cresce, una discreta letteratura che ne contesta la legittimità e le finalità sempre più paragonate al nazismo. Eppure, i sionisti, ovunque sparsi nel mondo, non demordono e, con encomiabile caparbietà, si affannano a mettere il belletto alla loro ideologia recitando il ruolo di vittime, trasformando la Shoa in una retorica dell’autoassoluzione e dell’inganno» (p. 5)

- Utile questa definizione dell’Hasbarah: «In ebraico significa “spiegazione”. Si tratta di un sistema organizzato di contrasto verso qualunque descrizione critica di Israele, del sionismo e degli ebrei sionisti. Dalla più piccola comunità ebraica sino ai vertici dello stato di israele, l’hasbarah funziona come una reazione “militare” contro chiunque osi criticare o rivelare notizie che, per i sionisti, devono rimanere segrete. L’immagine di Israele e del sionismo deve sempre, contro qualunque evidenza, essere soggetta ad encomio e ad esaltazione positiva. Non vi sono vie intermedie*».

* Si veda a questo riguardo il post curato da Egeria: «Ero pagato per fare il troll sionista pro-Israele». Che io sappia non esiste in Italia un giornalismo investigativo o uno studio sistematico sul modo, i luoghi, i tempi, le persone, le istituzioni direttamente o indirettamente influenzate dal governo israeliano.

Il Prefatore Siragusa affronta anche la famosa dichiarazione del Presidente Napolitano. Personalmente, ritengo che il Presidente, che aveva accettato un honoris causa in Israele, sia certamente un “sionista”, ma che la sua conoscenza del sionismo non sia originaria, ma indotta da qualche suo “consulente”. Infatti, avevo rispettosamente scritto al Presidente, per conoscere le fonti del suo magistero dottrinale e ho avuto l’alto onore non di una Sua augusta risposta, ma appunto quella di un suo Consulente... Successivamente, ebbe a pronunciarsi sulla Dichiarazione direttamente Ilan Pappe, il quale rovesciò l’assunto presidenziale, circa l’equiparazione di antisemitismo e antisionismo, affermando che “si deve essere antisionisti se non si vuole essere antisemiti”. Ma questi problemi - come sosteneva Herzl citato da Siragusa - non si risolvono sul piano della dottrina, ma su quello della mera e bruta forza: inutile che l’agnello se ne stia a discutere con il lupo, che può solo essere abbattuto da una forza superiore. È il solo argomento che conosce. Il solo argomento che con lui si può usare.

Il libro di Hart è successivo a quello dei politologi Mearheimer e Walt ed in un certo senso puà dirsi complementare. Hart critica il titolo timido de “La Israel lobby e la politica estera americana”. Avrebbe dovuto dirsi “lobby sionista”. Certamente, il libro dei due politologi migliora il dibattito sull’argomento, ma ancora non spiega cosa il sionismo sia. È ciò che Alan Hart intende spiegare, particolarmente al popolo americano. Gli si potrebbe obiettare, ma bisognerebbe poter scrivere forse altri tre volumi come i suoi, per poterlo argomentare in egual misura, che oggi come oggi non si può può parlare di “antisemitismo”: non ne esiste ombra alcuna. O meglio, l’unico antisemitismo che esiste, in senso proprio, è la cosiddetta «islamofobia»: ve ne è tanta ed è crescente, fomentata oltre che dalle stesse comunità antagoniste, dalle reti televisive, dai giornali, da uno stuolo di giornalisti e blogger, forse a libro paga, ma certamente inquadrati in un esercito non meno “fondamentalista” di quello dell’ISIS.

L’«antisionismo» va considerato per se stesso, ossia come reazione e contrato, rifiuto, del “sionismo”, una buona volta che ci si sia accordati su cosa esso sia. Ed è esattamente ciò che si intende fare in una gamma di libri sempre più estesa. Per fare alcuni nomi oltre a quello di Alan Hart, vi è da porre in primo piano Gilad Atzmon, Ilan Pappe, Shlomo Sand, Abraham Burg e tanti tanti altri, che i vertici dell’ANPI ignorano bellamente, immersi come sono in un ideologismo anacronistico che tanti guasti ha recato ad un Paese dicono essere il loro...

Già ho parlato di ANPI perché il semplice annuncio in fondo della presentazione di un libro ha scatenato il grande senso democratico dei vertici nazionali dell’ANPI e dei loro “amici”. Si possono leggere qui le loro “Dichiarazioni”, altamente liberali e democratiche: hanno paura non del “terrorismo” che partito dallo sconquasso che il “sionismo” ha causato in tutto il Vicino Oriente, ora giunge da noi, costringendoci a difenderci... Loro hanno paura - questi coraggiosi “resistenti” - della presentazione di un libro, al quale non hanno altri argomenti da opporre che i loro vuoti ideologismi.
Io direi che la fottuta paura che hanno, questi Eroici Partigiani (dopo 70 anni ne sono rimasti?), al di là della sciocca dichiarazione del Non più Presidente Napolitano, è di scoprire documenti alla mano che l’«antisionismo» non è da equiparare all’«antisemitismo» - come vorrebbe Giorgio Napolitano - ma se mai all’«antifascismo» e all’«antinazismo» che è sempre stata la loro patente di legittimazione storica e politica. La “storia filosofica” della nostra contemporaneità che studia la dinamica delle “essenze filosofiche” non segue le prescrizioni e i comandamenti della stampa embedded o dei burocratici vertici nazionali dell’ANPI, uno dei tanti istituti che hanno fatto il loro tempo e che occorrebbe dismettere... Paradossalmente, ciò che darebbe una qualche vitalità al “vertice nazionale” è proprio quella sezione locale “don Garofalo” che ha deciso (se non verrà costretta al ritiro e all’abiura dell’iniziativa) di aprire gli occhi sul “sionismo” e di “resistere” al vertice nazionale... Ma resisteranno gli eredi dei Resistenti Partigiani al potere sionista?

Siamo indecisi se commentare riga per riga le sciocchezze delle Dichiarazioni ufficiali, disponibili in rete, prontamente raccolte dai siti sionisti, dai quali occorrerebbe liberare il nostro Paese. Per adesso seguiamo gli sviluppi e ci riserviamo riflessioni finali e riassuntive. Che dire del resto circa declamazioni isteriche improntate a queste si a “becera” e invincibile ignoranza? Gli “eredi” putativi dei «Partigiani» hanno una strana paura che qualcuno possa rompere le loro palline di vetro colorate... Esiste addirittura una «AnpiLibri» - non lo sapevo - la cui funzione consiste evidentemente nell’impedire la presentazione di libri non allineati e non fuggire davanti alla discussione e al confronto che questi libri necessariamente ispirano... Evidentemente, questi “partigiani” danno tutto il loro sostegno alla repressione del cosiddetto “negazionismo” che significa in Germania, ma presto anche in Italia, infliggere fino a dodici anni di carcere a chi viene dichiarato colpevoli non di gravissimi crimini di mafia e di stragi, ma di aver scritto... un libro! Questa è la “democrazia” e la “libertà” che hanno saputo regalarci!

Quanto ai Signori Ebrei la questione è assai semplice ed è questo il senso del libro di Hart, il quale avverte è “il sionismo è il peggiore nemici degli Ebrei”: è nella piena facoltà di ognuno di essi il dirsi o non dirsi “sionisti” e dovrebbe essere nella facoltà di tutti gli altri che ebrei non sono – e non hanno amici ebrei o non dipendono da ebrei - il poter dire cosa il sionismo è o non è. Qualche “amico” di ebrei pensa di aver scritto un gran libro - mi pare premiato - dove si equiparata il sionismo al nostro Risorgimento, cosa che a chi scrive suona come un grande insulto. I “calabresi” possono non avere motivo di gratitudine per i piemontesi che hanno trattato da “briganti” i loro nonni e bisnonni che “resistettero” all’invasione piemontese... ma non sembra che abbiano subito una “pulizia etnica” come i palestinesi per mano di “ebrei sionisti” partiti anche dall’Italia e con passaporto italiano. Insomma, in un Paese che pretende di essere democratico e libero non si dovrebbero avere timopri di sorta per l’espressione del proprio pensiero in tutte le sue forme, inclusa la traduzione e pubblicazione di un libro come quello di Hart - guarda caso il suo editore è pure lui un “ebreo” – e relativa presentazione e discussione.

Con dedica  Alan Hart
Finito di leggere il Prologo - che dà il senso di tutta l’opera - si ha netta l’impressione di una grande amicizia dell’Autore verso gli ebrei, con i quali ha intrattenuto rapporti per oltre 40 anni. E ciò nononostante riceve da parte loro una grandissima ostilità! Cosa sarebbe mai stato se anziché “amico” avesse voluto essere loro “nemico”! Sembra che la sua preoccupazione stia tutta o in buona parte nel rischio che possa risvegliarsi il mostro dell’«antisemitismo», con quel che ci è stato narrato. L’Autore non tiene in nessun conto l’opera degli storici “revisionisti” che offrono tutt’altra narrazione... Ma non si può chiedere troppo a un uomo che di coraggio ne ha già dimostrato moltissimo. Anche perché egli ha una sua propria sincera convinzione di ciò che narra. Non mente sapendo di mentire, come succede per molti altri autori di libri e giornalisti. Tuttavia, almeno in prima battuta, non ci sembra che egli si curi molto dei terzi, ossia di quelli che non sono i contraenti di una possibile o impossibile pace, ma di quanti hanno solo a cuore l’interesse di una giustizia che deve essere regolatrice della convivenza pacifica fra i popoli, i quali non possono riconoscere un “diritto all’esistenza” che concretamente significa un diritto a commettere genocidio di un popolo. E quale pace sarebbe mai quella che vede il consenso dell’offeso, della vittima? E tutti gli altri, i terzi, cosa fanno? Applaudono? Si rallegrano?

...Ci giunge la notizia che la Presentazione del libro di Hart, annunciata per domani mercoledi 7 dicembre 2015, sotto il patrocinio dell’ANPI, o almeno di una delle sue sezioni, è stata annullata per disposizione di organi territoriali preposti. Se ne possono leggere alcune reazioni nel sito stesso dell’ANPI, dove non aggiungeremo nostri commenti. La Presentazione avrà comunque luogo in altra sede. Non conosciamo la struttura dell’ANPI, non ci interessa e si appare fuori tempo come possono esserlo le associazioni garibaldine se ancora esistono come enti pubblici e ricevono magari appositi finanziamenti. Sono enti anacronistici che non hanno più senso e se occorreva una dimostrazione del loro nonsenso è proprio il suddetto “annullamento” a fornirne la prova. È un atto che danneggia molto di più lo stesso ANPI che non i Lettori del libro e quanti potevano avere interesse a una pubblica discussione, ai quali coraggiosamente gli eredi dei “partigiani” del 1945 si sottraggono: 2015 - 1945 = 70 anni. Posto che gli eroici combattenti del 1943-45 avessero allora almeno 20 anni, l’età della ragione e della responsabilità, oggi ne avrebbero non meno di 90 se dovessero partecipare a un dibattito pubblico, dopo aver letto e compreso il libro di Alan Hart. Dubito che queste persone esistano e penso che chi oggi ne porta le insegne abbia lo stesso titolo degli appartenenti a un’associazione garibaldini o una borbonica, se ancora ne esistono ed hanno un carattere culturale più che politico. Ma quel che è peggio è che io dubito fortemente che i signori dell’ANPI abbiano letto una sola pagina del libro di Hart e che la loro posizione - il coraggioso annullamento, in una loro sede e con il loro patrocinio, - della presentazione e pubblica discussione di un libro (hanno paura dei libri!) sia stato il risultato di una richiesta pervenuta, di una richiesta alla quale non si poteva dire di no... Non conosciamo i retroscena e non vogliamo indulgere oltre in congetture e illazioni.

Da parte nostra, avevamo accelerato la lettura del libro per la buona regola di andare preparati a una presentazione di libro, in genere seguita da dibattito con interventi del pubblico. Se non nell’ANPI, un simile dibattito potrà avvenire in un qualsiasi altro luogo, se l’editore si adopera in tal senso... Non siamo noi che dobbiamo fare le sue veci e sostituirci a lui... Il dovere di un editore che non sia un mero stampatore è quello di promuovere e saper promuovere un libro che decide di pubblicare, sapendo cogliere tutte le opportunità che una società “aperta” offre per il dibattito e la discussione delle idee... Sarebbe strano, ben strano, quell’editore che affronti i costi della pubblicazione di un libro per poi tenerselo in magazzino... E in fondo perché mai ancora si scrivono e si pubblicano libri? Il senso di un libro, stampato da Gutenberg in poi, è la sua più ampia e universale pubblicità...

Ma non diciamo oltre su una politica editoriale che ci resta incomprensibile. Possiamo procedere invece più lentamente e distesamente nella lettura del libro, di cui abbiamo già superato le 100 pagine. L’Autore ha già liquidato la “bugia” della propaganda sionista, espressa nella formula “un popolo senza terra per una terra senza popolo”. La Palestina storica era abitata! Senza ombra di dubbio e tema di smentite. Esisteva in America un libro, di cui non ricordo il titolo e l’autore, ma di cui Norman G. Finkelstein ha fatto giustizia, smascherando l’implicito razzismo della tesi secondo cui i palestinesi... non esistono! Una tesi ancora oggi ricorrente...

Un’altra bugia è quella mitologica-archeologica, secondo cui gli “ebrei” (sionisti) ritornerebbero a casa loro dopo un’assenza di... 2000 anni! Di una simile “bugia” ha già ampiamente fatto giustizia Shlomo Sand in un apposito libro di cui redigeremo apposita scheda di lettura. In sostanza, ciò che si apprende in un’ottima prosa divulgativa è che tutti o quasi gli attuali ebrei sono discendenti dei Kazari che si convertino al giudaismo nell’VIII secolo, per poi secoli dopo essere scacciati dalle loro terre dai mongoli che li spinsero nei paesi dell’Europa orientale da dove poi migrarono nell’attuale Palestina o Israele a seconda di come la si vuol chiamare. Il “sionismo” in quanto ideologia politica si formò nella seconda metà del XIX secolo e Shlomo Sand ne fornisce un’ottima narrazione, che leggeremo volentieri una seconda volta. All’interno della “bugia” del ritorno si pretende che nel 637 dopo Cristo gli Arabi o Islamici sarebbero arrivati in Palestina, scacciandone gli ebrei autoctoni... Non è per nulla così e Alan Hart lo dice bene in due pagine che riportiamo:

Quando il tempo e gli eventi mostrarono come una sciocchezza l’idea che la Palestina fosse una “terra vuota”, i sionisti erano pronti a raccontare un altro pezzo di mitologia. In Palestina ci sono stati gli arabi, ma il loro arrivo fu tardivo. Giunsero attraverso la conquista araba musulmana nel 7° secolo d.C. La giustificazione implicita, se non sempre apertamente dichiarato nella propaganda sionista, era che, siccome i primi Israeliti furono in Palestina circa 2000 anni prima della conquista araba musulmana, la pretesa sionista in Palestina era molto, molto superiore a quella degli arabi. Per coloro che non conoscono la storia, questa era, e sarebbe rimasta, una storia plausibile, per coloro che la conoscevano, era un’altra grande bugia.

Come Henry Cattan ha sottolineato nel suo acclamato libro, Palestine and International Law (LA Palestina e il diritto internazionale), “arabo” è un termine generico che, indipendentemente dalla loro religione, comprende tutti i popoli che vivono in Medio Oriente la cui lingua madre e l’arabo. Oggi ci sono arabi musulmani, arabi cristiani e arabi israeliani. Gli arabi, in origine erano pagani, hanno vissuto in Medio Oriente, compresa la terra di Canaan, che divenne la Palestina, fin dagli albori della storia. Prima della conquista musulmana della Palestina nel 637 d.C., la maggior parte della popolazione indigena era araba cristiana. Come conseguenza della conquista, la maggior parte dei cristiani arabi palestinesi fu convertita all’Islam e divenne araba musulmana. Fu la religione, l’Islam, che venne con la conquista araba, non i palestinesi. «La conquista araba musulmana della Palestina non aveva comportato alcuna immigrazione di massa degli arabi dalla penisola Arabica in Palestina o qualche colonizzazione del paese. In realtà, il numero degli invasori era molto piccolo e questi furono
assimilati dalla popolazione indigena». [ nt 20 = Cattan, op. cit., p 10] I sionisti, per le loro ambizioni politiche, non ebbero successo nella loro ricerca iniziale di un sostegno da parte di una grande Potenza. Herzl si rivolse prima ai turchi come “titolari” per diritto di conquista della Palestina a quel tempo. L’accordo che Herzl propose al Sultano di Turchia, Abdul Harnid, teneva conto della condizione dell’impero turco che era in un processo di disintegrazione, “decomposizione”, come dissero alcuni.

A partire dai primi anni del 1880, la Gran Bretagna ne aveva occupato alcune parti, l’Egitto e il Sudan. Quando si incontrarono, Abdul Harnid disse a Herzl che era disposto a ricevere immigrati ebrei in tutte le sue province con l’eccezione della Palestina, a condizione che diventassero sudditi ottomani, accettassero il servizio militare e si stabilissero “distribuendosi, cinque famiglie qui e cinque famiglie la.” [nt 21 = Alfred M. Lilienthal, What Price Israel?, Chicago, Henry Regnery, 1953, pp. 220-22] Ma Herzl voleva, addirittura, una Palestina ebraica autonoma all’interno dell’impero turco, ed era andato alla riunione fiducioso che avrebbe potuto fare ad Abdul Hamid una buona offerta, sufficiente per ottenere ciò che voleva. L’offerta era che il WZO avrebbe preso in carico i debiti esteri dell’impero turco. Se Herzl avesse chiarito queste con i banchieri ebrei o semplicemente avesse accettato la loro disponibilità, a me non è noto. All’offerta Abdul Hamid rispose: “Non posso accettare di vivisezionare ... il mio popolo che ha combattuto per questa terra e l’ha fecondata col suo sangue ... che gli ebrei si tengano i loro milioni.” [nt 20, nel testo di Hart]
Peccato che la risposta del Sultano sia stata resa da Hart in una forma accorciata. Mi era già nota in forma più estesa da un altro libro, che al momento non ritrovo. Ma appena mi capita di nuovo fra le mani ne darò per esteso la dignitosissima risposta del Sultano, che fa pensare a una Turchia assai diversa da quella odierna di Erdogan, che pretende appunto di ricostituire l’Impero Ottomano e di proporsi lui come Nuovo Sultano.

Faccio un’annotazione rapida in corso di lettura, omettendo altre osservazioni che potrei fare con il rischio di non giungere mai alla fine del libro. Si sa che gli amici sono sempre in ansia per gli amici e spesso consigliano la prudenza, per evitare inutili rischi. È per questo che dei sinceri amici di Hart giudicano sbagliata la scelta del titolo di questo primo volume: “Il falso messia”. Andando però a pagina 142 e seguenti (Capitolo 5) si comprende come il titolo non fosse a capriccio, o messo apposta per irritare e far concentrare sull’Autore tutto il fuoco delle artiglierie sioniste. Il capitolo tratta di un personaggio, confesso, a me finora sconosciuto: Ahad Ha’ham, pseudonimo di Asher Zevi Ginsberg (1856-1927), padre del cosiddetto “sionismo spirituale”, che con lui era a quanto sembra una cosa seria e non il solito inganno. Tanto è vero che Ginsberg fu un fiero avversario del sionismo “politico”, che egli definiva appunto il “falso Messia”: «Se questo sarà il messia, non voglio vedere la sua venuta» (p. 143). Fine annotazione. Proseguo il più rapidamente possibile nella lettura, ma intanto mi appare evidente che Alan Hart non avrebbe potuto scegliere un titolo diverso per il primo volume della sua Storia del Sionismo.

A proposito della mia sopra dichiarata ignoranza del nome di Asher Ginsberg, scrive Hart a pag. 145-146: «...Penso che sia ragionevole supporre che il sionismo, probabilmente, abbia fatto del suo meglio per limitare la circolazione del messaggio di Ahad Ha’am». Caspita! È esattamente quel che ora succede per l’opera divulgativa di Alan Hart, del cui libro proprio nel momento in cui scrivo (ore 17.23 del 7 dicembre 2015) avrebbe dovuto parlarsi in una sala di Via Galilei (!), in Roma, patrocinata dall’ANPI sezione di Roma, opportunamente avvicinata dalla Lobby sionista... Ma se ne parlerà domani, alla fiera del Libro, e sono curioso di assistere a cosa ancora succederà. Per domani, cerco di andare più avanti possibile nella lettura sequenziale del libro. Quindi, la mia “ignoranza” è più che giustificata, considerato l’accurato dispositivo di silenziamento ad opera dei poteri sionisti. A maggior ragione questo oscuramente vale per il libro di Atzmon, pur tradotto in italiano... Ho persino dei sospetti, terribili, al riguardo che però non posso formulare... non tanto per timore di querele o simile, ma perché potrebbe essere del tutto infondati... e non è nella mia natura sostenere cose false.

...Torno dalla Fiera del Libro in Roma, dove vi è stata una breve Presentazione del libro. Purtroppo, non era ciò che mi aspettavo, per poterne riferire ai miei Cinque Lettori – che da questo momento diventano Sei, perché se ne aggiunto Uno, che ce lo ha fatto sapere –, dunque, ai miei Sei Lettori. Infatti, si è trattato di una semplice esposizione del contenuto del libro nello spazio di un’ora concessa dall’organizzazione della Fiera. Non vi è stato il dibattito sul libro, che era stato pubblicizzato per la presentazione che avrebbe dovuto tenersi con il patrocinio dell’ANPI in Via Galilei, sempre in Roma. Erano annunciati oltre al traduttore, Diego Siragusa, anche tre disputanti tutti rigorosamente ebrei, magari “antisionisti”. Se ho capito bene perfino questi tre “ebrei antisionisti” si sarebbero poi ritirati. La presentazione di Via Galilei si è poi tenuto nello stesso giornale nella sede della Comunità di Base di San Paolo. Molti però, io compreso, non ne hanno avuto notizia e quindi sono stati assenti all’incontro, al quale sarebbero stati interessati a partecipare.

Oltre alla esposizione del contenuto del libro, che pare stia andando molto bene ed avrà presto una seconda edizione, purgata da fastidiosi errori di stampa, il Traduttore ha reso noto l’incredibile opera di censura che le organizzazione ebraiche stanno esercitando. La segreteria della Fiera ha reso noto che perfino alla Fiera stessa - luogo per antonomasia deputata alla presentazione di libri - sono giunte richieste censorie: avrebbero dovuto non consentire l’uso di una sala per altro già pagata! Non riporto quale sarebbe stata la “minaccia”, che dal pubblico è stata commentata con un “E chi se ne ...!” Quel “potere ebraico” di cui parla continuamente Gilad Atzmon, un potere a carattere “globale” – cioè presente in tutti i paesi, dove esistono “comunità ebraiche” che agiscono di concerto con lo «Stato ebraico di Israele» e i suoi Ambasciatori – esce sempre più allo scoperto. La sua “essenza” consiste nel fatto che non si deve sapere che esiste, e soprattutto non se ne deve parlare: pena la terroristica accusa di “antisemitismo”!

Non potendola impedire, la presentazione alla Fiera del Libro, appare sul sito del Moked un turpiloquio che a proposito del sionismo non riesce ad andare oltre la petizione di principio: «“Il sionismo – ha proseguito Gattegna – è un elemento fondante dell’identità ebraica contemporanea. Qualsiasi operazione volta a screditare questo assunto risulta così fuorviante e grottesca”». Il volume di Hart non è per nulla «controverso» se non nella testa di r.s. tutta in preda a una esilarante isteria: per essere “controverso” se ne deve accettare la discussione, cosa che con tutti i mezzi si cerca di evitare. Meno male che tuttavia possiamo così autorevolmente sapere non solo come il “sionismo” viene recepito e considerato dai vertici dell’Ebraismo italiano, ma considerando in quali ambiti istituzionali italiani, non ebraici, esso trova credito, diventa ora possibile un chiaro tracciamento di linee. Il testo di Alan Hart, per quanti prima o poi dovranno prendersi la briga di doverlo leggere, se ne vogliono parlare con cognizione di causa, è così pacato nel tono, chiaro nella forma, forte negli argomenti che messo a confronto con pagine ufficiali dell’ebraismo, come quella citata, renderà finalmente possibile nel popolo italiano una chiara comprensione del sionismo e dei problemi che pone alla politica estera italiana. Si va adempiendo lentamente una sorta di profezia contenuta nel libro di Gilad Atzmon, dove si parla di “temporalità”, per intendere cosa potrà succedere quando la gente comune aprirà gli occhi sul “sionismo” e potrà così risorgere quel “mostro” che Alan Hart ha tentato di scongiurare.

È da dire che con l’ANPI la partita non pare affatto chiusa e l’aver impedito una pubblica discussione nella sua sede, per imposizione autoritaria dei vertici, rischia di aprire una contestazione interna fra gli “iscritti” a questa Associazione, piuttosto datata a 70 anni dalla fine della guerra. Non so se esistono ancora Associazioni di Garibaldini, ma siamo su quelle linee di vetustà. Se l’ANPI è fondato su idee di “resistenza”, “liberazione”, solidarietà con i popoli oppressi, opposizione al razzismo e all’occupazione militare, al “colonialismo di insediamento”, alla “pulizia etnica”, e simili, dovrà fare dei bei salti mortali per non vedere ciò che è evidente non solo in Palestina, ma soprattutto sul presunto regime di libertà, ottenuto in Italia grazie alla Resistenza e alla Liberazione, al punto tale da non poter presentare un libro e poterne sostenere un libero, sereno, civile confronto fra persone che il libro lo hanno letto, intendono leggerlo e sentire l’opinione di cittadini finalmente informati e non resi idioti da un controllo capillare di stampa e televisione nelle mani di uno Stato straniero che ne condiziona la politica editoriale. Ma non siano noi degli “iscritti” all’ANPI, non avendo noi l’età per aver potuto fare la “guerra di liberazione”, sarà tuttavia interessante seguire ogni notizia di una associazione che si autodefinisce “sana” (sic!*), come la cucina kosher. Un rifiuto di prendere conoscenza del contenuto di un libro: «“in linea con i valori e i principi dell’associazione, che rifiutano qualsiasi forma di razzismo ed antisemitismo”», significa essersi data la zappa sui piedi in quanto “razzismo” e “antisemitismo” stanno esattamente dentro la linea del proprio fronte, di qua, al proprio interno, e non dall’altra parte! Affidiamo la materia all’arte di un Crozza, che troverebbe qui un magnifico soggetto per far ridere il suo pubblico.

* ANPI Roma says: 5 dicembre 2015 18:29 L'ANPI è una associazione sana, con tante anime e sensibilità diverse e se qualcuno la critica affermando che è di destra significa che non ha a cuore la storia dei Partigiani e della Resistenza. - Fonte: http://www.anpiroma.org/2015/12/comunicato-stampa-presentazione-libro.html#comment-post-message. I commenti sul sito ufficiale dell’ANPI - al netto delle voci critiche ammesse («Da quando l’ANPI è diventata filonazista? Lo stato di Israele prosegue nella sua politica razzista e neonazista che oggi trova consensi fra chi ha lottato per liberarci dal nazismo. Come cambiano i tempi e le idee.» - sono al tempo stesso istruttivi e divertenti. Essi denotano non già della mera ignoranza, fatto in sè fisiologico (siamo tutti ignoranti), quanto l’ostinato rifiuto a prendere conoscenza di tesi che possono mettere in discussione gli ideologismi acquisiti e la malvagità nel non voler consentire ad altri un libero percorso di conoscenza, diverso da quello che gli ideologismi resistenziali vogliono a forza imporre. Ne diamo una silloge: 1) Plauso alla censura ANPI, in nome di presunte “personalità preparatissime”, più di quanto non lo sia Alan Hart: «Ottima decisione. Il libro in questione non è critico della condotta del governo e dei governi israeliani, ma è critico di un movimento, quale il sionismo, che come tutti i movimenti nazionali è stato ed è estremamente eterogeneo. L'anpi non può permettersi di incentivare dibattiti del genere. Se si vuole parlare di sionismo o di conflitto mediorientale esistono personalità preparatissime, non faziose, che possono assolvere a tal compito seriamente». 2) Gratuiti insulti al primo commento, fortemente critico verso l’ANPI, tacciata di “filonazismo”: «G.*** T***, sei soltanto un poveraccio, un rimasticatore imbelle di luoghi comuni spacciati per verità storiche. Fai tanta pena, povero ometto, e cercar di interloquire con uno come te è soltanto tempo sprecato, come infatti sto sprecando il mio...». 3) Non manca il revisionismo storico alla Netanayu: «Vorrei ricordare il fattivo contributo palestinese in favore del nazismo e la creazione di unita' ss formate con la benedizione del Mufti di Gerusalemme». 4) L’asino che dà del somaro agli altri: «E*** B***, mancavi soltanto tu, per istruirci sulla non coincidenza di anti-sionismo con anti-semitismo! Ma che brava! E donde ti deriva tal saggezza? Da un qualche studio serio direi di no, giacché una simile sciocchezza solitamente è appannaggio degli ignoranti; diciamo allora, che se qui c'è una "Svista pesantissima" questa è senz'altro la tua, la quale, ad onor del vero, non trattasi tanto di "svista" bensì di vera e propria ignoranza condita con una buona dose di preconcetti, tipica di coloro che si riducono a strumenti di replicazione delle sciocchezze altrui senza il minimo spirito critico. Temo che sia tu, pertanto, a dover chiedere SCUSA, se non altro a te stessa, perché non credo che vorrai perdonarti una così crassa ignoranza; è brutta cosa convivere costantemente con essa... ». - Salto... È inutile che stia a riportare tutti i commenti e faccia di ognuno il mio commento... Non intervengo nel Forum perché so già quale vespaio solleverei. Chi vuole, ha il link dove andare e seguire eventuali aggiornamenti.

Update:  Finalmente, trovo la dichiarazione di uno degli oratori che avrebbero dovuto dibattere sul libro con sponsorizzazione dell’ANPI. Dell’esistenza di questa dichiarazione ne avevo appreso da una registrazione You Tube. Mancata la sala il 7 dicembre, vi è poi stato un rapido spostamento in Via Ostiense, nella sede della Comunità di Base San Paolo. Di questo spostamento molti che potevano essere interessati a partecipare non ne sapevano nulla. Era per me importante leggere il testo di una simile dichiarazione, che non riporto ma che si legge nel link dato. La dichiarazione di questo signore appare nel sito del Moked, ossia nell’«ovile» di appartenenza di questo signore che veniva indicato come una voce critica dentro lo stesso ebraismo al punto da essere incorso insieme ad altro personaggio in una fortissima contestazione interna all’ebraismo. Questi Signori sono tutti così... estremisti che appena qualcuno di loro lo è un poco di meno passa per una sorta di rivoluzionario, è talmente bistrattato al punto da guadagnarsi la solidarietà dei goy. In realtà, per tutti costoro vale la definizione di “antisionista sionista” coniata e concettualizzata da Gilad Atzmon, il quale resta a mia conoscenza l’Autore che nel modo filosoficamente più approfondita ha trattato il problema della “identità ebraica”. Il testo di Alan Hart resta a sua volta l’analisi più approfondita, aggiornata, organica, attuale del sionismo, dalle sue origini ai giorni nostri. Per questo, da un punto di vista terzo, poteva essere interessante le critiche provenienti dal campo ebraico e/o sionista. Non si trovano però argomenti di nessun genere. E sarebbe stato in effetti difficile argomentare davanti alle analisi implacabili di Alan Hart: solo insulti! Davanti all’invito per un contraddittorio e un confronto sono scappati! Addirittura, il buberiano dice che non sapeva nulla che fosse stato fatto “nella locandina” il suo nome, che dunque appariva “a sua insaputa”. Ed è cosa davvero strana e inesplicabile. Mah! Non si capisce poi se il libro sia stato comunque letto... Se non è stato letto il giudizio di «indegno» deve evidentemente basarsi solo sul titolo: “sionismo, il vero nemico degli ebrei” oltre sulla liquidazione della «natura del curatore e promotore» del libro, dichiarazione piuttosto incompatibile con l’art. 3 della costituzione italiana che riconosce a ogni cittadino eguale dignità senza distinzione di «razza» o “natura”. Viene presunta invece come “degna” la stessa ANPI, scambiata forse con qualche manipolo della famosa «brigata ebraica», che certamente deve essersi poi fatta valere in quel che successe in Palestina nel 1948: la pratica al servizio delle truppe britanniche deve essere servita a qualcosa... Mah! Non deludono mai questi Eletti Signori. Per fortuna, dopo le esplicite pressioni per rinnovare il diniego dell’ANPI, non ha avuto successo l’analogo tentativo presso la direzione della Fiera del Libro, la cui Direttrice, presente all’evento, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Dopo la richieste di annullare la presentazione - spiega la coordinatrice Silvia Barbagallo - abbiamo verificato il contenuto del libro per accertarci che, al di là delle posizioni rigide sul sionismo e la questione palestinese, non ci fosse nulla di antisemita. Abbiamo invitato i rappresentanti della comunità a confrontarsi con noi perché le critiche ci sono sembrate eccessive e politiche. Abbiamo seguito l’incontro e non c’è stata alcuna allusione razzista. Nulla di offensivo nemmeno nel libro a nostro avviso, e così abbiamo deciso di andare avanti»(Fonte). Dunque, il giudizio di un ente terzo è del tutto diverso da ciò che si pretende... Ma Loro son fatti così, hanno fatto sempre così e sempre così faranno. Il libro di Alan Hart al quale aggiungo quello di Gilad Atzmon lo spiegono assai bene: l’uno sul piano storico documentario, l’altro sul piano filosofico. Puerile la reazione di chi si atteggia a “vittima” dopo il fallito tentativo di chiudere la bocca ad altri. Ma anche questo “vittimismo” del prepotente è nella intima “natura” del sionismo.

Accanto alla accusa di “antisionismo” si accompagna spesso quella di “complottismo”, come per esempio si potrebbe attribuire allo stesso Hart in quei capitoli in cui spiega come si sia giunti alla redazione della “Dichiarazione Balfour”. Nel testo di Hart si pubblicano testi desecretati dopo oltre 50 anni. Si fa certamente uso di ipotesi e congetture. È un modo legittimo e normale di procedere nell’interpretazione storica. La teoria del “complottismo” - se ben ricordo, in attesa di ritrovare la fonte della mia lettura - è stata elaborata propria dalla CIA per screditare tutte quelle posizioni che mettevano in dubbio o contestavano apertamente le tesi immesse nei media proprio dalla CIA o dal Mossad. Recentemente, un giornalista tedesco, Udo Ulfkotte, ha gettato la maschera, pentendosi e rivelando di che natura è fatto il mondo dell’informazione. Ovviamente, non si può che essere “complottisti”, oltre che antisemiti, quando si parla non elogiativamente della politica di Israele e del suo Mossad, per il quale abbiamo in serbo un’apposita scheda di lettura. E comunque il fatto che l’ebraismo italiano si riconosca almeno nella sua componente ufficiale come sicuramente “sionista”, significa per lo meno una chiara assunzione di responsabilità sia dalla parte di chi in tal modo si sente gratificato e onorato, sia dalla parte di chi, non avendo un alto concetto del sionismo, può fondatamente equiparare non antisionismo e antisemitismo, ma sionismo ed ebraismo: ad ognuno il suo!

Riprendiamo, quindi, la nostra ampia analisi, se si vuole anche prolissa, includendo nella lettura sequenziale (siamo a circa pagina 200 su 430) del primo volume (su tre usciti) di Alan Hart anche il testo autorevole e significativo del Moked, ossia una testata virtuale dell’ebraismo italiano. Sembrerebbe proprio che il suo estensore fosse una di quella “ventina” (si noti la punta malcelata di disprezzo, lasciando intendere: erano pochi..., “quattro gatti”) di persone presenti, e quindi 20 - 1 = 19. Ma perché non ci ha concesso lui, autorevolmente, quel “contraddittorio” ardentemente cercato? Lo avremmo in 19 tutti ascoltato, pendendo dalle sue labbra. Se poi era lui la persona che pretendeva dalla Direzione della Fiera che venisse negata anche la saletta (Sala Corallo) pagata per appena un’ora di presentazione, poteva spiegarci il suo buon diritto, la sua pretesa di tappare la bocca a tutti noi, poveri goy: noi, di intelligenza “inferiore”, non riusciamo a capirlo il fondamento costituzionale di un simile diritto. Forse è scritto e spiegato nel Talmud, ma noi non leggiamo né studiamo il Talmud... È da dire che nell’articolo del Moked vi sono due tipi di virgolettato, che fanno intuire la presenza di r.s. fra la Ventina: un virgolettato (“potere ebraico”) di frasi effettivamente pronunciate durante la scarsa ora di presentazione, ma altri virgolettati che devono essere stati spiati o carpiti nei cessi della Fiera e che io o altri ha potuto sentire, quelle in specie che riguardano l’ebraicità dell’editore Zambon (un “ebreo” anche lui) e le battute sul prezzo di copertina (davvero basso del libro), dal quale si sarebbe preteso un ulteriore sconto... Una parte che se non è stata inventata di sana pianta, certamente non è stata recitata durante lo svolgimento ufficiale della Presentazione, consistita per la gran parte in una introduzione da parte dell’editore Zambon (che ha parlato anche di Shlomo Sand, altro ebreo dissociatosi dal sionismo e perfino dall’ebraismo), quindi in un’ampia esposizione del libro di Hart da parte del traduttore Siragusa, e in un breve spazio concesso al pubblico per fare domande o interventi. Ci dispiace veramente tanto che r.s. non sia intervenuto anche lui... Avremmo potuto continuare con lui la discussione anche fuori della Sala, da lasciare essendo scaduto il tempo concesso e pagato... Invece, r.s. ha preferito andarsene e orinare tutto il suo livore nel pagina del Moked, dove si citano virgolettati attribuiti a Gattegna, Capo di tutti gli Ebrei d’Italia, o ai Capi Nazionali e Locali dell’ANPI, che davvero democraticamente, dopo averci conquistato la libertà dalla tirannia del fascismo, hanno pure protetto le nostre anime dai pericolosi contenuti del libro di Hart, da non leggere, ma solo da censurare e mettere all’Indice: il popolo italiano è minorenne e l’ANPI vigila e sorveglia la sua formazione intellettuale e previene le cattive influenze... Non si sa mai... Con cattive letture come quelle di Alan Hart, chissà cosa potrebbe mai succedere a questo povero e idiota popolo italiano... Lo abbiamo “liberato”, ma è capace di cacciarsi nei guai, se noi “parte sana”, non siamo sempre vigili e protettivi su di lui...

Magari, r.s., per loro conto, per conto di Gattegna e l’ANPI, avrebbe potuto darci l’interpretazione autentica, talmudica, di un ampio brano, riportato da Hart, di un testo certamente canonica del sionismo, che forma l’identità dell’ebraismo italiano, a sentire il virgolettato di r.s. Diamo anche noi per esteso il testo di Jabotinsky, citato da Alan Hart, e poi aspettiamo di leggerne l’interpretazione autentica direttamente sul sito del Moked:
Non ci può essere alcuna discussione di riconciliazione volontaria con gli arabi, non ora e non nel prossimo futuro. Tutte le persone ben intenzionate, con l’eccezione di coloro che sono ciechi dalla nascita, hanno capito molto tempo fa l’impossibilita completa di arrivare a un accordo volontario con gli arabi della Palestina per la trasformazione della Palestina da un paese arabo in un paese con una maggioranza ebraica.
Tutti i popolo nativi vedono il proprio paese come la loro casa nazionale, di cui saranno i padroni completi. Essi non permetteranno mai volontariamente un nuovo padrone. Così è per gli arabi. Conciliatori, tra di noi, cercano di convincerci che gli arabi sono una specie di stupidi che possono essere ingannati con formulazioni scaltre dei nostri obiettivi fondamentali. Mi rifiuto categorieamente di accettare questa visione degli arabi palestinesi.
Hanno la psicologia precisa che abbiamo noi. Essi considerano la Palestina con lo stesso amore istintivo e vero fervore con cui ogni azteco ha considerato il suo Messico o un qualsiasi Sioux la sua prateria. Ogni popolo lotterà contro i colonizzatori finché si spenga l’ultima scintilla di speranza di poter evitare i pericoli della colonizzazione e della conquista. I palestinesi lotteranno in questo modo con audacia fino a quando vi sarà una scintilla di speranza.
Non importa che tipo di parole usiamo per spiegare la nostra colonizzazione. La colonizzazione ha il suo significato integrale e imprescindibile compreso da ogni ebreo e ogni arabo. La colonizzazione ha un solo obiettivo. Questo è nella natura delle cose. Cambiare la natura è impossibile. È stato necessario portare avanti la colonizzazione contro la volontà degli arabi palestinesi e la stessa condizione esiste ora.
Anche un accordo con i non-palestinesi (gli altri arabi) spiega lo stesso tipo di fantasia. Considerando i nazionalisti arabi di Baghdad, La Mecca e Damasco, avrebbero dovuto rifiutare di accettare di pagare un prezzo così grave per mantenere il carattere arabo della Palestina.
Non possiamo dare alcun compenso per la Palestina, né ai palestinesi né agli altri arabi. Quindi, un accordo volontario è inconcepibile. Ogni colonizzazione, anche la più ristretta, deve continuare a dispetto della volontà della popolazione nativa. Pertanto, si può proseguire e svilupparsi solo sotto lo scudo della forza che comprende un muro di ferro che la popolazione locale non potrà mai sfondare. Questa è la nostra politica araba. Formularla in altro modo sarebbe ipocrisia.
V. Jabotinsky (1880-1940)
Sia attraverso la Dichiarazione Balfour che attraverso il Mandato, la forza esterna è una necessità per stabilire nel paese le condizioni di governo e di difesa per mezzo delle quali la popolazione locale, indipendentemente da ciò che desidera, sarà privata della possibilità di ostacolare la nostra colonizzazione, amministrativamente o fisicamente. La forza deve svolgere il suo ruolo con intensità e senza indulgenza. In questo, non ci sono differenze significative tra i nostri militaristi e i nostri vegetariani. Uno preferisce un muro di ferro di baionette ebraiche, l’altro un muro di ferro di baionette inglesi.
Se si vuole colonizzare una terra in cui le persone stanno già vivendo, è necessario fornire una guarnigione per quella terra, oppure trovare un uomo ricco o un benefattore che fornisca un presidio a vostro nome. O altro? Oppure, rinunciate alla vostra colonizzazione, perché senza una forza armata che renda fisicamente impossibile qualsiasi tentativo di distruggere o prevenire questa colonizzazione, la colonizzazione è impossibile, non è difficile, non è pericolosa ma è IMPOSSIBILE! Il sionismo è un’avventura di colonizzazione e quindi sta in piedi o cade per un problema di forza armata. È importante parlare l’ebraico, ma, purtroppo, è ancora più importante saper sparare, altrimenti ho finito di giocare alla colonizzazione.
Pulizia etnica del 1948 in Palestina
Al rimprovero trito e ritrito che queste punto di vista è immorale, rispondo: assolutamente falso. Questa è la nostra etica. Non c’e altra etica. Finché ci sarà la minima scintilla di speranza per gli arabi di contrapporsi a noi, non venderanno queste speranze, non per certe parole suadenti né per qualsiasi boccone saporito, perché questi (i palestinesi) non sono una plebaglia, ma un popolo, persone viventi. E nessun popolo fa concessioni così enormi su simili questioni fatali, tranne quando non c’e più speranza, finché abbiamo abbiamo rimosso ogni apertura visibile nel muro di ferro.
Questo è l’elemento fondante dell’ebraismo italiano: «“Il sionismo – ha proseguito Gattegna – è un elemento fondante dell’identità ebraica contemporanea. Qualsiasi operazione volta a screditare questo assunto risulta così fuorviante e grottesca”». Questo l’elemento fondante dell’ANPI, ossequiente alle richieste dell’ebraismo italiano: «“in linea con i valori e i principi dell’associazione, che rifiutano qualsiasi forma di razzismo ed antisemitismo”». Sarebbe interessante avere un’autorevole interpretazione da parte dei vertici dell’ebraismo italiano e dei vertici dell’ANPI del brano “sionista” sopra riportato e da Hart interpretato e commentato. È stata offerta alla controparte ebraica abbia facoltà di contraddittorio, a quanto pare, ma la risposta è stato una sola: censura, denigrazione, diffamazione, non far sapere al popolo o al più grande pubblico...

La novella mediatica continua con nuovi dettagli che noi seguiamo con interesse e anche un poco di divertimento. I nostri commenti sono rigorosamente fondati sui testi di cui diamo ogni volta il link e non siamo assolutamente responsabili del virgolettato che vi si trova. Sappiamo per esperienza quanto esso sia spesso falso e ingannevole. E pertanto diamo con beneficio di inventario quelle citazioni che estraiamo da testi non nostri né da noi controllati... L’unica cosa affidabile è il testo edito di Alan Hart, a cui la pubblicità sia pure malevola, denigratoria, diffamatoria riesce pur sempre utile nella misura in cui produce una maggiore attenzione sul libro e induce un più ampio pubblico a leggere il libro, che è di una straordinaria freschezza e attualità, utilissima a comprendere i conflitti mediorientali di questi giorni, molto più di quanto i media non riescano a farci capire, anzi a non farci capire, perché fanno solo disinformazione, falsificazione, manipolazione. Da condividere l’invito di Diego Siragusa a NON leggere i giornali italiani e  se mai a concentrarsi sulla lettura di pochi buoni libri, come è certamente questo di Alan Hart, del quale bisognerebbe seguire anche la vicenda personale, giacché la scrittura della sua “Storia del Sionismo” molto gli è costata. Le ultime sue notizie è che si è ritirato a vita privata e ha interrotto i rapporti con i suoi Lettori.

Sto proseguendo nella lettura del libro, resistendo alla tentazione di soffermarmi si singole pagine. Vi saranno certamente numerose riletture. Il libro di Hart è una autentica miniera non solo per le informazione che contiene, ma per le fonti alle quali rinvia e che ricevono per questo una chiave di lettura e di ricerca. Per chi desidera diventare uno “specialista” in questo genere di conoscenza il libro di Hart è certamente un buon inizio. Si badi: i singoli documenti sono o possono essere già noti, come pure esistono ormai una serie di libri documentati sui rapporti fra nazismo e sionismo. Ciò che si trova di più in Hart è la capacità di collegarli insieme per dare una visione complessiva di quell’autentico mostro che è il sionismo, che alcuni addirittura mettono sullo stesso piano del nostro Risorgimento. Si comprende perciò il furore che esso suscita da quella estesa parte ebraica ormai interamente identificantesi con il sionismo:  condividendone e portandone tutto il peso della responsabilità criminale, che Hart - amico degli ebrei in quanto persone connotate da una fede religiosa intesa come faccenda privata - tenta disperatamente di scongiurare. Dunque, stiamo procedendo celermente nella lettura, per poi ritornavi sopra. Ma su un punto dobbiamo subito indugiare. Quale? Ma la questione del muftì di Gerusalemme, sulla quale lo “storico revisionista” Netanayu ha inteso riscrivere la storia per far ricadere sui palestinesi tutto la colpa per... L’«Olocausto».

Una piccola premessa per dire che Alan Hart assume senza battere ciglio la versione storica accreditata e ufficializzata sotto pena di pesantissime sanzioni penali, fino a 12 anni di carcere, come nel caso di Horst Mahler, per chiunque osi contestare le verità ufficiali... L’analisi critica della letteratura revisionista (o “negazionista”) non è l’oggetto della ricerca di Hart, ma lo è certamente lo spudorato e sfacciato uso strumentale che il sionismo ha fatto e continua a fare dell’«Olocausto»...  Del resto, come salta subito agli occhi dalla lettura del libro di Hart, la capacità che il sionismo dimostra oltre che di corrompere apertamente con l’offerta di denaro, addirittura di assassinio politico e terrorismo di Stato. e  ancora la capacità di manipolare, occultare, falsificare fonti documentarie e giornalistiche, oltre che di condizionare qualsiasi organo politico e giudiziario, induce al legittimo sospetto di qualsiasi “verità” che venga sottratta, per legge, al vaglio critico e al contraddittorio... Ma torniamo al muftì Amin al-Husseini che si sarebbe incontro con Hitler il 28 novembre 1941 per suggerire lui a Hitler la «soluzione finale». La speranza del mufti era quella di ottenere un’alleanza contro gli inglesi. Di questa speranza o timore (da parte degli inglesi) si parla nel libro di Hart. Dunque, una prima parte dell’infamia è la stessa idea di una associazione o alleanza con i nazisti, che sono il male assoluto per definizione e tale da contaminare irrimediabilmente chiunque in qualsiasi momento ne sia venuto a contatto. Ciò premesso, veniamo finalmente alla pagina 263-64 del libro di Hart. Cosa contiene? Un documento autentico scoperto nell’archivio dell’ambasciata tedesca ad Ankara, in Turchia. Di cosa si tratta? Di un accordo in negoziazione con i nazisti dell’Irgun, l’organizzazione terroristica fondata da Jabotinsky e della quale il nonno di Gilad Atzmon - di cui diremo in altra scheda di lettura - era componente. È importante la data della negoziazione: l’11 gennaio 1941, cioè una data precedente l’incontro del muftì con Hitler. Ne riportiamo il testo come pubblicato da Alan Hart:
...L’istruzione ricevuta da Lubentschik consisteva nel negoziare un accordo direttamente con i fascisti di Mussolini e dei nazisti di Hitler. Non fece alcun progresso coi fascisti, ma nel gennaio 1941 incontrò due importanti nazisti. Uno di loro era Otto von Hentig, il capo del Dipartimento Orientale del Ministero degli Esteri della Germania nazista. Von Hentig era considerato un ”filo-sionista” poiché preferiva inviare gli ebrei in Palestina in cambio di denaro come alternativa al loro massacro. L’esito delle discussioni consisteva nella proposta di Stern di stringere un’al1eanza tra il suo movimento e il Terzo Reich di Hitler.

Il protocollo che stabilisce la proposta di Stern, uno dei documenti più sorprendenti e infami di tutta 1a storia, è stato finalmente scoperto negli archivi dell’ambasciata tedesca ad Ankara, in Turchia. Il documento, datato 11 gennaio 1941, era intitolato:

PROPOSTA DELL’ORGANIZZAZIONE MILITARE NAZIONALE
IRGUN ZVEI LEUMI 
CONCERNENTE LA SOLUZIONE DELLA QUESTIONE EBRAICA IN EUROPA
E LA PARTECIPAZIONE DELL’O.M.N. ALLA GUERRA
A FlANCO DELLA GERMANIA.

Questo documento - era autentico, non un falso - così recitava (i1 corsivo e mio):
«L’ evacuazione delle masse di ebrei provenienti dall’Europa è una precondizione per risolvere la questione ebraica; ma questo può essere reso possibile solo e completamente attraverso l’insediamento di queste masse nella patria deI popolo ebraico, la Palestina, e attraverso la creazione di uno Stato ebraico nei suoi confini storici ...
L’O.M.N., che conosce bene la buona volontà del governo del Reich tedesco e delle sue autorità nei confronti dell’attivita sionista all’interno della Germania e verso i piani di emigrazione sionista, è del parere che:
Potrebbero esistere interessi comuni tra l’istituzione di un Nuovo Ordine in Europa, in conformità con la concezione tedesca e le vere aspirazioni nazionali del popolo ebraico come sono incarnate dall’O.M.N.
La cooperazione tra 1a nuova Germania e una rinnovata ebraicità patriottico-nazionale sarebbe possibile. La creazione dello Stato storico ebraico su base nazionale e totalitaria, vincolato da un trattato con il Reich tedesco, sarebbe nell’interesse di una consolidata e rafforzata futura posizione di potere tedesca in Medio Oriente.
Procedendo da queste considerazioni, l’O.M.N., in Pa1estina, sotto la condizione delle aspirazioni nazionali summenzionate deI Movimento per la Libertà di Israele riconosciute dal Reich tedesco, si offre di prendere attivamente parte alla guerra, a fianco della Germania.
Questa offerta dell’O.M.N., .... sarebbe collegata alla formazione militare e all’organizzazione di manodopera ebraica in Europa, sotto la guida e il comando della O.M.N. Queste unità militari prenderebbero parte alla lotta per conquistare la Palestina, qualora un tale fronte fosse deciso.
La partecipazione indiretta del Movimento di Liberazione di Israele nel Nuovo Ordine in Europa, già nella fase preparatoria, dovrebbe essere collegato a una soluzione positiva del problema ebraico europeo, in conformità con le aspirazioni nazionali sopra citate dei popolo ebraico. Questo rafforzerebbe straordinariamente la base morale del Nuovo Ordine agli occhi di tutta l’umanità
Gli sternisti sottolinearono anche una dichiarazione che era un ritornello costante del loro dialogo con i nazisti: “L’O.M.N. è strettamente legata ai movimenti totalitari dell’Europa nella sua ideologia e struttura.”
Stern ed i suoi colleghi dirigenti, tra cui Shamir, non sarebbero stati a disagio con quello che avevano proposto perché erano consapevoli che il WZO aveva fatto un compromesso con il nazismo attraverso l’Ha’avara Agreement. L’offerta di fare un accordo con i nazisti non fu ripreso ma si trattò una proposta seria fatta da persone illuse.
Nei deeenni successivi, il sionismo, indignato, negò il tentativo degli sternisti di fare accordi con la Germania di Hitler (e i fascisti di Mussolini); e il sionismo riuscì con successo a scoprire la verità su quell’episodio tenuto segreto (e molti altri ancora). I non ebrei che cercarono di dire la verità furono denunciati come rabbiosamente antisemiti; e scrittori ebrei che cercavano di dire la verità furono condannati come ”ebrei-che-odiano-se-stessi”, con l’implicazione di essere persone molto malate.
….

Non erano, però, solo i sionisti che corteggiavano i nazisti. L’allora capo in esilio degli arabi palestinesi, Haj Amin Husseini, il Mufti di Gerusalemme, ebbe delle conversazioni con lo stesso Hitler. In una di queste, il 21 novembre 1941, Hitler disse di avergli detto due cose: la prima, che la Germania non poteva richiedere apertamente l’indipendenza di eventuali possedimenti arabi in mano a inglesi e francesi, perché la Germania non voleva inimicarsi Vichy, che ancora dominava in Nord Africa; la seconda, che quando i tedeschi avevano invaso il Caucaso, avrebbero potuto rapidamente dirigersi verso la Palestina e distruggervi gli insediamenti sionisti. Se Hitler aveva qualche intenzione di onorare la promessa fatta al Mufti, a me non e noto.
Poveri palestinesi! Non era da escludere che sarebbero stati ingannati dai tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale come erano già stati ingannati dagli inglesi alla fine delle prima guerra mondiale e come continuano oggi ad essere ingannati e vilipesi oggi dalla cosiddetta Comunità internazionale con la burla del “processo di pace” che è un modo di dare altro tempo ai sionismo per completare la sua “pulizia etnica della Palestina”, che secondo la normativa ONU - citata da Pappe - equivale ad un vero e proprio “genocidio”, lo stesso che si è inteso condannare con l’«Olocausto», sul quale il sionismo ha tratto la sua legittimazione alla fondazione dello «Stato ebraico di Israele».

WEBGRAFIA ITALIANA
(in ordine casuale)

1. Stefano Zecchinelli,





(Segue)

3 commenti:

Franz K. (Stefano Zecchinelli) ha detto...

Salve, colgo l'occasione per congratularmi con lei per l'ottimo lavoro di ricerca svolto, lo considero - a parte alcune divergenze - molto valido, coraggioso ed importante.

Le segnalo questa mia recensione del libro di Alan Hart pubblicata nel giornale online l'Interferenza.info con cui collaboro:

http://www.linterferenza.info/cultura/alan-hart-il-sionismo-il-vero-nemico-degli-ebrei/

Pubblicata anche nel mio blog personale ( che le segnalo )

http://zecchinellistefano.blogspot.it/2015/09/alan-hart-il-sionismo-il-vero-nemico.html

Saluti, Stefano Zecchinelli

Antonio Caracciolo ha detto...

Le "divergenze”, soprattutto se vengono da lei, cui devo la prima notizia della pubblicazione italiana del libro, sono per me uno stimolo al lavoro di ricerca e approfondimento... Per cui quando avrà il tempo e la voglia di farmele, sarò molto lieto di leggerle... Intanto vado a leggere quanto mi ha segnalato: può darsi che abbia a trovarle già in quella sede...

Auguri di Buon Natale e Buon Anno.

Franz K. (Stefano Zecchinelli) ha detto...

Sicuramente la mia formazione culturale e politica è marxista con tutto quello che ne consegue. Un approccio marxista - premetto che sono molto critico verso la degenerazione staliniana - pone delle divergenze di principio, oltre che di metodo, rispetto alla cultura ed all'approccio metodologico tipico della migliore tradizione liberale. Ho apprezzato molto il lavoro di Mauro Manno su temi fondamentali anche da lei trattati.

Auguri di Buon Natale e Buon anno a lei. Stefano.