sabato 27 settembre 2008

Comici: 47. Beppe Grillo, una libera voce italiana

Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Bordin - Buffa - Colombo - Diaconale - Fait - Ferrara - Frattini - Israel - Livni - Loewenthal - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - PanellaPezzana - Polito - Prister - Santus - Volli

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Indice-sommario. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. La pulizia etnica della Palestina. – 4. Free Gaza Movement: una sfida al blocco israeliano. – 5. Studio delle principali Risoluzioni ONU di condanna a Israele. – 6. Cronologia del conflitto ebraico-palestinese. – 7. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 8. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 9. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 10. Classici del sionismo e dell’antisionismo: un’analisi comparata. – 11. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; VIII. Morris; – 12. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 13. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 14. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 15. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 16 Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 17. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Mi ha piacevolmente sorpreso trovare il nome di Beppe Grillo nella lista di quanti vengono denigrati dai «Corretti Informatori». Considerata la totale faziosità e l’assoluta osservanza sionista del gruppo pezzaniano, torna a merito del comico essere “criticato” anziché elogiato dagli Eletti. Vuol dire che Beppe ha visto giusto e si è schierato dalla parte giusta. Il fatto che sia un comico non è di per sé riduttivo. Tutti ricordiamo il motto secondo cui Pulcinella ridendo e scherzando riesce a dire quella verità che altri ben si guardano dal ridere. Pertanto apro volentieri una scheda su Beppe Grillo, monitorando ciò che di lui o da lui si dice, dentro o fuori del circuito della Israel lobby italiana, che vorrebbe spingere alla guerra contro l’Iran allo stesso modo in cui la Israel lobby statunitense ha spinto il popolo americano in una sciagurata guerra contro l’Iraq.

Versione 1.0
Status: 27.9.08
Sommario: 1. Beppe Grillo e Ahamadinejad. – 2. Uno stupido commento. –

1. Beppe Grillo e Ahmadinejad. –Non ci sembra importante quanto dice Beppe Grillo su Ahmadinejad, sia esatta o meno la sua ricostruzione. Ci sembra più importante che non sia caduto nella trappola mediatica di un orientamento capillare volto alla preparazione dell’opinione pubblica affinché accetti l’idea di una guerra contro l’Iran con un coinvolgimento dell’Italia che sarà certamente maggiore di quanto non sia stato per l’Iraq. Considerata la grande capacità di comunicazione di Beppe Grillo, la sua presa di posizione è un grande aiuto per le ragioni della pace e per la demistificazione di quanto gli interessi lobbistici sono riusciti finora a costruire. Beppe Grillo può essere un grande demolitore del castello di menzogne finora edificato. Si noti che il link è dell’11 aprile 2007. Beppe è largamente in anticipo sugli eventi di questo fine estate 2008. Ha avuto fiuto. Non ci soffermiamo sulla solita solfa della distruzione di Israele voluta da Ahamadinejad. Possiamo aggiungere, per fare arrabbiare i «Corretti Informatori», che la “distruzione” di una Israele fondata sull’apartheid, sull’occupazione militare, sulla guerra permanente, sulla pulizia etnica è cosa quanto mai desiderabile. Se gli attuali israeliani non vorranno prendere la valigia di cui parla Steiner e che Avraham Burg ha già preso, dovranno dimostrare al momento di aver saputo restituire ai profughi palestinesi i loro villaggi e le loro case, di averli saputi risarcire come loro stessi sono stati risarciti dagli europei, ed infine di saper convivere paritariamente in uno stato che non sia né ebraico né musulmano né cristiano.

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2. Uno stupido commento. – È inutile cercare un senso apprezzabile alla consueta solfa dei «Corretti Informatori». Utile invece è l’indicazione del link di Beppe Grillo dove è dato una riflessione sulla politica estera: La Guerra Mondiale del Petrolio. Di Beppe Grillo ricordo un suo intervento dove richiamava l’attenzione del pubblico sull’incredibile numero di basi americane presenti sul nostro territorio: oltre un centinaio. Ai «Corretti Informatori» sono evidentemente spiaciuti nel testo le frasi non benevole verso Israele: «…La Georgia è armata da Israele e dagli Stati Uniti…». Mi auguro che in una prossima occasione Beppe Grillo usi l’arma della sua comicità nei confronti della situazione interna israeliana.

Discussioni: 46. Sergio Luzzatto e la memoria di ognuno

Cosa si intende qui per Israel Lobby?
«Una coalizione informale di individui e gruppi che cerca di influenzare la politica estera americana in modo che Israele ne tragga beneficio».
Ed in Italia come stanno le cose?
Stiamo cercando di scoprirlo!
«Esistono due distinti meccanismi che impediscono alla realtà del conflitto israelo-palestinese di essere giustamente divulgata, e sono i due bavagli con cui i leader israeliani, i loro rappresentanti diplomatici in tutto il mondo, i simpatizzanti d’Israele e la maggioranza dei politici, dei commentatori e degli intellettuali conservatori di norma zittiscono chiunque osi criticare pubblicamente le condotte dello Stato ebraico nei Territori Occupati, o altri aspetti controversi della storia e delle politiche di quel Paese. Il primo bavaglio è l’impiego a tutto campo dei gruppi di pressione ebraici, le cosiddette lobby, per dirottare e falsificare il dibattito politico sul Medioriente (negli USA in primo luogo); il secondo è l’accusa di antisemitismo che viene sempre lanciata, o meglio sbattuta in faccia ai critici d’Israele» (P. Barnard, Perché ci odiano, p. 206).
Come «Informazione Corretta» e altri media presentano Israele, il Medio Oriente e la Palestina: Allam - Battista - Bordin - Buffa - Colombo - Diaconale - Fait - Ferrara - Frattini - Israel - Livni - Loewenthal - Nirenstein - Ostellino - Ottolenghi - Pacifici - Pagliara - PanellaPezzana - Polito - Prister - Santus - Volli

Ricerche correlate:

1. Monitoraggio di «Informazione Corretta»: Indice-sommario. – 2. Osservatorio sulle reazioni a Mearsheimer e Walt. – 3. La pulizia etnica della Palestina. – 4. Free Gaza Movement: una sfida al blocco israeliano. – 5. Studio delle principali Risoluzioni ONU di condanna a Israele. – 6. Cronologia del conflitto ebraico-palestinese. – 7. Boicottaggio prossimo venturo: la nuova conferenza di Durban prevista per il gennaio 2009. – 8. Teoria e prassi del diritto all’ingerenza. – 9. Per una critica italiana a Daniel Pipes. – 10. Classici del sionismo e dell’antisionismo: un’analisi comparata. – 11. Letteratura sionista: Sez. I. Nirenstein; II. Panella; III. Ottolenghi; IV. Allam; V. Venezia; VI. Gol; VII. Colombo; VIII. Morris; – 12. La leggenda dell’«Olocausto»: riapertura di un dibattito. – 13. Lettere a “La Stampa” su «Olocausto» e «negazionismo» a seguito di un articolo diffamatorio. – 14. Jürgen Graf: Il gigante dai piedi di argilla. – 15. Carlo Mattogno: Raul Hilberg e i «centri di sterminio» nazionalsocialisti. Fonti e metodologia. – 16 Analisi critica della manifestazione indetta dal «Riformista». – 17. Controappello per una pace vera in Medio Oriente. –

Di Sergio Luzzatto ricordo un suo faccia a faccia televisivo con Fiamma Nirenstein. Se ben ricordo, non avendo la videoregistrazione, vi fu un giudizio severo del prof. Luzzatto su madonna Fiammetta ed è penoso il ricordo di un dibattito dove era presente anche Augias, attento a non esporsi in merito alle “Pasque di sangue” di Ariel Toaff, il cui volume era stato recensito proprio da Luzzatto sul “Corriere della Sera”. Luzzatto avvertì che personaggi come quello citato si rendevano responsabili del sorgere di una nuova forma di antisemitismo che non aveva nulla a che fare con quelle finora note. Non so bene cosa intendensse Sergio Luzzatto, ma gli attacchi dei «Corretti Informatori» alla sua persona e ai suoi scritti mi inducono ad aprire una scheda esplorativa.

Versione 1.1
Status: 5.10.08
Sommario: 1. Auschwitz e la memoria di ognuno. – 2. Scende in campo Daniela Coli. –

1. Auschwitz e la memoria di ognuno. – Il dotto articolo di Sergio Luzzatto induce a pensare cose che forse egli stesso pensa ma non può dire senza suscitare un prevedibile vespaio. Io mi chiedo se e quando verranno i tempi in cui ciascuno possa dire la sua su eventi tragici di una guerra civile europea che si estende nell’arco di un trentennio, dal 1914 al 1945. Vi è stata purtroppo un’ideologia dei vincitori che si è imposta fino ai nostri giorni. In numerosi paesi d’Europa contrastare una siffatta ideologia significa essere arrestati e finire in carcere. In Italia, per fortuna non si è ancora giunti a questo, ma sono frequenti le demonizzazioni e le emarginazioni di quanti non pensano e non parlano “correttamente”. Non ho mai visitato Auschwitz e non credo lo farò mai, affrontando un lungo viaggio e spese. Stando in Monaco ho però visitato Dachau. L’impressione che ne ho tratto è che l’accoglienza di quanti vi erano internati non doveva essere più brutale e disumana di quanti oggi si trovano nei nostri “centri di accoglienza”, almeno secondo le descrizioni che si possono sentire da Radio radicale. Quando di una tragedia immane che riguarda intere generazioni e si protrae per parecchi decenni si cerca di isolarne singoli aspetti e momenti, si compie in realtà un ulteriore atto di guerra civile esteso fino ai nostri giorni. Si pretende di coinvolgere in una guerra che non hanno combattuto e di cui non sono responsabili i figli dei figli e le generazioni a venire. Ma se la “memoria” è un processo personale, basato su ricordi diretti, ma anche su testimonianze dei propri avi e su una libera ricostruzione del passato, facendo uso di propri documenti o diversamente interpretando quelli forniti da altri, allora non si può pretendere di imporre la Memoria Unica. Si rischia di suscitare reazione tanto più profonda e sorda quanto più penetranti e incisivi sono gli apparati repressivi. Il passato che è veramente trascorso dovrebbe essere appannaggio della ricerca libera e diligente degli storici, se esiste un simile mestiere, ma per il passato che è fatto di rancore e di ferite doloranti dovrebbe valere il principio dell’oblio. Non dunque la celebrazione di una memoria sempre più faziosa e ipocrita se non addirittura falsificante, ma la forza morale di dimenticare e di ritrovare le ragioni della pacifica convivenza.

2. Scende in campo Daniela Coli. – Appare su l’Occidentale una presa di posizione contro Sergio Luzzatto a firma Daniela Coli. È ricordato uno scontro televisivo di Sergio Luzzatto con Fiamma Nirenstein in Matrix. Non se se è lo stesso che ho visto io parzialmente. Ricordo bene il dilettantismo e la faziosità della Nirenstein. Ancora una volta viene rimproverato a Sergio Luzzatto la sua recensione a “Pasque di Sangue”. Ne sentii parlare per la prima volta mentre ero a cena con degli amici, fra cui Giano Accame. Ho quasi finito di leggere “Ebraismo virtuale” che mi offre una migliore intelligenza delle ragioni per le quali si sollevò tanta furia. L’uso del sangue nella cultura e tradizione ebraica è spiegato da Ariel Toaff in modo pienamente plausibile. È stucchevole la questione delle competenze accademiche, ma non bisogna essere accademici per comprendere le ragioni politiche della grande ostilità che si è già sollevata contro Ariel Toaff e Sergio Luzzatto che ne aveva data buona recensione. Mi trovo costretto a leggere tutti i libri, o almeno quelli più chiacchierati, di Ariel Toaff. Intanto riporterò qui di seguito la recensione che a Toaff aveva fatto Sergio Luzzatto, se riesco a trovarla in rete nell’archivio del “Corriere della Sera”. Eccolo trovato!
SAGGI La sconcertante rivelazione di Ariel Toaff: il mito dei sacrifici umani non è solo una menzogna antisemita

Quelle Pasque di Sangue

Il fondamentalismo ebraico nelle tenebre del Medioevo

Trento, 23 marzo 1475. Vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica. Nell’abitazione-sinagoga di un israelita di origine tedesca, il prestatore di denaro Samuele da Norimberga, viene rinvenuto il corpo martoriato di un bimbo cristiano: Simonino, due anni, figlio di un modesto conciapelli. La città è sotto choc. Unica consolazione, l’indagine procede spedita. Secondo gli inquirenti, hanno partecipato al rapimento e all’uccisione del «putto» gli uomini più in vista della comunità ebraica locale, coinvolgendo poi anche le donne in un macabro rituale di crocifissione e di oltraggio del cadavere. Perfino Mosé «il Vecchio», l’ebreo più rispettato di Trento, si è fatto beffe del corpo appeso di Simonino, come per deridere una rinnovata passione di Cristo. Incarcerati nel castello del Buonconsiglio e sottoposti a tortura, gli ebrei si confessano responsabili dell’orrendo delitto. Allora, rispettando il copione di analoghe punizioni esemplari, i colpevoli vengono condannati a morte e giustiziati sulla pubblica piazza. Durante troppi secoli dell’era cristiana, dal Medioevo fino all’Ottocento, gli ebrei si sono sentiti accusare di infanticidio rituale, perché quelle accuse non abbiano finito con l’apparire alla coscienza moderna niente più che il parto di un antisemitismo ossessivo, virulento, feroce. Unicamente la tortura - si è pensato - poteva spingere tranquilli capifamiglia israeliti a confessare di avere ucciso bambini dei gentili: facendo seguire all’omicidio non soltanto la crocifissione delle vittime, ma addirittura pratiche di cannibalismo rituale, cioè il consumo del giovane sangue cristiano a scopi magici o terapeutici. Impossibile credere seriamente che la Pasqua ebraica, che commemora l’esodo degli ebrei dalla cattività d’Egitto celebrando la loro libertà e promettendo la loro redenzione, venisse innaffiata con il sangue di un goi katan, un «piccolo cristiano»! Più che mai, dopo la tragedia della Shoah, è comprensibile che l’«accusa del sangue» sia divenuta un tabù. O piuttosto, che sia apparsa come la miglior prova non già della perfidia degli imputati, ma del razzismo dei giudici. Così, al giorno d’oggi, soltanto un gesto di inaudito coraggio intellettuale poteva consentire di riaprire l’intero dossier, sulla base di una domanda altrettanto precisa che delicata: quando si evoca tutto questo - le crocifissioni di infanti alla vigilia di Pesach, l’uso di sangue cristiano quale ingrediente del pane azzimo consumato nella festa - si parla di miti, cioè di antiche credenze e ideologie, oppure si parla di riti, cioè di eventi reali e addirittura prescritti dai rabbini? Il gesto di coraggio è stato adesso compiuto. L’inquietante domanda è stata posta alle fonti dell’epoca, da uno storico perfettamente attrezzato per farlo: un esperto della cultura alimentare degli ebrei, tra precetti religiosi e abitudini gastronomiche, oltreché della vicenda intrecciata dell’immaginario ebraico e di quello antisemita. Italiano, ma da anni docente di storia medievale in Israele, Ariel Toaff manda in libreria per il Mulino un volume forte e grave sin dal titolo, Pasque di sangue. Magnifico libro di storia, questo è uno studio troppo serio e meritorio perché se ne strillino le qualità come a una bancarella del mercato. Tuttavia, va pur detto che Pasque di sangue propone una tesi originale e, in qualche modo, sconvolgente. Sostiene Toaff che dal 1100 al 1500 circa, nell’epoca compresa tra la prima crociata e l’autunno del Medioevo, alcune crocifissioni di «putti» cristiani - o forse molte - avvennero davvero, salvo dare luogo alla rappresaglia contro intere comunità ebraiche, al massacro punitivo di uomini, donne, bambini. Né a Trento nel 1475, né altrove nell’Europa tardomedievale, gli ebrei furono vittime sempre e comunque innocenti. In una vasta area geografica di lingua tedesca compresa fra il Reno, il Danubio e l’Adige, una minoranza di ashkenaziti fondamentalisti compì veramente, e più volte, sacrifici umani. Muovendosi con straordinaria perizia sui terreni della storia, della teologia, dell’antropologia, Toaff illustra la centralità del sangue nella celebrazione della Pasqua ebraica: il sangue dell’agnello, che celebrava l’affrancamento dalla schiavitù d’Egitto, ma anche il sangue del prepuzio, proveniente dalla circoncisione dei neonati maschi d’Israele. Era sangue che un passo biblico diceva versato per la prima volta proprio nell’Esodo, dal figlio di Mosè, e che certa tradizione ortodossa considerava tutt’uno con il sangue di Isacco che Abramo era stato pronto a sacrificare. Perciò, nella cena rituale di Pesach, il pane delle azzime solenni andava impastato con sangue in polvere, mentre altro sangue secco andava sciolto nel vino prima di recitare le dieci maledizioni d' Egitto. Quale sangue poteva riuscire più adatto allo scopo che quello di un bambino cristiano ucciso per l' occasione, si chiesero i più fanatici tra gli ebrei studiati da Toaff? Ecco il sangue di un nuovo Agnus Dei da consumare a scopo augurale, così da precipitare la rovina dei persecutori, maledetti seguaci di una fede falsa e bugiarda. Sangue novello, buono a vendicare i terribili gesti di disperazione - gli infanticidi, i suicidi collettivi - cui gli ebrei dell' area tedesca erano stati troppe volte costretti dall' odiosa pratica dei battesimi forzati, che la progenie d' Israele si vedeva imposti nel nome di Gesù Cristo. Oltreché questo valore sacrificale, il sangue in polvere (umano o animale) aveva per gli ebrei le più varie funzioni terapeutiche, al punto da indurli a sfidare, con il consenso dei rabbini, il divieto biblico di ingerirlo in qualsiasi forma. Secondo i dettami di una Cabbalah pratica tramandata per secoli, il sangue valeva a placare le crisi epilettiche, a stimolare il desiderio sessuale, ma principalmente serviva come potente emostatico. Conteneva le emorragie mestruali. Arrestava le epistassi nasali. Soprattutto rimarginava istantaneamente, nei neonati, la ferita della circoncisione. Da qui, nel Quattrocento, un mercato nero su entrambi i versanti delle Alpi, un andirivieni di ebrei venditori di sangue umano: con le loro borse di pelle dal fondo stagnato, e con tanto di certificazione rabbinica del prodotto, sangue kasher... Risale a vent' anni fa un libretto del compianto Piero Camporesi, Il sugo della vita (Garzanti), dedicato al simbolismo e alla magia del sangue nella civiltà materiale cristiana. Vi erano illustrati i modi in cui i cattolici italiani del Medioevo e dell' età moderna riciclarono sangue a scopi terapeutici o negromantici: come il sangue glorioso delle mistiche, da aggiungere alla polvere di crani degli impiccati, al distillato dai corpi dei suicidi, al grasso di carne umana, entro il calderone di portenti della medicina popolare. Con le loro «pasque di sangue», i fondamentalisti dell' ebraismo ashkenazita offrirono la propria interpretazione - disperata e feroce - di un analogo genere di pratiche. Ma ne pagarono un prezzo enormemente più caro. * * * Il tema del libro Esce in libreria dopodomani, giovedì 8 febbraio, il libro di Ariel Toaff «Pasque di sangue. Ebrei d' Europa e omicidi rituali» (pp. 364, 25), edito dal Mulino Il saggio affronta il tema dell' accusa, rivolta per secoli agli ebrei, di rapire e uccidere bimbi cristiani per utilizzarne il sangue nei riti pasquali * * * Il caso di Trento Nel 1745 il piccolo Simone venne trovato morto a Trento Per il suo omicidio furono giustiziati 15 ebrei Fino al 1965 Simone fu venerato come beato * * * Uno storico del giudaismo Ariel Toaff, figlio dell' ex rabbino capo di Roma Elio Toaff, insegna Storia del Medioevo e del Rinascimento presso la Bar-Ilan University in Israele Tra le sue opere edite dal Mulino: «Il vino e la carne. Una comunità ebraica nel Medioevo» (1989), «Mostri giudei. L' immaginario ebraico dal Medioevo alla prima età moderna» (1996), «Mangiare alla giudia. La cucina ebraica in Italia dal Rinascimento all' età moderna» (2000)

Luzzatto Sergio

Pagina 41
(6 febbraio 2007) - Corriere della Sera

Ma non è il solo articolo scritto da Luzzatto sulla questione. Di pochi giorni dopo è il seguente:

il Libro Scomunicato Prima di Essere Letto

Dopo anni di ricerche nelle biblioteche e negli archivi d' Europa, lo storico Ariel Toaff ha scritto un libro, Pasque di sangue (il Mulino), in cui sostiene che l' accusa contro gli ebrei di avere praticato l' omicidio di bambini cristiani a scopo rituale potrebbe non essere stata del tutto falsa. Probabilmente, alcuni episodi del genere si verificarono davvero nel tardo Medioevo. Trattandosi di materia così delicata (l' «accusa del sangue» è stata per secoli un' arma in mano agli antisemiti più virulenti e feroci), le tesi del professor Toaff avrebbero meritato un massimo di attenzione critica. Più che lecito, ovviamente, trovarsi in disaccordo con lui. Ma per riuscire credibile, il disaccordo andrebbe motivato con argomenti storiografici, dopo avere dimostrato il carattere non probante delle fonti impiegate. Invece, due giorni prima che il libro approdasse in libreria - dunque, totalmente alla cieca: senza avere altra idea del suo contenuto che una recensione sul «Corriere» - il fior fiore dei rabbini d' Italia ha dichiarato «aberranti» le tesi di Toaff, mentre larghi settori dell' ebraismo italiano scagliavano contro di lui ogni genere di contumelia. A fronte di questo linciaggio culturale, è auspicabile che qualche voce di solidarietà per Toaff si levi dal mondo degli storici di professione. Non c' è bisogno di essere d' accordo con lui. Basta riconoscere che quello di chi studia il passato è un mestiere libero oltreché serio. E che non sarà un cartello di rabbini (né, in altri contesti, un cartello di vescovi o di imam) a fissare il limite dello storicamente plausibile e dello storicamente aberrante.

Luzzatto Sergio

Pagina 41
(10 febbraio 2007) - Corriere della Sera

Ed ancora nello stesso mese di febbraio 2007 si ritrova un ulteriore intervento:

Le polemiche seguite a «Pasque di sangue» sugli omicidi rituali che sarebbero stati commessi alla fine del Medioevo

La Storia divisa

Caso Toaff: il rischio di un pensiero unico se il dibattito è fuori dallo spazio e dal tempo

Dopo che il libro di Ariel Toaff sugli ebrei d' Europa e gli omicidi rituali nel tardo Medioevo, Pasque di sangue, era stato giudicato «aberrante» dai rabbini d' Italia prima ancora che ne avessero potuto leggere una singola pagina, era lecito augurarsi due cose. La prima: che gli storici di mestiere aprissero intorno al volume un dibattito critico. La seconda: che gli intellettuali difendessero comunque la persona di Toaff, la sua piena libertà di ricerca e di espressione. Il dibattito critico si è effettivamente aperto, con il contributo di alcuni fra i maggiori studiosi italiani del Quattro e del Cinquecento (sul Corriere della Sera di venerdì 23 febbraio, Carlo Ginzburg). È stato un dibattito serio, quanto può esserlo una discussione intorno a problemi complessi che si svolge sulle pagine di giornali a larga tiratura anziché in sedi accademiche o scientifiche. E sono emersi due limiti gravi del lavoro di Toaff. Anzitutto, la scarsa chiarezza del suo discorso intorno al carattere episodico o seriale dei reati di sangue da lui attribuiti ai «fondamentalisti» dell' ebraismo ashkenazita tardomedievale. Inoltre, l' impiego disinvolto di testi prodotti dalla controversistica cattolica del Sei o del Settecento, troppo spesso viziati da un pregiudizio antisemita. Ma è stato un altro l' argomento principale brandito dai critici di Toaff, sulla base del quale il libro è stato gettato alle ortiche della storiografia, o addirittura alla sentina dell' etica: l' autore avrebbe preso per buone, quali fonti a sostegno della sua tesi sulla reale occorrenza di omicidi rituali, testimonianze estorte agli imputati attraverso l' uso della tortura. Argomento in apparenza solido, e di sicuro effetto mediatico. Peccato che si tratti di un argomento tre volte pretestuoso. È pretestuoso perché Toaff stesso, lungi dall' ignorarlo, lo prende in conto ad ogni pagina del suo libro, salvo rispondere che a testimonianze di quel genere va riconosciuto un valore, ove se ne trovino riscontri in altre fonti dell' epoca. È pretestuoso perché non soltanto Pasque di sangue, ma molti altri libri importanti di storia religiosa del Quattro e del Cinquecento si fondano sopra fonti inquisitoriali identiche a quelle impiegate da Toaff: testimonianze estorte con la tortura, ma riscontrate mediante controlli incrociati. Ed è pretestuoso perché rimprovera a Toaff di avere fornito «indizi» anziché «prove»: quasi che lo studioso di crimini commessi sei secoli fa possa muoversi sulla scena del delitto con gli strumenti di un ispettore del Ris, trovando in un angolo la pistola ancora fumante, oppure anche meglio tracce organiche da sottomettere alla prova del Dna... Naturalmente, che qualcosa venga confessato sotto tortura non è una prova che quel fatto sia vero. Però, non è neppure una prova che quel fatto sia falso. Lo sanno bene gli aguzzini del ventunesimo secolo, che ancora si servono della tortura non solo per architettare teoremi accusatori o teorie del complotto, ma anche per estorcere ai seviziati informazioni utili circa attività passate, trame presenti, progetti futuri. Da questo punto di vista, escludere a priori che alcuni ebrei fanatici del Medioevo abbiano compiuto gesti omicidi, per il solo motivo che l' hanno confessato sotto tortura, è un ragionamento che dovrebbe offendere qualsiasi intelligenza. Di là dalla discussione di metodo sul libro di Toaff, avvilente è stato lo spettacolo offerto dagli intellettuali italiani in quanto comunità scientifica. Rare, rarissime sono state le prese di posizione in difesa della libertà della cultura, come quella ferma e forte di Piero Ignazi sul Sole-24 Ore. Abbondanti, abbondantissime sono state le reazioni scomposte e le denunce infondate. Colleghi che fino al giorno prima della pubblicazione di Pasque di sangue avevano condiviso con Toaff la direzione della maggiore rivista accademica sulla storia degli ebrei in Italia hanno improvvisamente scoperto che si erano seduti per anni accanto a un dilettante della storiografia, e lo hanno altamente proclamato sui maggiori giornali. Insigni studiosi hanno accusato Toaff di attentare, nientemeno, alla sacralità del Giorno della Memoria: suggerendo un nesso (introvabile, se non nel delirio dell' antisemitismo) fra quanto possa essere accaduto a Ratisbona o a Trento nel tardo Quattrocento e quanto è avvenuto in Europa al tempo della Shoah. Appena pochi giorni prima dell' uscita di Pasque di sangue, la preoccupazione per i rischi insiti nel principio di una «verità storica di Stato» aveva spinto un nutrito gruppo di studiosi a firmare un appello contro il progettato decreto del ministro della Giustizia Mastella, che elevava a reato la negazione della Shoah. Dunque, persino le farneticazioni di quanti negano l' esistenza delle camere a gas erano sembrate degne di tutela giuridica a quanti difendono un' idea di storia come libera ricerca sul passato. Mentre gli studi di un professore da tutti stimato fino a un mese fa, anni e anni di lavoro nelle biblioteche e negli archivi, anni e anni di confronto intellettuale con colleghi e studenti, gli hanno meritato da un giorno all' altro una reputazione infamante. Il fatto che Toaff sia stato lasciato solo ad affrontare la bufera scatenata dal suo libro spiega gli sviluppi successivi della vicenda. La minaccia pendente sul suo capo di perdere il posto di docente universitario in Israele. Il tentativo di alcuni colleghi dell' università Bar-Ilan di prenderne le difese, salvo arrendersi alle ragioni politiche della situazione israeliana e alle pressioni economiche della diaspora americana. Infine, l' abiura di Ariel Toaff: il libro ritirato dal mercato italiano; i diritti d' autore devoluti alla medesima organizzazione ebraica statunitense, l' Anti-Defamation League, che senza nulla sapere del contenuto del volume lo aveva dichiarato ignobile; le scuse presentate da Toaff agli ebrei d' Israele e del mondo. La morale dell' intera vicenda va tratta da un' intervista rilasciata a la Repubblica dal padre di Ariel, Elio Toaff. L' ex rabbino capo della comunità ebraica di Roma si è pubblicamente compiaciuto dell' abiura del figlio, salutandone il ritorno all' ovile del pensiero unico sulla storia dell' ebraismo. Un pensiero che non ammette neppure la possibilità che gli ebrei abbiano avuto una storia in comune con altri uomini e altre donne, i «gentili»: storia fatta di incontri e di scontri, di convivenza e di intolleranza, di rispetto e di odio. Un pensiero che ha bisogno di considerare gli ebrei come al di fuori dello spazio e del tempo: mai nel bene o nel male attori vivi della storia, ma sempre, comunque, unicamente personaggi disossati, agnelli sacrificali, vittime vittime vittime. «Non è parlando di sciocchezze come queste che si salvaguarda la vera essenza dell' ebraismo», ha dichiarato Toaff padre a proposito del libro del figlio. E si avrebbe voglia di replicare, al venerando rabbino emerito della comunità di Roma: «Maestro, siamo proprio sicuri che l' essenza dell' ebraismo si salvaguardi con l' interdetto etico e scientifico? Siamo sicuri che l' abiura alla quale suo figlio è stato obbligato non rappresenti, al contrario, una vergogna per gli ebrei così come per i gentili?».

Luzzatto Sergio

Pagina 31
(26 febbraio 2007) - Corriere della Sera

Davvero una brutta faccenda. Il fatto che in questo momento sia passato più di un anno e mezzo ci consente di fare un bilancio.


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3. Uno a mille. – In questo articolo di Sergio Luzzato un dat qui attrae la mia attenzione, un dato sul quale tornare a riflettere. A proposito di proporzioni sembrebbe che Netanyahu accetterebbe una scambio di Shalit con 1000 prigioneri palestinesi. Ebbene, in Gaza durante "piombo Fuso” è stata anche questa la proporzione dei: mille palestinesi uccisi per un soldato israeliano morto.

venerdì 26 settembre 2008

Capi di governo contro: 45. Mahmoud Ahmadinejad fatto passare per il genio del male

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Sembra ogni giorno più evidente il fallimento di una strategia ad un tempo politico-militare e mediatica per ripetere gli scenari delle guerre illegali e gratuite invasioni ad Afghanistan e Iraq. Come è stato ben osservato da Sergio Romano, l’Iran non ha mai fatto guerra a nessuno nel corso della sua storia, ma ha subito guerre da parte di altri. Nel 1953 fu imposto il regime dello Scià con un colpo di stato della CIA. Gli iraniani se ne sono liberati nel 1979. Dopo la rovinosa guerra americana all’Iraq, sobillata da Israele e costata milioni di morti e rovine irreparabili, sembrava oggettivamente rafforzato il ruolo dell’Iran, che incautamente era stato liberato dal suo nemico storico, l’Iraq, già alleato degli USA, quando si trattava di fare la guerra all’Iran. Era nella logica delle cose piuttosto che nelle ragioni della pace e della giustizia che una guerra all’Iran dovesse essere fatta. La preparazione mediatica ha avuto da noi il suo momento più basso nella manifestazione capitolina preparata da Antonio Polito, direttore de “Il Riformista” e da Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana. Ma il diavolo ci ha messo la coda! Dopo l’aggressione della Georgia alla Russia, con coinvolgimento acclarato di Israele, e dopo la terribile crisi economica degli Stati Uniti, non sembrano più attuali i piani di guerra meticosamente preparati e dati come di imminente attuazione su una Radio nostrana, altro luogo di abituale propaganda sionista. Cozzano contro il senso comune le strida israeliane davanti al paventato timore dell’atomica iraniana quando sfacciatamente la stessa Israele possiede da decenni un armamento atomico di cui non rende conto a nessuno e di cui nessun politico e governante sembra voler sapere. Tutta la montatura mediatica contro Ahmadinejad si va ritorcendo contro i suoi stessi ideatori. I problemi interni dell’Iran non sono più gravi di quelli dell’Italia o della stessa Israele, il cui regime “democratico” si basa su un apartheid sempre più difficile da negare. È altamente ipocrita indicare la situazione degli omosessuali o delle donne in Iran mentre in Israele impera l’apartheid, il razzismo, la pulizia etnica, mentre la vergogna di Gaza grida vendetta al cospetto di ogni dio.

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Sommario: 1. Il livore degli imbroglioni smascherati per tali. – 2. Le ramificazioni della lobby. – 3. Il realismo sionista di Peppino Caldarola. – 4. Israele fabbricante e fornitore di armi a terzi. – 5. Lo scudo di Giuliano. – 6. «Finché c’è guerra, c’è speranza». – 7. L’ottica coloniale di Fiamma Nirenstein. – 8. Gli interessi di Israele spacciati per interessi dell’Occidente. – 9. La pax americana. – 10. La prova provata: era pronto l’attacco!. – 11. Un ministro degli esteri patetico. – 12. L’isteria depurata di Deborah Fait sull’orlo del suicidio. – 13. Daniel Pipes in lutto. – 14. Il rabbino Cohen, il presidente Ahamadinejad e papa Ratzinger. – 15. Dialogo fra sordi. – 16. Romano Prodi a Teheran in visita da Ahmadinejad. – 17. L’«Olocausto» come illazione mitica e impossibile. – 18. Cosa vuolsi dimostrare? – 19.

1. Il livore degli imbroglioni smascherati per tali. – Andando al link si ha una successione di tre stelle sioniste. L’ineffabile madonna Fiammetta Nirenstein assurta al parlamento italiano per nomina fatta da Gianfranco Fini che l’ha messo in buona posizione nell’elenco bloccato delle candidature e non per elezione del popolo italiano che è stato condotto alle urne con una legge elettorale rifiutata dall’ex Congo Belga in quando giudicata antidemocratica. Inutile cercare argomenti nell’articolo. Vi è soltanto del livore per calcoli e mire andate a vuoto. Almeno così sembra, non potendo mai essere tranquilli con lo scellerato bisogno sionista di nuove guerre. Segue un editoriale del “Foglio”, sede abituale delle incursioni mediatiche sionsite. E per la comica finale troviamo uno scritto della aipacchiana Peppina Pristed che da New York allunga le mani sull’Italia e su Piazza del Campidoglio, dove uno sparuto gruppo di ebrei romani aveva sperato in un’imminente guerra dell’Occidente contro l’Iran. Si attarda sulla stessa linea l’articolista de “l’Opinione”, altra testata di ordinaria propaganda sionista.

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2. Le ramificazioni della lobby. – Adesso, a fine settembre, non si parla più di imminente attacco degli USA all’Iran. Si lascia intendere che un simile attacco potrebbe essere condotto dalla sola Israele. Non sonon certo io a poter vedere nella palla di vetro gli eventi che saranno. È però lecito ripercorrere a ritroso le voci di quanti avevano dato per certo, imminente, auspicabile, doveroso un nuovo intervento militare contro un paese di 70 milioni di abitanti con lutti e conseguenze incalcolabili. Quanti occhi per vedere o per leggere e informarsi posson ben sapere quale è stata la storia del Medio Oriente particolarmente negli ultimi decenni. È istruttivo leggere tra le righe i desideri di quanti avevano puntato sulla guerra proprio ieri. Il signor Elkan di cui al link credo sia il signore che per la prima e unica volta mi è capitato di vedere e ascoltare in un centro culturale della comunità ebraica romana, dove ero stato invitato da un amico che presentava qui un suo libro. Mi è stato poi spiegato che Elkan è un ricchissimo ebreo imparentato con gli Agnelli, i noti fabbricanti di automobili. La sciocca “lettera aperta” richiama la mia attenzione per un solo aspetto che è il seguente: costoro si rivolgono apertamente al signor Elkan in quanto proprietario o manager della Fiat perfettamente in grado e di valutare la situazione internazionale insieme con la convenienza economica di una fabbrica di automobili, spesso assistita dal contribuente italiano, oppure si rivolgono al signor Elkan in quanto ebreo facente parte di una lobby i cui interessi possono essere diversi da quelli della FIAT e del popolo italiano? Ho solo espresso un dubbio, pur sapendo che non mi sottrarrò alla consueta accusa di antisemitismo.

3. Il realismo sionista di Peppino Caldarola. – L’articolo vuole essere una critica di un qualche livello alle analisi di Sergio Romano riguardo la Russia, l’Iran, il Medio Oriente. È un testo contorto che non regge il confronto con la limpidezza argomentativa di Sergio Romano. Quello che si può capire che per Caldarola la NATO può ben spingersi fino alla Piazza Rossa, magari finanziando il dissendo dei dissidenti moscoviti ed aprendo uffici della CIA nella stessa Mosca. Tutto questo con il plauso degli stessi russi che non aspettano altro che di essere pure loro liberati da un’armata NATO supportata da forze israeliane. Questo sarebbe il realismo di Caldarola. Quanto al Medio Oriente deve condursi a termine un addomesticamento di tutta l’area in modo eguale a come è stato fatto per l’Europa, che ha poi visto sorgere fra il suo ceto politico personaggi come lo stesso Caldarola o una Fiamma Nirenstein messa in parlamento da Fini per celebrare la sua conversione democratica sulla via di Damasco. L’articolo che abbiamo qui riportato ha lo scopo di dare una documentazione di tutte le forse politiche che erano pronte ad applaudire alla nuova guerra su due fronti: quello georgiano in funzione antirussa e quello iraniano ispirato da Israele. Tutti costoro vogliono trascinarci in guerra, chiamando libertà la sudditanza all’America delle Lobbies e democrazia l’esportazione dei nostri vizi.

4. Israele fabbricante e fornitore di armi a terzi. – Colte con le mani nel sacco, cioè a fornire armi e addestramento alle truppe georgiane, sarebbe stato ben strano che la Russia applaudisse. Leggiamo quindi della Russia che fornisce armi alla Siria. La risposta di Israele – secondo il Foglio – sarebbe una ulteriore intelligente mossa consistente nel fornire armi all’India, evidentemente in funzione antirianiana. Senza nessuna pretesa di essere degli analisti, noi qui leggiamo un ruolo di Israele sempre volto a fomentare guerre in ogni angolo del globo. Israele è nata sulla guerra, dalla prima guerra mondiale in poi, e solo sulla guerra riesce a sopravvivere e prosperare. In un mondo che cerca la pace Israele ha solo interesse alla guerra, per assicurare cosi – si dice – il suo sacrosanto diritto all’esistenza, speculare alla non esistenza dei suoi vicini arabi.

5. Lo scudo di Giuliano. – Si segnala l’articolo del 19 agosto scorso a documentazione del clima di attesa per un agognato imminente attacco all’Iran. Vi è da comprendere che chi intende attaccare non dice mai “ti attacco”, ma fa ricadere la responsabilità dell’aggressione sullo stesso aggredito. La favola del lupo e dell’agnello rivela qui la sua perenne attualità.

6. «Finché c’è guerra, c’è speranza». – I «Corretti Informatori» devono essere proprio un branco di idioti. Non è un insulto perché si ritorce su me stesso che dedico tanta attenzione e tempo a simili idioti. Non si rendono conto o non vogliono rendersi conto delle implicazione di un coinvolgimento di Israele nelle faccende georgiane. Anzi, ne menano pure vanto. Ho più volte tracciato una storia del sionismo come sempre connessa ad una guerra di aggressione. I capi sionisti hanno potuto accrescere nel tempo la loro influenza inserendosi abilmente nelle guerre degli uni contro gli altri e cambiando fronte a seconda delle convenienze del momento. Ad esempio, hanno incominciato con il favore dell’Inghilterra per poi terminare con l’attentato al King David Hotel. Ma le implicazioni georgiane rischiano di vanificare quell’opera di infiltrazione e condizionamento dei mass-media di cui stranamente già si parlava nel falsi Protocolli, che per questo particolare aspetto ha indotto Gianni Vattimo all’uscita che poi gli è stata rinfacciata fra gli altri anche da Massimo Cacciari, di cui ricordo il sorrisetto televisivo. Non so quanto Massimo fosse effettivamente informato del contesto filologico della poco diplomatica dichiarazione di Vattimo. Ma adesso diventa sempre più chiaro quanto gli interessi israeliani siano legati a scenari di guerra. Il vero pericolo non è l’Iran, ma Israele con tutto il suo arsenale militare. È da qui che occorrebbe incominciare il disarmo!

7. L’ottica coloniale di Fiamma Nirenstein. – Io non so dire quanto il mutamento dello scenario globale dopo l’8 agosto, cioè l’invasione georgiana in funzione antirussa, fosse stato previsto o fosse almeno prevedibile o se sia stato un evento che ha colto tutt di sorpresa, comuni cittadini e capi di governo. In quanto comune cittadino che cerca di tenersi informato sulle cose del mondo io temevo una guerra imminente all’Iran sul modello di quella mossa da Bush all’Iraq. Una guerra che mi ha commosso profondamente non già perché parteggiassi da una parte piuttosto che per l’altra, ma perché mai come prima una guerra mi era parsa così evidente in tutta la sua stupidità e disumanità. Giustamente, una giornalista dell’«Avvenire», Laura Bosio, ha commentato che in una guerra non vi sono mai vincitori: l’eterno conflitto israeliano-palestinese, la moderna guerra dei Cento Anni – come ha detto giustamente Sergio Luzzatto in contradditorio con madonna Fiammetta – sta a dimostrarlo. Quanto più i sionisti – o come meglio altro si possono definire quegli uomini assetati di sangue che con ferocia determinazione hanno incominciato ad invadere ed occupare la Palestina fin dagli inizi del secolo scorso – invocano le loro ragioni, il loro diritto all’esistenza tutto fondato sulla negazione dell’altrui diritto a vivere nella casa in cui è natto tanto più convincono del loro torto, anche se vincono le guerre in forza delle loro armi superiori e dei loro potenti alleati. Nell’articolo di madonna Fiammetta, per nostra disgrazia messa nel parlamento italiano anziché nella Knesset, una sola frase, la prima, merita tutta la nostra attenzione: «Nel mondo arabo l’opinione pubblica tiene per Putin e non per la Georgia». Il resto dell’articolo non attira la nostra attenzione e non siamo disposti a spendere altro tempo per un’analisi. È da aggiunere, per quanto posso giudicare, o per quanto mi riguarda, che anche in Italia e in Europa l’opinione pubblica tiene per Putin anziché per la Georgia che con totale irresponsabilità ha pensato di poter trascinare in guerra il mondo. Chi ha studiato un po’ di storia ricorda come l’Europa precipitò in una guerra che costò lutti infiniti per un semplice attentato a Serajevo nell’estate del 1914. Il mondo non è diventato più sicuro quando è finita la guerra fredda. L’unica superpotenza rimasta ha creduto di poter dettare la sua legge al mondo, chiamando il suo arbitrio, il suo capriccio, con il nome di diritto umano, giustizia, libertà e cose simili aa cui solo ingenui o persone interessate potevano dare il minimo credito. Quanto al timore dei vicini arabi dell’Iran per una egemonia iraniana credo poco. E comunque non resterebbe loro altra scelta che di vivere in un mondo non più arabo, ma americanizzato e dato in gestione a Israele. Se vivessi in quelle disgraziate lande, non mi sentirei allettato da questa prospettivo. Sono e resto un italiano ed un europeo con unica lealtà e fedeltà e ritengo che l’interesse dell’Europa intera stia in una politica di pace e di proficui scambi con tutto il mondo arabo-musulmano e con la Russia che deve essere aiutata (non circuita) nel suo processo di mutamento istituzionale endogeno. Non ritengo che la guerra che ha distrutto l’Europa sia stata un bene, una “liberazione”. Proprio l’esempio della Russia da una parte e della Cina dall’altra dimostrano che le forme di governo possono mutare secondo i desideri dei cittadini, mentre la sconfitta bellica con conseguente perdita della propria libertà ed autonomia sono mali irreparabili. Gli arabi evidentemente non ne vogliono sapere del destino europei. Non so dare loro torto. Se veramente si consoliderà nel tempo una nuova contrapposizione USA-Russia, dovrebbe essere questa per noi l’occasione per recupera una nostra autonomia e per svolgere una vera politica di pace, incompatibile con l’allenza USA-Israele.

8. Gli interessi di Israele spacciati per interessi dell’Occidente. – Alla data del 16 agosto non er ancora emersa la crisi interna americana. Madonna Fiammetta, forse istruita dal Mossad, agita lo spauracchio di un possibile intervento militare della sola Israele, giacché l’Occidente cieco non è capace di agire. Alla follia sionista non vi è limite e tutto è possibile. Ma per chi ha interessa solamente alla pace vi è poca differenza. Se propria guerra deve essere, è sempre meglio che sia la sola Israele a muoverla e ad assumersene da sola e per intero la responsabilità anziché trovarci tutti coinvolti in un guerra dalla possibile degenerazione planetaria per gli esclusivi interessi di Israele che fino ad oggi ha sempre lucrato sulla guerra fatta da altri contro altri ed entro le quali ha tratto vantaggi infiniti.

9. La pax americana. – L’unica cosa che trovo interessante e convincente in questo articolo è la tranquilla ammissione dell’esistenza di un disegno di “pax americana”. Questa disegno è anzi dato come un presupposto di ogni agire politico da un decennio a questa parte. Una “pax americana” molto simile a quella che abbiamo conosciuto in Europa nel 1945 e che ha visto il continente diviso in condominio fra i vincitori e con regimi fantoccio dall’una e dall’altra parte. Per molti è una situazione accettbile e gradevole. Non pare però che in Medio Oriente sia possibile e gradita una simile soluzione. E noi europei faremmo bene ad interrogarci sulla nostra attuale condizione politica. Una pace duratura non può mai essere quella dettata da un vincitore, ma deve nascere dalla libera scelta dei popoli.

10. La prova provata: era ponto l’attacco!. – Quello che si sentiva nell’aria e che tizi come Bordin ci bisbigliano per radio è finalmente giunta. L’isteria dei “Corretti Informatori” non sa dire altro che la notizia è falsa ma non spiega perché sarebbe falsa. Come se un’aggressione all’Iran non fosse mai stata nei loro desideri! Forse ciò che non si vuole ammettere è lo scorno delle valutazioni di Bush circa le probabilità di successo di un attacco condotto dalla sola Israele con il veto americano. Ciò che si dimostra è che veramente, come dice Ahaminejad, Israele è destinata a scomparire dalla carta geografica senza il determinante appoggio americano ed europeo. Il “miracolo economico” israeliano non sarebbe mai stato possibile senza l’immenso flusso di denaro dall’Europa e dall’America. Il link a IC si chiude con la solita paranoia dell’«istigazione all’odio contro Israele» di cui però questo volta è assai difficile capire in cosa consista. La notizia è ripresa e riportata anche da altre testate con nuovi particolari: asca,

11. Un ministro degli esteri patetico. – Non ricordo un peggiore ministro degli esteri. L’animus di Frattini è ben noto. Le sue frequenti esternazioni senza sfumature ci consentono di capire l’uomo e le sue risorse intellettuali. Malgrado la presunzione sa però di non essere onnipotente e di rappresentare uno stato che è una nullità politica, già detto lo stato delle tre S, a fronte delle due S di infelice memoria. La situazione internazionale con la sua forza cogente delle cose sta lentamente costringendo il ministro italo-sionista ad una marcia indietro dai suoi propositi manifesti. Ne viene fuori un’immagine di doppiezza morale e di scarso senso dello stato e della dignità nazionale. Decisamente il più stupido ed il peggiore dei ministri che l’Italia abbia mai avuto a memoria di chi scrive.

12. L’isteria depurata di Deborah Fait sull’orlo del suicidio. – Ormai sono convinto che testi come quelli che si possono leggere andando al link debbano interessare principalmente i manuali di psichiatria. Tuttavia essendo Deborah Fait certamente un personaggio rappresentativo della fauna sionista vogliamo fare un insolito esperimento. Depuriamo dal suo stesso testo le parole che indicano dati di fatto che la stessa Boccuccia di Rosa ammette esser tali. Tralasciamo le esternazioni isteriche che riguardano lei stessa e solo lei. Ecco cosa ne viene fuori:
«Le parole di Ahmadinejad sono state applaudite. Il mondo intero, rappresentato all’ONU, ha applaudito Ahmadinejad… Il mondo intero ha applaudito Ahmadinejad, le femministe preferiscono scrivere contro Israele, se proprio devono dare segni di vita. Due ambasciatori soltanto si sono alzati e sono usciti quando Ahmadinejad ha incominciato a parlare: Israele e USA. Tutti gli altri sono rimasti ad ascoltarlo affascinati e alla fine il boato degli applausi etc. Il momdo è cambiato. Ahmadinejad non urla, lui parla calmo e tranquillo e pacificamente dice alla platea delle Nazioni Unite che i sionisti sono il male del mondo. I rappresentanti delle nazioni presenti si spellavano le mani nell’ovazione che ne è seguita. Erano sani di mente? qualcuno li aveva pagati? qualcuno li aveva costretti? no, pare che gli applausi fossero spontanei, pare che a nessuno desse fastidio un rappresentante che etc. Nessun fastidio, nessun imbarazzo, anzi se lo sono coccolato. Ha riscosso grande successo a New York, è stato ospite d’onore ad una cena al Manhattan Hotel e infine abbiamo visto un Larry King spalmarsi per terra davanti al suo ospite».
Boccuccia di Rosa si consola poi con un altro personaggio, tal Paul McCartney, da me mai sentito nominare, non seguendo per nulla il genere. Lo lascio a Boccuccia di Rosa: tutto per lei.

13. Daniel Pipes in lutto. – Sono rimasti scornati tutti gli ideologi che avevano spinto al massimo i loro polmoni per convincere ad una nuova ancora più disastrosa guerra in Medio Oriente, questa volta contro l’Iran, un paese che non ha mai mosso guerra a nessuno. La gente comune, soprattutto in America, sembra però aver capito di essere stata portata al fallimento da una politica di continue guerre in tutto il mondo. Per tentare di darsi una ragione della sua frustrazione Daniel Pipes risale indietro nel tempo con ricostruzioni storiche fantasiose. Mah! È patetico e ci fa quasi pena. Chissà che non vada a consolarsi nelle braccia di Deborah Fait, se ha tanto stomaco.

14. Il rabbino Cohen, il presidente Ahmadinejad e il papa Ratzinger. – Non entra nel campo della mia ricerca la politica mediorientale del Vaticano. I miei sospetti sono che il Vaticano teme la crescita numerica della presenza musulmana in Europa e gli ostacoli politici al proselitismo cattolico nei paesi a prevalente religione islamica. Cerca per questo un’alleanza con Israele in quanto braccio armato degli USA. Il calcolo politico potrebbe essere un arresto della diffusione in Europa dell’Islam ed una ripresa della penetrazione cattolica in paesi “liberati” come l’Iraq, l’Afghanistan e l’Iran. Per una simile politica è d’obbligo un’alleanza con Israele passando tranquillamente sopra duemila anni di storia. A questo scarso senso della storia il cattolicesimo ci ha abituato: oggi esattamente il contrario di ieri, ma ciò era scritto e non vi è nessuna incoerenza, nessun opportunismo, nessuna ipocrisia. La Chiesa che appena l’altro ieri aveva condannato la libertà di coscienza e di religione, oggi la rivendica per se stessa, magari contro il laicismo o altre religioni. Ma non tutte le ciambelle escono con il buco e le dichiarazioni del rabbino Cohen, appena dopo la stretta di mano, si fanno beffe della diplomazia apostolica. Quanto poi al rabbino mi sembrano confermate le impressioni che ricavo dalla lettura in corso del libro di Curzio Nitoglia: Dal giudaismo rabbinico al giudeoamericanismo. Il problema dell’ora presente. Il rabbino era inizialmente un laico, sensibile alle cose politiche e agli affari. Non mi pare che oggi le cose stiano diversamente e che si debba considerare un rabbino diversamente da un capo politico, che con Cohen va subito al sodo mettendo i piedi sul tavolo:
Il rabbino di Haifa chiede aiuto all’assemblea dei vescovi cattolici: “Speriamo di ottenere il vostro aiuto come Capi Religiosi, così come l’aiuto di tutto il mondo, per proteggere, difendere e salvare Israele, unico e solo stato sovrano del “Popolo del Libro” dalle mani dei nemici esterni”. E ha aggiunto, lasciando il testo scritto: ''Ciò che è accaduto una volta non deve accadere mai più, il mio essere qui con voi mi fa sentire che possiamo aspettarci il vostro aiuto e che l'autorevolezza del vostro messaggio sarà ascoltata da tutte le persone influenti nel mondo''. (Fonte)
Di religione è meglio qui non parlare. Il fatto che il rabbino Cohen si sia principalmente preoccupato di attaccare Ahmadinejad la dice lunga sulla valenza religiosa dell’ebraismo “dell’ora presente”. Naturalmente Ahmadinejad non dice propriamente le cose che gli attribuiscono, ma parla di implosione di Israele nel momento in cui gli venissero meno gli appoggi dell’Occidente, Vaticano compreso. Tra la rozzezza ebraica ed il cinismo dell’odierna politica vaticana non saprei decidermi a chi dare la palma.

15. Dialogo fra sordi. – Se si legge la lettera “indignata” che un lettore ha voluto inviare a Sergio Romano, il quale ha avuto buon gioco a pubblicare una simile lettera, e poi si legge anche il corretto “commento” che contiene una abituale solfa. Lucida come sempre la risposta di Sergio Romano. Da notare l’attacco all’ONU che serve solo per essere invocato quale principale fonte di legittimazione dello Stato di Israele, ma che per tutto il resto è delegittimato. Un curioso modo di procederere, ma la logica non è un requisito necessario della propaganda.

16. Romano Prodi a Teheran in visita da Ahmadinejad. – Non ho mai avuto simpatia per prodi e non sono mai stato un suo elettore. Mi è però difficile immaginarlo come un esagitato, un estremista, un bombarolo, un esaltato. La sua immagine è oggettivamente tanto improntato a bonomia e senso comune, financo buon senso, da avergli meritato l’impietoso appellativo di mortadella. Eppure quest’uomo non ha esitato in un atto di elementare saggezza di cui non sono stati capaci uomini della sua stessa parte politica, come Bellini (almeno credo) che era invece invece presente a piazza del Campidoglio per insolenentire il capo di stato iraniano venuto per la riunione alla FAO. Il nostro presidente Berlusconi – da me votato – non ha invece voluto ricevere Ahmadinejad, probabilmente per ubbidire a frangie della sua vasta coalizione, la cui compattezza ben valevano una scortesia ad Ahamadinejad, che però ha tenuto la sua corte all’Hotel dove alloggiava, ricevendo imprenditori italiani e perfino un rappresentante della mia università. È curioso notare come adesso sia il predecessore di Berlusconi, cioè l’ex-presidente del consiglio Romani Prodi che rende visita ad Ahmadinejad in Teheran senza ricevere le scortesie e le villanie che la classe politica italiana gli ha riservato. I «Corretti Informatori» che hanno imperscrutabili criteri per raffazonare la loro rassegna, giustificando i loro riassunti stampa con la disponibilità o meno del testo su internet, hanno qui omesso un testo che era invece reperibile:
Da “Il Messagero” di Mercoledì 15 Ottobre 2008. p. 16.

TEHERAN - L'Iran «deve svolgere un ruolo importante» per favorire la distensione nella regione mediorientale, consapevole delle sue responsabilità. È quanto ha sottolineato ieri l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi incontrando a Teheran la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, che da parte sua ha accusato l'Occidente per la sua politica «coloniale» del passato e ha insistito sulla «lotta contro la tirannia». Prodi, che è a Teheran per prendere parte ad una conferenza sul dialogo tra religioni e civilizzazioni promossa da una fondazione diretta dall'ex presidente riformista Mohammad Khatami, è stato ricevuto da Khamenei insieme ad altri partecipanti all'iniziativa. Tra i presenti, l'ex presidente portoghese Jorge Sampaio, che oggi è Alto rappresentante dell'Onu per l'Alleanza delle civilizzazion.
Khamenei ha esordito dicendo che il dialogo tra Occidente e mondo islamico è «importante e necessario». Ma poi ha affermato che all'origine delle tensioni attuali vi sono le passate politiche coloniali dell'Occidente e ha aggiunto che ancora oggi ci sono governi che «vogliono saccheggiare i diritti delle nazioni e avere il dominio nel mondo, come quelli del passato». Di fronte a «coloro che opprimono i popoli della Palestina e dell'Iraq l'unica azione efficace è la lotta contro la tirannia», ha aggiunto la Guida iraniana. Prodi, che lunedì sera aveva incontrato il presidente Mahmud Ahmadinejad insieme ad altri partecipanti alla conferenza, tra cui l'ex segretario generale dell'Onu Kofi Annan, ha invece sottolineato che, proprio in considerazione della delicata situazione sullo scacchiere regionale, «l'Iran ha oggi responsabilità che non aveva in passato», e quindi «ha un obbligo politico e morale di fronte a tutta l'umanità di usare questa posizione in modo costruttivo».
Il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ricevendo lunedì l'ex presidente del Consiglio italiano Romano Prodi, ha detto che «non vi sarà pace nel Medio Oriente fino a quando le forze americane vi rimarranno presenti. «La pace e la stabilità nella regione saranno possibili solo dopo il ritiro delle forze straniere dal Medio Oriente», ha affermato Ahmadinejad. Il presidente iraniano ha parlato anche di Israele. «Il regime sionista - ha affermato Ahmadinejad - commette da 60 anni crimini contro i palestinesi, e questo problema non potrà essere risolto fino a quando le terre palestinesi saranno sotto occupazione e vi saranno 5 milioni di profughi».
Evidentemente non sapevano che commenti fare, quali diffamazioni e mendaci inventarsi. La visita di Romano Prodi è la prova del nove che tutta la campagna denigratoria contro Ahmadinejad era soltanto una prova generale mediatica per una nuova aggressione ad uno stato mediorientale, dopo l’Afghanista e dopo l’Iraq per non parlare del Libano. L’eplodere della crisi economica ed il crollo di tutte le borse sembra fortunamente avere smorzato i tamburi di guerra. Le frasi di Romano Prodi non sono di circostanza, ma corrispondono veramente alla realtù dei fatti per i quali si apre per l’Iran, beninteso a determinate condinazioni, la possibilità per un ruolo distensivo in Medio Oriente. Per una volta tanto posso indulgere con la mia vanità dicendo di aver anticipato Romano Prodi in questo giudizio, rispondendo in eguale senso in una mia intervista rilasciata la settimana scorsa alla radio iraniana in lingua italiana.

17. L’Olocausto come illazione mitica e impossibile. – Le dichiarazioni di Ahmadinejad sono una salutare provocazione intellettuale nei confronti di quanti pensano che la verità storica possa essere stabilita per legge ed imposta con il carcere duro nonchè con quella stessa emarginazione sociale e civile, per la quale vengono appunto accusati i nazisti verso gli ebrei ed altri gruppi. L’osservazione elementare è la seguente: ma voi con i cosiddetti “negazionisti” non dimostrate la stessa intolleranza e illiberalità che contestate ai nazisti e ai fascisti? La cifra generale per interpretare il sionismo è l’analisi puntuale di tutto ciò che ha fatto nell’arco della sua storia e la comparazione con ciò che è stato il nazismo nei suoi sparuti dodici anni di esistenza. In questo senso, e solo in questo senso, anzi potremmo dire in un senso tutto hegeliano per cui ciò che irrazione è anche irreale, se ne può concludere che lo stato di Israele, così come oggi strutturato, non ha avvenire. Non c’è bisogno di inventarsi una distruzione atomica di quella che resta la Palestina, dove non vi sarebbero superstiti. La cancellazione dalla carta geografica come risultato di un attacco nucleare da parte dell’Iran è un’assoluta fandonia. Di distruzioni vere e di vere cancellazione dalla carta geografica ne ha invece fatte Israele, dal 1948 in poi, distruggendo la maggior parte dei villaggi palestinesi, cancellandone perfino il nome e facendo di tutto per farlo dimenticare. Fanno loro che che imputano ad Ahmadinejad.

18. Cosa vuolsi dimostrare? – Che New York è la città americana con più alta concentrazione ebraica, dove la Israel lobby ha il suo massimo potere, la sua massica capacità di infulenza. Non mi stupirei se la proprietà degli alberghi che si sono rifiutati di alloggiare Gheddafi e Ahmadinejad fosse ebraica. E dire che poi gli stessi si lamentano, con Alemanno a far da portabandiera, quando in Roma si fa boicottaggio contro il turismo in Israele. Qui si tratta di invitare, di proporre a chi ignorando la realtà vuol andare a fare vacanza in una città dome Tel Aviv, costruita in buona parte sui villaggi palestinesi distrutti, sulle rovine dell’antichissima Giaffa, ben più nobile per antichità delle centanaria Tel Aviv. In New York sono invece gli alberghi ebraici che negano ospitalità pagante ai loro clienti. “Due pesi, due misure». La “corretta” titolazione è quanto mai equivoca. Sembrerebbe a leggere dal titolo che a due capi di stato fosse stato inibito l’agibilità in una città che ospita il palazzo dell’ONU. Invece si tratta del rifiuto di fornire pernottamente da parte di alcuni grandi alberghi, presumo di proprietà ebraica. In fondo, persone semplici come Ahmadinejad e Gheddafi possono ben pernottare nelle loro ambasciate, facendo risparmiare soldi ai loro concittadini. Non tutto il male vien per nuocere.

19. Il diavolo che sfugge di mano. – Si può notare nel commento hasbarota una visibile stizza per l’intervista di Ahmadinejad che compare in traduzione italiana, di proprietà dell’Ing. De Benedetti, per questo irriso, ma dimenticando forse che anche lui è un “ebreo”, se non andiamo errati. E dunque anche lui sarebbe “antisemita”, magari della speciale categoria degli “ebrei che odiano se stessi”. In realtà, l’intervista appare assolutamente equilibrata e convincente agli occhi di chi non è pregiudizialmente prevenuto, come i sionisti e le loro associazioni, anche locali. La propaganda sionista ha puntato sull’assoluta demonizzazione di Ahmadinejad e dell’Iran come presupposto per scatenare una guerra che in Iraq è già costata oltre un milione di vittime e tremila miliardi di dollari. Che il solo stato veramente e concretamente interessato alla guerra sia Israele è cosa di cui nessun può ragionevolmente dubitare. L’affanno per un’atomica che l’Iran non ha mentre Israele la possiede è cosa che sfugge a qualsiasi logica razionale. L’ordine che Netanyahu ha impartito ai suoi “amici” – fra cui disgratamente anche l’Italia di Frattini – di non assister al discorso di Ahmadinejad all’ONU è stato raccolto da 12 stati, Israele compresa, su quasi 300 rappresentati nell’Assemblea generale. Vuol dire che il mondo non crede alla favola imbastita da Israele che si ostina a voler tentare di far credere che gli interessi di Israele siano gli interessi dell’Occidente: è esattamente il contrario e questa verità si fa lentamente strada anche sull’Espresso, di proprietà dell’«ebreo» De Benedetti.