domenica 31 luglio 2011

Gilad Atzmon: «De-Sionizzazione Subito !»

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Molto è stato scritto sugli attacchi di Oslo e molto è stato speculato sulla figura dell’unico attentatore noto. Ma direi che siamo appena all’inizio delle ripercussioni e discussioni che risulteranno da questo attentato che per la prima volta in almeno un decennio viene attribuito non a ‘terroristi islamici’ ma ad un fanatico sionista filo-israeliano occidentale - che secondo gli esperti è stato manipolato e sfruttato dai ‘mandanti machiavellici’ per gli scopi di ordine geo-politico imperialista che sono sotto i nostri occhi ogni giorno - o perlomeno sotto gli occhi di chi le vede tutti i giorni le guerre e i furti delle risorse altrui.


Nell’articolo che segue, Gilad Atzmon fa notare che i media di massa si rifiutano, tuttavia, di affrontare l’aspetto fondamentale che emerge dall’analisi della figura di Breivik e delle ideologie al quale il terrorista si è ispirato: il razzismo islamofobico unito al fanatismo sionista pro-israeliano.


L’articolo è da leggere attentamente, perché Gilad Atzmon solleva tutti gli interrogativi giusti e denuncia una certa corrente ideologica nei media britannici che la fa sempre franca con il suo linguaggio violento e razzista, come quello della giornalista sionista che da Atzmon viene commentata.
Leggendo l'articolo non sfugge certo l'analogia con la realtà italiana, dove i media danno spazio senza limiti agli stessi personaggi sionisti che rivendicano per sé il diritto di odiare gli altri, mentre attribuiscono del tutto gratuitamente 'odio' ai loro oppositori avanzando la pretesa che vengano sanzionati penalmente.

Nella parte finale Atzmon fornisce la spiegazione per un fenomeno che osservo da tempo, ma non sono mai riuscita a formulare in modo razionale: perché si vedono oggi sfilare negli stessi cortei, fianco a fianco (perlomeno a Londra) gli esponenti e i simboli dei filo-nazisti, dei filo-israeliani/filo-ebrei e dei cristiani fondamentalisti?


«De-Sionizzazione Subito !»

di Gilad Atzmon

«L’immigrazione è stata un tentativo politicamente motivato, da parte di certi ministri, per trasformare la struttura e identità di base di questo paese (Gran Bretagna). E’ stato fatto per distruggere il diritto del popolo britannico a vivere in una società in cui i cittadini sono accomunati dalla stessa religione, storia, legge, lingua e tradizione».
Queste le parole di Melanie Phillips, citate dal pluri-omicida Anders Behring Breivik nel suo manifesto.

[Per la cronaca, Melanie Phillips è una giornalista e scrittrice sionista britannica, di corrente cosiddetta conservatrice, spesso interpellata per commenti sul canale di news americano di Murdoch, Fox-News, noto per il linguaggio di chiara ideologia ultranazionalista, imperialista, neo-con/sionista. Ma di seguito Gilad Atzmon è più specifico nel descrivere la giornalista per quello che rappresenta – n.d.t.]

Melanie Phillips, una sionista fanatica e autrice del libro Londonistan: How Britain is Creating a Terror State Within – [o meglio, “Londranistan: come in Gran Bretagna stia nascendo uno Stato del Terrore”], non è contenta del fatto che Anders Breivik le abbia dedicato particolare attenzione nel suo manifesto di 1.500 pagine – questione resa pubblica e oggetto di critiche. «Vogliono forse insinuare che i miei scritti abbiano ispirato l’uccisione di massa in Norvegia?» chiede giustamente la Phillips nel suo blog.

Penso proprio che la Phillips sia ben consapevole della risposta e della propria abilità di giocare con le parole. Ma colgo qui l’opportunità per reiterare tale risposta, per lei e per tutti noi: è senz’altro evidente la chiara e forte somiglianza tra le vedute di Breivik e gli scritti della Phillips. Il parallelismo più immediato è l’opposizione di entrambi all’immigrazione islamica e al multiculturalismo, ma va molto più in là nel senso che entrambi identificano il nemico all’interno del ‘circuito politico di sinistra’.

Breivik cita ad esempio il pensiero della Phillips sulle politiche della sinistra britannica in merito all’immigrazione: «Sono politiche che distruggono per sempre l’essenza della cultura britannica, sostituendola con un’identità multiculturale».

Vorrei subito chiarire, che non penso le inclinazioni omicide di Breivik siano state indotte dalla Phillips. E riconosco senz’altro alla Phillips il diritto ad esprimere le proprie opinioni. Ma è certo ragionevole sospettare che la Phillips, insieme ad altri, possa avere contribuito ad ispirare Breivik sul piano ideologico e spirituale.

Nel suo post [in cui si lamenta per essere stata presa di mira in quanto citata nel manifesto di Breivik] la Phillips commenta: «le forze dell’astio, della malignità e della virulenza si sono scatenate (nei media liberali) in una terrificante manifestazione di irrazionalità». E’ chiaro tuttavia che sia del tutto razionale e legittimo elaborare sull’eloquente somiglianza tra le esternazioni di Breivik e quelle della Phillips.

I media ebraici in Israele e nel mondo, mostrano di essere del tutto consapevoli di quanto sia profondamente inquietante il fatto che Breivik abbia tratto ispirazione dalle ideologie di destra associate con Israele e il sionismo. Il JTA (The Global News Service Of The Jewish People) si è precipitato ad ammettere che tanti scritti nel web – compresi quelli di Breivik – attaccano «un miscuglio di princìpi anti-moderni» che invocano «la deportazione di tutti i musulmani dall’Europa, dalla Palestina e dalla Striscia di Gaza.» Che ci piaccia o no, questo ‘miscuglio’ di ‘islamofobia globale’ ed di espansionismo israeliano è la vera faccia del sionismo contemporaneo e dell’ideologia israeliana.

Ma esiste un ulteriore aspetto che i media finora non hanno affrontato. Com’è che Melanie Phillips possa farla franca nel promuovere e spargere apertamente tra noi la sua volgare islamofobia? Com’è che lei e gli altri sionisti ricevono pubblico consenso, laddove invece la EDL e la BNP (movimenti politici cristiani fondamentalisti ultranazionalisti) non riscuotono affatto simpatie? E perché la Phillips è una celebrità, mentre il leader del partito di estrema destra BNP Nick Griffin è pubblicamente considerato un vile razzista, e un paria sociale?

Altrettanto mi chiedo: che passava per la mente degli editori del giornale britannico ‘progressista’ The Guardian quando nel 2005 hanno nominato il blog Sionista, Islamofobico, Filo-Bellico ‘Harry’s Place’ come uno dei loro blog politici preferiti ? Mentre guarda un po’, nello stesso periodo il blog Harry’s Place vinceva il ‘Premio Annuale dell’Islamofobia’ all’interno della sezione britannica della Islamic Human Rights Commission.

Credo che la risposta sia devastante: all’interno del nostro contesto culturale cosiddetto liberal-democratico e definito ‘tollerante’ sono soltanto gli ebrei, di destra, ad avere il diritto a spargere odio e xenofobia.

Ma ciò non è affatto sorprendente. Perché a differenza degli occidentali contemporanei, per niente contenti di quell’eredità coloniale che trova espressione in nozioni come nazionalismo, razzismo, espansionismo, determinismo biologico, religione ed etno-centrismo – Israele e il Sionismo in effetti celebrano tutti questi sintomi, apertamente. Non sorprende affatto, quindi, vedere sventolare le bandiere israeliane e i simboli ebraici nelle manifestazioni di estrema destra (comprese quelle dei neo-nazisti) – perché Israele a quanto pare fa sembrare lecito il razzismo.

La scioccante somiglianza ideologica tra gli ideali del temibile pluri-omicida Breivik e i sostenitori del Sionismo con voce nei media mainstream, come Melanie Phillips, Daniel Pipes, David Horowitz, e Harry’s Place – dovrebbe di sicuro rappresentare un’allerta di massimo livello per qualunque umanista assennato.

Se vogliamo salvare le nostre società dall’essere trascinate nella violenza senza fine, dobbiamo DE-SIONIZZARE ogni singolo aspetto della nostra cultura, dei media e delle istituzioni politiche.

Il cristiano-sionismo dello stragista norvegese

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Post in elaborazione.

Se i media non fossero quello che ormai sappiano, e cioè organi di propaganda e di manipolazione a servizio di chi li paga, mai dei lettori, ci avrebbero dato qualche approfondimento sulla bufala prontamente smascherata. E per una bufala scoperta possiamo ben immaginarne quante ancora ve ne siano che tengono banco sulle prime pagine dei giornali. Per fortuna che che internet, finché ce lo lasciano. Non è la stessa cosa dei media, caratterizzati verticalmente da un comunicazione da uno a molti e moltissimi, ma una forma di comunicazione orizzontale da ognuno ad ognuno, una forma di catena di sant’Antonio. Qualcosa va detto sul vero o presunto cristianesimo, ovvero “fondamentalismo cristiano” di un efferato assassino, di un assassino allo stato puro, che neppure si preoccupa di dare una motivazione plausibile al suo pluri-omicidio. Si può criminalmente uccidere per tante causa: gelosia, rivalità, rapina, rissa, offesa, vendetta... Ma qui la strage sembra del tutto gratuita ed a stento si riesce a costruirci sopra un discorso che pure bisogna fare.

E tenteremo di farlo qui attingendo in modo sintetico a contesti diversi, sperando di non confondere il lettore. Forse l’approccio migliore è una citazione tratta dal post precedente, dove la risposta che Stephen Lendman offre a chi gli chiede del suo cognome ebraico, e cioè la seguente: «Mi reputo un uomo con una coscienza, sono ebreo per caso, questo è tutto», potrebbe essere ribaltata in quest’altra: «Mi dichiaro un sionista puro, un giudeo-sionista o un cristiano-sionista, sono uomo per per caso, questo è tutto e più non domandare». E noi infatti non tentiamo più di domandare nulla a costoro. Sanno solo eludere le domande e rispondono con offese, attacchi e perfino omicidi mirati. Ci riferiamo a tutte le volte che abbiamo tentato un dialogo nei Forum e nei luoghi pubblici di discussione. Un’esperienza frustrante che persuade di non aver a che fare con uomini, se non per il loro sembiante ed il linguaggio in apparenza umano. Il motto di Vittorio Arrigoni: “Restiamo umani!” era tragicamente profetico.

Parto da lontano dicendo che non ignoro libri recenti scritti addirittura per indagare la storicità stessa della figura di Gesù Cristo, che per gli ebrei resta in ogni caso il figlio di una prostituta di nome Maria ed egli stesso un malfattore. Quale intesa sia possibile con il “fratello maggiore” non credo che il papa polacco ce lo abbia ben spiegato ed ho provato perfino io che non sono buon cattolico e buon cristiano un senso di umiliazione vedere il papa tedesco che in visita di penitenza alla sinagoga romana si lasciava riprendere pubblicamente dal rabbino su questioni dottrinali di una Fede, di cui lui, il successore di Pietro, dovrebbe essere custode e massima guida. Il mio blog sulla storia critica delle religioni è fermo da parecchio tempo, preso come sono da interessi più attuali, ma l’interesse per quelle problematiche non è mai venuto meno e sono nostalgico di studi certamente meno pericolosi. Ciò premesso, di fronte a una simile letteratura che scinde addirittura la figura di Cristo in una composizione di due diversi personaggi, se ben ricordo, la mia posizione è che la fondazione di una religione non è un fatto storico, bensì meta-storico.

Così posta la questione, ritengo per nulla inferiori le religioni naturalistiche e politeistiche che sono state soppiantate dalle più aggressive e violente religioni monoteiste. Ma fra queste già duemila anni fa vi era una bella e sostanziale differenza fra giudaismo e cristianesimo. Basta leggere e interpretare nel loro senso letterale i libri dell’Antico Testamento che fanno parte della nostra Bibbia per notare subito un contenuto barbarico, di una ferocia inaudita. Cosa è la Pasqua ebraica? La festa per l’uccisione dei primogeniti egiziani. E tante altre cose del genere si leggono nella Bibbia veterotestamentaria. Se poi si volesse risalire ancora indietro nel tempo si dovrebbero indagare le fonti della Torah ebraica nel contesto dell’antico Oriente e ne verrebbero fuori cose fantastiche quanto orribili. Ma noi non possiamo qui addentrarci in questo ambito. Ci basta soltanto dire che il contrasto fra la riforma religiosa introdotta dalla figura divina di Gesù Cristo e dai suoi discepoli è inconciliabile che il vetero-giudaismo: il Cristo messo in croce dai giudei significa esattamente questo e non può essere banalizzato in una questione giudiziaria. Il suo valore è simbolico-religioso, non storico-giudiziario. Il papa polacco o quello tedesco non possono credere di condurre il loro gregge come se avessero l’anello al naso. Ed al loro presunto insegnamento odierno può benissimo essere opposto quello del loro predecessore Pio X, per il quale mi riallaccio ad un testo di don Curzio Nitoglia:
«San Pio X (il Santo protettore dei “tradizionalisti”) nel 1904 rispose a Teodoro Herzl (il fondatore del sionismo, 1896), che gli aveva chiesto di riconoscere il movimento sionista e l’eventuale futuro Stato di Israele: “Sino a che Israele non riconoscerà Cristo come Messia e Dio, la Chiesa non potrà riconoscere il sionismo e Israele”. Quindi oggettivamente tra cattolicesimo e sionismo vi è incompatibilità e la “doppia appartenenza” non è lecita» (Fonte).
Sento che il discorso si va ampliando e cerco di tornare dentro i binari di un filo logico connesso alla strage di Oslo. Chiudo la digressione, dicendo che la riforma del papa polacco e della Curia romana riguardo i rapporti con Israele e il giudaismo/sionismo andrebbe studiata – e lo faremo in altro contesto – nel quadro dei mutamenti geopolitici succeduti alla seconda guerra mondiale.

Puntiamo ora subito su un fenomeno assai esteso nel Nord America e poco noto in Italia, anche se esiste una colonia di qualche migliaio di evangelici che pensano di poter esercitare in Italia la stessa grande influenza che già hanno in America. Hanno anche un loro sito (“Notizie su Israele”), dove non vi è nulla di religioso e vengono ripresi tutte le veline della propaganda del governo di Tel Aviv: diciamo di Tel Aviv, sapendo che come uno “sciboleth” costoro si imbestialiscono, non sentendo “Gerusalemme”, che loro intendono come la capitale riconosciuta dello stato di Israele, sorto sulla “pulizia etnica”, cioè sul “genocidio”, del popolo autoctono dei palestinesi, i più diretti e probabili discendenti della popolazione che abitava al Palestina ai tempi storici di Gesù Cristo, una popolazione che adesso si vorrebbe cacciare sulla base di fandonie, ma tuttavia accreditate da un potere politico asservito.

Ed eccoci, quasi senza volerlo, tornati nel cuore del problema autenticamente religioso, e cioè cristiano. Si può nel nome del Cristo massacrare tanti innocenti nella città di Oslo e nell’isola di Utoya? Oppure si può nel nome del Cristo giustificare la pulizia etnica della Palestina? Pulizia etnica equiparata ad un vero e proprio genocidio e che non è solo quella del 1948, descritta e documentata dall’ebreo israeliano, ma non sionista, Ilan Pappe, ma che incomincia nel lontano 1882, quando appiedarono in Palestina i primi sionisti animati dall’intenzione di cacciare dalla loro terra e dai loro villaggi, le popolazioni di cui erano ospiti e di cui con inganni e violenze andranno negli anni a privare delle loro terre, dei loro averi, della loro identità, della loro storia, bollandoli come “selvaggi” e dando prova di quel razzismo che pretendono di poter rinfacciare ad altri.

Naturalmente, è perfettamente inutile una qualsiasi discussione con il redattore italiano di “Notizie su Israele”, il quale nel suo sito di ritagli stampa si premura ogni volta che prende notizie dall’Agenzia Info-pal di specificare che si tratta di un sito “pro Hamas”, senza darsi la pena di giustificare in chi scrive il suo smaccato e sfacciato essere “pro Israele” e quindi pro Piombo Fuso, pro strage di Mavi Marmare, e dopo mille e mille altri pro noti e ignoti, sinteticamente, pro pulizia etnica del 1948, almeno per come descritta da Ilan Pappe. In una presa di posizione, felpata, come è nello stile della gerarchia cattolica, è stato detto che non può essere usato il Vangelo (e dunque il nome di Cristo) per giustificare assassinii e violenze di sorta. Il filosofo Benedetto Croce scrisse un famoso articolo dal titolo: “Perché non possiamo non dirci cristiani”. È più noto il titolo dell’articolo che non il suo contenuto, ma chiunque sente di non potersi non dire cristiano sa bene che l’assassinio e la violenza sono inconciliabile con il messaggio religioso di Cristo, anche se la Chiesa stessa nei secoli ha più volte brandito la spada.

Nel libro di Ghada Karmi, pur senza ulteriori approfondimenti, sono indicati i due grandi alleati di Israele:

a) Nel Nord America l’esteso fenomeno del sionismo cristiano. Costoro che in qualche modo usano il nome di Cristo, ma sono più probabilmente dei giudei mascherati che veri cristiani, professano una incredibile quanto criminale superstizione. Perché si abbia la Seconda Venuta di Cristo e quindi il Giudizio Universale deve avverarsi la profezia per la quale gli ebrei devono ritornare in Israele, dopo una “dispersione”, che in realtà non vi è mai stata, seguendo un altro libro di un ebreo israeliano, Shlomo Sand, dove egli spiega come fu inventato nella seconda metà del XIX secolo il “popolo ebraico” e come una “dispersione” dopo la distruzione del tempio ad opera dei Romani nel 70 d. C. non vi sia in realtà mai stata e come essa sia stata una precedente invenzione, ad opera questa volta della chiesa cattolica. Purché questa profezia si avveri, i cristiano sionisti americani (e qualche sparuta propaggine italiana) non vanno tanto per il sottile e chiudono non uno ma entrambi gli occhi davanti a massacri, stragi, violenze, genocidi. Chissà cosa diranno i cristiano sionisti sulla strage di Oslo: non ho ancora sentito e letto nulla al riguardo.

b) Vi è poi il grande senso di colpa indotto negli europei per i gravissimi torti fatti agli ebrei in Europa. Ma proprio in questi giorni il diavolo ha messo, come si dice, la sua coda. Se si è seguita appena un poco la recente legge introdotta in Israele contro quanti praticano la campagna BDS in Israele e nel mondo. In Israele le pene già in vigore sono pesantissime. È probabile che mobilitando le “Israel lobby” presenti nei vari paesi europei il passo successivo sarà l’introduzione anche in Italia della stessa legislazione. Se non vado errato, il capofila della legislazione “anti-negazionista” è stata proprio Israele. Poi, grazie alla Fabius-Gayssot, è passata anche in Francia e via via in numerosi altri paesi, alla cui lista si vuole aggiungere ora anche l’Italia. Ed esiste un’apposita campagna di stampa mirata allo scopo. Non per nulla la signora Nirenstein è stata nominata presidente dell’Associazione del parlamentari ebrei che si trovano in tutti i parlamenti del mondo: e poi dicono che la Lobby non esiste! Il presidente Berlusconi ha perfino mandato un messaggio di congratulazioni alla signora Nirenstein, senza minimanente chiedersi se questo ruolo sia compatibile con la lettera e lo spirito della costituzione italiana. peraltro decisa a Yalta e non certo redatta e votata dalla costituente nel 1948. Silvio non è un grande giurista ed il suo tempo è ormai concluso. Sono centinaia di migliaia, forse milioni le persone che nella civilissima Europa, patria dei diritti umani, sono stati penalmente perseguiti per tutto sommato reati di opinione: non vogliamo e non ci interessa di entrare nel merito di questioni storiche, il cui libero studio è di fatto inibito per legge. È da chiedersi se lo stesso percorso seguirà in Europa la legge israeliana anti-boicottaggio.

E cosa c’entra la coda diavolo che abbiamo prima evocata? C’entra! Giudichi chi legge. In rete si possono trovare agit-prop nostrani, che dicono di essere italiani, i quali si arrampicano sugli specchi per giustificare la legge israeliana, ritenendo che sia un titolo di legittimazione il fatto che esiste al riguarda un precedente nella legislazione statunitense, che per la verità noi non conosciamo e non abbiamo studiato. Si dice che l’autodifesa da parte di uno stato è legittima. Si dice che Israele ha diritto di difendersi contro quei criminali che avendo un soldo in tasca decidono di non puntarlo sul numero 729, che nei codici a barre indica le merci made in Israel. Si potrebbe pensare che qui cade uno dei capisaldi dell’economia liberista di un Milton Friedman e dei Chicago boys: la sovranità del consumatore, che è poi la parte che nell’uomo conta: la sua capacita di acquisto e di consumo. Se non ha nulla in tasca da poter spendere o mettere in una banca, non conta assolutamente, è una “eccedenza” umana, cui si può riservare la stessa sorte delle eccedenze agricole: il macero.

Dunque, non siamo più liberi di spendere i nostri soldi come vogliamo. E possiamo fondatamente aspettarci che vi sarà un Frattini, forse lo stesso, che come va fiero di aver messo Hamas in una lista nera che ipso facto trasforma il governo democraticamente eletto dai palestinesi in “terroristi”, senza che poi si sappia veramente cosa è un “terrorista” e chi lo sia per davvero una volta accettata convenzionalmente una comune definizione, avrà pure l’ardire di copiare la stessa legge israeliana contro il boicottaggio ed introdurla nella legislazione italiana. Dopodiché saremo costretti a comprare israeliano (e non italiano), come una volta si usava imporre l’olio di ricino ai riottosi. Non è escluso che nei recenti tentativi, ad opera della signora Nirenstein, presidente mondiale dei parlamentari ebrei, di inasprire la legge Mancino, vi si introducano elementi normativi tratti dalla recente legge israeliana contro il boicottaggio.

E veniamo ad una rapida conclusione su questo punto, che è una consapevole digressione. La propaganda israeliana sostiene dunque che la legge che punisce quanti oggi in Israele boicottano l’economia israeliana è legittima in quanto è una forma di difesa legittima. Si indica un precedente nella legislazione americana, ma si dimentica forse per ignoranza forse volutamente un altro precedente. Nel marzo del 1933 il giudaismo mondiale proclamò la sua campagna di boicottaggio contro il governo nazista che era in carica da appena un mese. È da chiedersi: i nazisti avevano il diritto di difendersi contro gli ebrei che volevano boicottare la loro economia? Quegli stessi ebrei o meglio sionisti che avevano avuto non piccola parte nella sconfitta militare della Germania durante la prima guerra mondiale, quando di nazismo non vi era neppure l’ombra. La Promessa fatta da Balfour a Weizman era il corrispettivo per prestazioni durante la prima guerra mondiale. Questi capitoli di storia non sono adeguatamente studiati come si dovrebbe. È dunque da chiedersi come si può sostenere che una stessa legge contro il boicottaggio è lecita e legittima, se a vararla è un governo sionista, mentre non è se è un governo nazista, salvo che poi in realtà i termini nazista e sionista non siano sinonimi o fortemente imparentati.

Chiusa la digressione, per ritornare al cristiano sionismo è da chiedersi se gli elementi che abbiamo sopra dati possono restare estranei ad un “cristiano” inteso come un seguace del Gesù Cristo che tutti pensiamo di conoscere e con il quale ci identifichiamo, per il suo essere uscito 2000 anni fa dalle angustie dell’essere giudeo, presunto eletto del Signore, insegnando invece che tutti gli uomini sono fratelli e che in Cristo non esiste né giudeo né romano, né povero né ricco, né sapiente né incolto... Vi fu allora un fecondo rapporto fra il nascente cristianesimo e la cultura e religione greco-romano che con operazione sincretistica confluì nella nuova religione cristiana che con Teodosio diventerà il solo culto ammesso nell’Impero romano. I valori di universalità, quasi antagonistici all’idea di stato e di nazione, diventeranno una caratteristica distintiva del cristianesimo e del cattolicesimo, mal conciliabili con l’idea di uno «stato ebraico», che non si fonda neppure su una “nazione” ma su una congerie disparata di etnie, attirate soltanto da una massiccia campagna di immigrazione a spese della popolazione autoctona e residente, spogliata di tutto. Se dei legulei possono ignorare la natura dei problema e la realtà tangibile dei fatti, non è pensabile che delle coscienze ispirate al nome di Cristo non vedono ciò che perfino gli alberi vedono, quell’ulivo cioè che estirpato dai coloni sionisti cresce sotto il pino piantato su di esso e lo spacca.

È da augurarsi che il presunto “fondamentalismo cristiano” ovvero “cristiano sionismo” dello stragista di Oslo apra un serio dibattito religioso. Non quello che vorrebbe un curioso articolosta del Corriere della Sera che interpellava, poco giorni prima della strage, il Vaticano per la condanna da parte di un tribunale tedesco del vescovo Williamson colpevole di null’altro che di avere avuto ed espresso opinioni in ambito storico, non certo nel campo pastorale della dottrina della fede cristiana e cattolica. Si sa poco ed i media non illuminano, ma il vescovo non è stato neppure difeso dai suoi avvocati, i quali sembra si siano limitati a chiedere la “clemenza”. Sembra addirittura che la piovra sionista abbia avuto un ruolo nella condanna, per i cui dettagli rinvio all’articolo sopra citato di don Curzio Nitoglia. Il nostro Occidente che si dice “cristiano” e che dovrebbe praticare come suo principale comandamento l’amore del prossimo, è in realtà forse sempre stato una grande scuola di Ipocrisia, che eccelle nei nostri politici che fino a ieri cercavano i loro voti in sagrestia, adesso vanno a trovarli prima nella sinagoga, e poi se avanza anche in sacrestia. Se vi è conflitto fra sinagoga e sagrestia hanno già dimostrato in parecchi di scegliere la sinagoga contro la sagrestia. Se la strage di Oslo, nella sua tragicità, può avere un qualche risvolto meno tragico, è proprio quello di porre le basi per un serio dibattito religioso che riguardi non gli addetti ai lavori, i pastori, ma i fedeli stessi e quanti con Croce (!), cioè Benedetto Croce, pensano di poter tornare a spiegare, nel nostro tempo e contesto, le ragioni per le quali “non possiamo non dirci cristiani”. Se la Chiesa pensa di far tacere i fedeli, imponendo loro il silenzio e il sacrificio di coscienza, allora è probabile che non vi sarà un terzo millennio cristiano e la Seconda Venuta dei cristiano sionisti sarà la grottesca e criminale superstizione che pone fine ad una religione storica, estremo relitto del mondo romano.

Per tornare infine al punto dal quale eravamo partiti, cioè lo stragista norvegese, il cui nome: Anders Behring Breivik, ci riesce difficile, stranamente, da memorizzare, come se tanto orrore non potesse avere un nome umano. Se pretende di essere anche lui “cristiano” che idea avrà mai dell’essere cristiano e del nome di Cristo? Qual è stato il suo modello? A chi si è voluto ispirare? Forse a quel colono ebreo, di cui pure stentiamo a ricordare il nome, che armato ha fatto strage di palestinesi in una moschea e che dagli stessi coloni è venerato come un loro Eroe? Lo stragista in un suo documento, sulla cui autenticità non entriamo, pare abbia indicato i suoi punti di riferimento filosofico-dottrinale. Poco importa che i diretti interessati sconfessino il loro Lettore e Adepto: l’interpretazione e le conseguenze appartengono al lettore e all’interprete quanto il libro e la dottrina appartengono ai loro autori e maestri. In altri post di questa serie cercheremo di analizzare simili autori a noi per lo più sconosciuti. Uno di questi, Daniel Pipes, ci è noto perché qualcuno si prende la briga di tradurre puntualmente in italiano i suoi articoli. Dopo averne letto i primi e tenendo d’occhio i successivi non riteniamo che il personaggio, benché autorevole, merito il nostro tempo ed una soverchia attenzione. Sarà una nostra presunzione, ma troviamo in genere assai deboli le loro argomentazioni, che confidano più sulla ripetizione e diffusione mediatica che non sulla coerenza e forza intrinseca del loro discorso. Non è difficile decostruirlo ed isolarne gli elementi, che ridotti alla loro semplicità rivelano tutta la loro debolezza, anche in quegli autori che dovrebbero essere i “caporioni’ a cui attingono i più bassi livelli di agit-prop.

Noi nutriamo il sospetto che tirando fuori un presunto generico ed ambiguo “fondamentalismo cristiano” dello stragista si sia voluto tendere una trappola alla chiesa cattolica ed al pensiero cristiano, che non può sottrarsi ad una presa di posizione sulla “questione sionista”, che si rivela sempre più una sfacciata pulizia etnica che si svolge davanti ai nostri occhi, con la complicità di chierici, di antisionisti sionisti, di quelli che sono per le vittime, ma fino ad un certo punto e senza andare oltre e senza toccare i tabù fondativi dello stato di Israele, e tanti altri la cui ambiguità ed ipocrisia si snoda nella stessa gamma infinità dei colori che i pittori sanno usare sapientemente. Ma la verità e la giustizia fanno uso di pochi colori: il bianco, il nero e quelli fondamentali. Sempre per ritornare al Vangelo: “sia il vostro dire si si no no, il troppo storpia ed è opera del demonio”. Un ben diverso Concilio si rende necessario. Non quello che con il Concilio Vaticano II portò tanta confusione, opera del demonio. Ma un Concilio dei popoli dove chiunque ritenga di “non potersi non dire cristiano” chiami l’altro e gli chieda conto dei morti di Piombo Fuso, della strage della Mavi Marmara, della Flotilla II, per indicare solo alcuni episodi di un martirio di un popolo, quello palestinese, che dura da più di un secolo, ed il cui genocidio vien fatto nel nome del Cristo, della civiltà contro la barbarie, perfino del diritto, della giustizia, della difesa legittima, concetti che mai furono più insultati.

*

Vi sono personaggi dei quali non desideriamo parlare, perché niente di produttivo ne può venir fuori e correremmo il rischio di attirarci i soliti epiteti che costoro riservano a quanti semplicemente non sono dei loro e non si identificano con l’oro. Lo stupido libro “Israele siamo noi” esprime a pieno questa mentalità: tutti noi dovremmo essere loro, e se non lo siamo e non vogliamo esserlo, questa diventa un crimine per il quale possiamo aspettarci sanzioni penali, conoscendo le loro entrature negli organi legislative ed essendo ormai il potere antidemocratica delle lobbies un fatto ben noto, che ha finito per corrodere e corrompere quel poco di democrazia che sembrava essere rimasta. Anche se controvoglia forse è il caso di spendere qualche parola a proposito di tal Manfred Gerstenfeld, che diciamo “tal” non perché nel suo mondo non sia ben conosciuto e rappresentantivo, ma appunto nel suo mondo, non all’interno del mio universo culturale ed umano. Trattando in questo post della strage di Oslo, abbiamo notato che da parte sionista si tenti di minimizzare il corposo, pronunciato e dichiarato sionismo dell’attentatore, un sionismo senza il quale l’attentato non sarebbe stato concepito. Naturalmente, tutti si dissociano e condannano l’attentatore, una sorta di “kamikaze” sionista, e non certo un “kamikaze dell’anima”.

Ma veniamo alle due parole a proposito del signor Gestenfeld. Tralasciamo la parte delle sue analisi sulle quali non riteniamo di soffermarci. Ci pare invece importante l’ammissione di un “cristiano sionismo” norvegese, che è stato fin qui il tema del nostro post. Ne è riconosciuta pienamente l’esistenza – confermata dai collegamenti interni ed internazionali del sionismo –, pur lamentandone l’estrema marginalità ed insignificanza nella società norvegese. Ma vi è poi anche una curiosa mancanza di spirito autocritico nello stesso “esperto”, che pensa di poter lui rinfacciare di mancanza di autocritica l’intera società norvegese. Bernad Lazare alle prime pagine del suo libro insuperato sulla “Storia dell’antisemitismo”, scritto nel 1894, fa questo ragionamento, essendo lui stesso un ebreo: nel corso di millenni, in paesi diversi e disparati, gli ebrei hanno sempre suscitato reazioni ostili, più o meno violente e gravi. Non sarebbe ragionevole chiedersi se una spiegazione non può essere trovata negli ebrei stessi? Ho detto che il libro di circa 300 pagine è rimasto insuperato, pur essendo stati scritti dal 1894 numerosi libri sulla materia, ad esempio quello di Poliakov in quattro volumi. Ma questi libri, allo stesso modo in cui fa, l’«esperto» da noi qui criticato, non fanno che dividere il mondo in quelli che hanno meritato o demeritato da parte degli ebrei stessi ed oggi nei confronti di Israele, tout cour identificato con l’ebraismo, con ciò che una simile identificazione comporta. Non senza calcolo di questo rischio gli ebrei di Neturei Karta dicono da sempre che il sionismo (ed Israele) è il nemico più grande e pericoloso del giudaismo in quanto comunità religiosa. Noi qui non entriamo nella questione e ne stiamo rispettosamente fuori: non è il nostro mondo e non ci riconosciamo in esso.

Se si va a leggere il link che abbiamo dato si trova che l’autore da noi qui legittimamente criticato nelle più civile forme possibile, si trova che egli condivide a pieno questo inguaribile pregiudizio, per il quale il mondo intero, tutti i paesi, e non certo solo la Norvegia, devono scolparsi e giustificarsi per la loro cattiva opinione di Israele e della sua politica. Di fronte a circa 70 norvegesi i cui cadaveri si sono da poco raffreddati il signore in questione lamenti presunti atti ostili ad una sparuta minoranza di 2000 ebrei, “perseguitati” (!) e “discriminati” (!), presenti nella società norvegese. Si noto che sempre in questi casi i rapporti vengono fatti a cura degli stessi, che nella maggior parte dei casi indicano come come “atti antisemiti” meri graffiti anonimi apparsi sui muri. Fa impressione apprendere che questi 2000 cittadini norvegesi di religione ebraica avrebbero poi rapporti organici con una ideologia, il sionismo, che nell’interpretazione ed applicazione di Brevik non sono ha già prodotto circa 70 cadaveri di innocenti norvegesi, ma si apprende anche che si considera accettabile per il “nobile” fine perfino qualche milione di assassini simile. Veramente siamo sconcertati da una simile mancanza di proporzioni, non rara ed isolata, se si ricordano i casi a tutti noti di “Piombo Fuso” e della Mavi Marmara. Ciò detto, per completezza di analisi, speriamo di non dover più occuparci di questo signore, il cui disco continua a girare fino all’incredibile: non è stato un norvegese sionista e filoisraeliano a compiere la strage, ma un filo-palestinese ad aver compiuto la strage non a Oslo e Utoya, ma in Eretz Israel? È questo il senso del discorso cui l’agit-prop vuole giungere? Mah! Sembra del tutto inutile tentare di trarre lumi dalle “analisi” di simili “esperti”. Si può fare solo una collezione di assurdità né pare casuale l’indistinzione fra la la lecita e perfino doveroso critica attiva e fattiva del sionismo e dello Stato coloniale ed ebraico di Israele e il calderone dell’antisemitismo. Chiaramente, esistono dei rischi nella misura in cui le comunità ebraiche dei vari paesi si identifica ed immedesimano nelle politica genocidaria di Israele, ma la legittima reazione a questa politica non a nulla a che fare con un antisemitismo ormai morto e sepolto, e mantenuto e alimentato in vita solo da quella che Norman G. Finkelstein ha chiamato una vera e propria industria. È solo grazie ai cosiddetti “ebrei che odiano se stessi” se il gran pubblico e la totalità delle organizzazioni militanti hanno perfettamente compreso la trappola dell’antisemitismo.

*

Tornando ad altro, segnaliamo l’articolo di Gilad Atzmon dove, partendo dalla strage di Oslo, che rischia di essere silenziata dai grandi media, si avverte come occorra procedere alla desionizzazione delle nostre società. Il pericolo all’interno delle nostre società non è l’Islam, ma il sionismo e lobbies che esso alimenta all’interno dei singoli paesi. Costoro ammettono apertamente il loro diritto di uccidere chiunque contrasti i loro disegni. Nessuno di noi può sentirsi al sicuro neppure a casa proprio, ma la minaccia viene non dall’Islam, ma da sionismo. Breivik è soltanto un esempio, noto forse solo per la pronta capacità che la polizia norvegese ha avuto di catturarlo, I metodi con cui si esercita ai vari livelli l’influenza della “Israel lobby” sono stati descritti in numerosi libri, fra cui ricordo quello di Mearheimer e Walt, ma anche i libri di Noam Chomsky, o quelli di Norman G. Finkelstein. Poiché la potenza di Israele risiede nell’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, ottenuto per l’azione congiunta della Israel lobby e del sionismo cristiano statunitense, ben più consistente di quello norvegese, anche se meno tragicamente violento e criminale, è da notarsi la reazione in seguito alla notizia che sarebbe stati tagliati quei fondi che farebbe di Israele una economia “di successo”, al riparo della crisi che sta aggredendo il mondo intero e perfino i potentissimi States. È una reazione che andrebbe seguita con la lente di ingrandimento perché altamente rivelatrice di una verità che i media occultano.

(segue)

venerdì 29 luglio 2011

Stephen Lendman: «Gli attacchi di Oslo: l’evidenza indica un’operazione eseguita sotto ‘falsa bandiera’».

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Stephen Lendman, autore dell’articolo tradotto di seguito, è un vero e proprio ‘guru’ dell’informazione alternativa negli Stati Uniti. Vive a Chicago dove conduce un programma radiofonico in cui dialoga con i maggiori filosofi ed esponenti delle sfere accademiche impegnati sul fronte della lotta all’imperialismo USA-israeliano, come James Petras, John Pilger, Franklin Lamb, Paul Craig Roberts, Jeff Gates - per nominare solo alcuni dei personaggi molto noti nella blogosfera internazionale, fequentatori abituali del ‘salotto’ politico di Lendman.

L’autore è di frequente interpellato dai canali di news internazionali Press-Tv e RT per fornire le sue analisi sempre molto argute e competenti degli eventi politici internazionali e americani. È anche autore di innumerevoli articoli di alto profilo divulgativo, pubblicati nel suo blog e sistematicamente ripresi nei maggiori siti aggregatori di lingua inglese.

Per il prossimo settembre è prevista l’uscita dell’opera editoriale di Stephen Lendman dal titolo How Wall Street Fleeces America: Privatized Banking, Government Collusion and Class War (e cioè, come Wall Street spella l’America). Il libro è pubblicato da Clarity Press, l’editore americano della trilogia di Alan Hart sul sionismo dal titolo Zionism: The Real Enemy of the Jews, già presentato ai lettori di questo blog.

Non di rado all’autore viene rivolta la domanda: «Il tuo nome tradisce chiare origini ebraiche. Come si concilia questo con la tua feroce campagna di opposizione a Israele e al sionismo?» - alla quale Stephen Lendman è solito rispondere con l’abituale tono pacato che tradisce un senso dell’ironia, profondità d’animo e buonumore ‘nonostante tutto’: «Mi reputo un uomo con una coscienza, sono ebreo per caso, questo è tutto».

L’articolo che segue è il terzo di una trilogia che Stephen Lendman ha scritto in seguito agli attacchi di Oslo. L’autore termina l’articolo con “un commento finale che tuttavia abbiamo preferito inserire all’inizio della versione italiana, in quanto permette al lettore di capire immediatamente dove l’autore vuole andare a parare con la sua analisi ‘dietro le quinte’ delle stragi di Oslo e del profilo dell’uomo ritenuto per ora unico attentatore.


Gli attacchi di Oslo: l’evidenza indica un’operazione eseguita sotto ‘falsa bandiera’

di Stephen Lendman

Un mio articolo del 2010 si occupava dell’Operazione GLADIO, l’esercito segreto della NATO. Gestita dai servizi segreti europei in collaborazione con la Nato, la Cia, e i servizi di intelligence militare britannici MI6 e SIS, la Gladio prendeva di mira la sinistra politica per impedirle di prendere il potere. Le missioni clandestine di Gladio comprendevano attentati, uccisioni mirate e altri atti belligeranti. Ma si presume che tali operazioni clandestine siano ancora in corso.

Gli attacchi a Oslo ricordano quelli di Gladio - questa volta forse un’operazione gestita dalla Cia, dal Mossad o dall’MI6, oppure un’operazione congiunta, che si è servita di Breivik come esecutore per scopi di depistaggio.

Non sarebbe certo la prima volta che un capro espiatorio paghi per chi trama nell’ombra. Basti pensare ai casi di Lee Harvey Oswad (assassinio John Kennedy), di Shiran Shiran (assassinio Bob Kennedy), di James Earl Ray (assassinio Martin Luther King), o dei presunti autori degli attacchi dell’11 settembre al World Trade Center di New York – e di tanti altri che hanno pagato individualmente per le trame machiavelliche di chi le fa eseguire con l’inganno.

“Raramente le cose sono quelle che sembrano” - dice un vecchio adagio. Mediante l’assistenza sostanziosa dei media di massa, gli artisti della disinformazione sono all’opera per deviare l’attenzione pubblica dalle realtà e verità cruciali, giocando il solito ruolo di guardiani dell’inganno, scodellando fiumi di fiction invece di fatti.

Come da copione, appena arrivata la notizia degli attacchi di Oslo i media americani si sono precipitati a suggerire presunte piste di militanti islamici, citando ad esempio il nome di Ansar al-Jihad al-Alami (ovvero, gli Aiutanti della Jihad Globale), nonostante l’esistenza di questo presunto gruppo jihadista non sia mai stata neanche provata. Ad oggi nessuno sa se davvero esista.

Ecco un esempio che al meglio illustra come la stampa usa i fatti per insinuare sospetti infondati in favore di teorie di comodo, manipolando l’opinione pubblica.

Il 22 luglio, due giornalisti del New York Times, Elisa Mala e J. David Goodman hanno scritto un articolo intitolato “Almeno 80 morti nella sparatoria in Norvegia”, in cui sostengono quanto segue senza prove a sostegno:
«Sono ampiamente fondate le preoccupazioni che i responsabili siano terroristi (islamici). Nel 2004 e ancora nel 2008 il n° 2 di Al Qaeda, Ayman al-Zawahri, ora in carica dopo la morte di Osama bin Laden, ha minacciato la Norvegia a causa del suo contributo alla campagna militare della Nato in Afghanistan».

Il fatto è che non esiste alcuna prova verificabile delle presunte minacce. La tesi dei due giornalisti si basa sulla presunta registrazione di un tape di Al Qaeda del 2003, in cui i musulmani vengono esortati a colpire i centri finanziari e le ambasciate di USA, GBR, Australia e Norvegia in ritorsione per il loro coinvolgimento in Iraq e Afghanistan.

È noto che molte registrazioni audio e video si sono rivelati dei falsi, come lo è forse anche questo. Eppure i media americani, compreso il NYT, li riportano come ‘fatti’, raccontando menzogne a favore degli interessi che loro rappresentano.

Al di là di questo, tipicamente il Times neanche si preoccupa di indagare seriamente (per mezzo dei suoi articoli) sui veri motivi per cui la Norvegia è stata attaccata. Si dichiara invece sorpreso per «l’assalto a questo paese scandinavo pacifico» (le implicazioni qui sono molteplici e varrebbe la pena approfondire o almeno riflettere).

La Norvegia è, ovviamente, un membro della Nato. Ha un contingente simbolico in Afghanistan, e ha acconsentito a fare parte della coalizione anti-Gaddafi per tre mesi, dichiarando in maggio che avrebbe gradualmente diminuito il proprio contingente fino al ritiro totale entro il 1 agosto (2011).

Ma il Ministero degli Esteri USA ha criticato il governo norvegese accusandolo di «mancanza di impegno», preoccupato che avrebbe influenzato altri stati membri della Nato a ritirarsi. Infatti il 10 giugno l’Olanda ha annunciato che avrebbe continuato a contribuire alla “no fly zone” sulla Libia, senza tuttavia partecipare ai bombardamenti aerei.

Dal 22 luglio – data dell’attacco di Oslo – i media occidentali, e quelli americani in particolare, hanno insistito sulla versione dell’attentatore singolo, isolato, focalizzando l’attenzione esclusivamente sul «cristiano fondamentalista di estrema destra Anders Breivik», sposando la tesi che un solo individuo sia stato in grado di eseguire l’impossibile: progettare e mettere in atto un sofisticato attentato con autobombe probabilmente multiple (secondo l’opinione espressa da molti esperti), poi partire per l’isola di Utoya e uccidere da solo (indisturbato per due ore) decine di ragazzi.

I presunti moventi di Breivik riflettono le sue ideologie di destra e l’ostilità verso l’Islam e il multi-culturalismo. Sappiamo che ci sono tanti che la pensano come Breivik, ma non vanno in giro a mettere bombe agli edifici governativi o a uccidere ragazzini in massa. È chiaro che il 22 luglio è successo qualcosa di completamente diverso (rispetto alle apparenze).

In due articoli precedenti ho già fatto alcune ipotesi sugli attacchi di Oslo.

Nel primo mi sono chiesto chi abbia da guadagnarci e chi abbia da perderci in ogni attacco terroristico: certamente non coloro che vengono arrestati, incriminati, condannati e messi in carcere. Sono sempre gli interessi geo-politici la chiave di lettura per comprendere.

Nel secondo ho suggerito una connection con Israele, in ragione delle politiche della Norvegia favorevoli alla Palestina, compreso il supporto per l’indipendenza della Palestina e per il suo riconoscimento come stato membro dell’ONU.

Eileen Fleming osservava che gli attacchi di Oslo si sono verificati nel giorno del 65esimo anniversario dell’attentato al King David Hotel (1946), eseguito da parte di terroristi pre-israeliani della Irgun il cui capo era il futuro premier israeliano Menachem Begin. Fu un massacro che fece 92 vittime tra inglesi arabi ed ebrei, e 52 feriti. David Ben-Gurion, allora capo della Agenzia Ebraica, approvò il massacro.

Sia prima che dopo quell’attentato, arrivando fino ai giorni nostri, Israele ha effettuato numerosi attacchi terroristici, e ha compiuto (o tentato) molte migliaia di omicidi mirati. Forse Oslo è stato il suo attentato più recente, commesso da solo (Mossad) o congiuntamente con la Cia e/o altre sue controparti dell’intelligence occidentale.

L’esperto Bob Chapman, ospite frequente del mio programma radiofonico Progressive Radio News Hour, ritiene che l’attacco di Oslo sia un’operazione eseguita “sotto falsa bandiera” (false flag operation), e cita due possibili motivi:
  1. l’uscita completa della Norvegia entro il 1° agosto dalla coalizione Nato in Libia; e
  2. il rifiuto di partecipare al piano di salvataggio della Grecia mediante il contributo richiesto di 42 milioni di dollari, definendolo uno spreco di denaro, dicendo con molto buon senso che il governo Papandreou dovrebbe semplicemente rendersi inadempiente.
Di conseguenza, commenta Bob Chapman, «le banche coinvolte sono alquanto seccate con la Norvegia, e credo proprio che questo aspetto, oltre al ritiro dalla campagna militare in Libia, sia il motivo alla base dell’attacco». Aggiungeva inoltre:

«Breivik probabilmente era sull’isola di Utoya per uccidere il primo ministro Jens Stoltenberg (governo di sinistra) la cui presenza era prevista per quell’orario ma per un qualche motivo non era ancora arrivato al raduno politico. L’avvertimento alla Norvegia implicito nel massacro sarebbe: “fai ciò che ti diciamo di fare o faremo esplodere una bomba nel bel mezzo della tua capitale come ritorsione per conto delle banche” …»

Il 25 luglio Paul Joseph Watson ha scritto un articolo pubblicato su Prison Planet dal titolo “Anders Behring Breivik: un capro espiatorio?” in cui faceva notare che su Facebook erano apparsi due profili diversi di Breivik, uno prima e l’altro dopo l’attentato del 22 luglio, e che «il primo, quello in lingua norvegese, è stato cancellato pochi minuti dopo che la sua identità venne resa pubblica». Una versione ritoccata, in lingua inglese, ha sostituito quella norvegese, cambiando il profilo di Breivik per adattarlo al crimine.

«Ad esemio – diceva Watson – è stata cancellata la parte che rivelava l’interesse di Breivik per Winston Churchill e per il leader della resistenza anti-nazista Max Manus». Faceva inoltre notare l’articolo che i post di Breivik su internet lo caratterizzano non come un cristiano populista conservatore, ma come un neo-con (neo-conservatore sionista) sostenitore di Israele.

Inoltre, il Consiglio dei Conservatori commentava che nessuno dei suoi post su internet «era estremo o suggeriva un desiderio di commettere atti di violenza». Breivik diceva di essere un ammiratore di «Hans Rustad, un ebreo che un tempo era di sinistra ma poi è diventato un neo-con (sionista) di destra».

La versione ritoccata del profilo su Facebook ha trasformato «un neo-liberale, neo-conservatore filo-israeliano in un cristiano fondamentalista, un fanatico della supremazia bianca».

Anche gli amici contraddicono la nuova descrizione di Breivik, e uno di loro, Ulav Andersson raccontava al canale Russia Today (noto come RT, un canale di news alternativo niente male che trasmette in lingua inglese in diffusione mondiale) che la descrizione di Breivik ora diffusa dai media non corrisponde affatto all’uomo che lui conosceva, spiegando che Breivik in genere esprimeva le sue antipatie razziali in termini moderati, nel senso che «non dava l’impressione di essere un fanatico religioso», e che in effetti non sembrava seguire alcuna ideologia particolare.

Proprio per i casi di dubbio profilo esisteva un programma Tv in America dal titolo “To Tell the Truth”, il cui slogan era: «potrebbe gentilmente il vero signor XYZ farsi avanti?». In effetti Anders Breivik aveva rivelato il suo vero volto, ma quel “film” è stato cancellato e sostituito con uno nuovo, rimaneggiato, adattato alla versione che fa comodo alle esigenze delle potenze occidentali. Forse perfino il suo ‘manifesto’ (quello di 1.500 pagine) è stato alterato.

Anche Webster Tarpley in un articolo del 24 luglio sostiene la tesi dell’operazione eseguita ‘sotto falsa bandiera’. Nel suo articolo Tarpley rivela che venerdì 22 luglio, il giorno degli attacchi, una speciale unità anti-terrorismo della polizia di Oslo stava praticando alcune esercitazioni nei pressi del Teatro dell’Opera di Oslo quando avvenne l’esplosione relativa all’attentato. Il pubblico era stato tenuto all’oscuro delle manovre.

L’articolo spiega anche che nel 2010 questo stesso reparto anti-terrorismo aveva condotto simulazioni per la detonazione controllata di cariche esplosive, in un’operazione che ha molte analogie con quanto davvero accaduto il 22 luglio scorso. È cosa risaputa che simili esercitazioni spesso coincidono con attacchi veri, oppure li precedono, sollevando legittimi sospetti.

È anche da notare, che qualche tempo fa le agenzie di intelligence americane hanno reclutato funzionari della polizia norvegese (compreso l’ex capo del reparto anti-terrorismo) per le Unità di Sorveglianza e Investigazione (SDU) dell’Agenzia di Sicurezza SIMAS al servizio dell’ambasciata USA per operare al di fuori del controllo del governo norvegese.

Infatti le agenzie di spionaggio SIMAS hanno le loro basi nelle ambasciate USA per spiare ovunque nel mondo. Secondo quanto affermano in Norvegia il ministro della Giustizia Knut Storberget e il ministro degli Esteri Jonas Gahr Store, «non ne sapevamo niente». Hillary Clinton mentiva quando affermava che il governo norvegese fosse stato messo al corrente.

Washington vuole fare deragliare il progetto per l’indipendenza della Palestina e il riconoscimento della Palestina come stato membro dell’Onu, rendendosi complice di Israele. E cerca di farlo forse con ogni mezzo possibile, compresa l’intimidazione e gli omicidi di massa. Ma non si può escludere che gli attacchi rappresentino un avvertimento per scoraggiare l'uscita dalla coalizione anti-Gaddafi. (Gli interessi economici e geopolitici coinvolti nella campagna della Libia sono di proporzioni gigantesche, soprattutto per USA/Israele).

Sappiamo che molti tra i testimoni oculari hanno visto due tiratori. In genere in questi casi «si evidenziano prove abbondanti e credibili in sostegno della tesi che il presunto attentatore o tiratore non avrebbe potuto agire da solo.»

Il quotidiano norvegese Verdens Gang (VG) dice:
Molti dei giovani che si trovavano sull’isola (Utoeya) hanno raccontato a VG di essere convinti che doveva esserci più di un tiratore. È quanto ritiene anche Marius Helander Roset, affermando che «sono sicuro che le sparatorie provenivano da due direzioni diverse dell'isola, contemporaneamente.»
I giovani intervistati da VG descrivono un secondo cecchino, che non portava una divisa della polizia. Aveva i capelli scuri e l’aspetto nordico. Aveva una pistola nella mano destra e un fucile sulla schiena. «Ritengo che fossero in due a sparare», dichiara Alexander Stavdal.»
Il 23 luglio, la polizia di Oslo dichiarava che potevano essere molteplici i tiratori responsabili delle sparatorie. Attualmente sono in corso indagini in entrambi gli attentati.

Il 25 luglio, il sito online newsinenglish.no del “Views and News from Norway” segnalava che «secondo i sopravvissuti del massacro la sparatoria è continuata per quasi due ore», e che la polizia aveva impiegato un'ora e mezza per arrivare. (Mentre erano già sul luogo gli elicotteri dei media).

Il 25 luglio, il Pakistan News Service (Pak Tribune) mostrava il titolo: «Analisi degli attacchi di Oslo: attentato terrorista o depistaggio sotto ‘falsa bandiera’?». Dichiarava:
Il timing (degli attentati) potrebbe non essere casuale, visto che gli attacchi si sono verificati in un momento in cui le tensioni socio-politiche in Europa aumentano, l'euro è in caduta, e la crisi del debito avanza. Un’ennesima manovra sulla falsa riga dello spauracchio di al-Qaeda per indurre la gente ad unirsi contro un nemico esterno.
Da notare anche, che gli attacchi coincidono con la scoperta di agenti segreti israeliani che operavano sotto copertura in Nuova Zelanda, colti in flagrante in un tentativo di furto di identità per “missioni segrete come omicidi mirati”. Infatti il Mossad è all'opera ovunque: nell'intero Medio Oriente, in gran parte dell'Europa, dell'America, dell’Africa e dell’Asia, con operazioni di spionaggio e altre missioni segrete.

Il Pak Tribune inoltre avanzava l’ipotesi che dietro gli attacchi si celassero servizi segreti stranieri «per deviare l'attenzione dalle operazioni israeliane all'estero, dall'incombente crisi finanziaria, dalle misure di austerità, dalla massiccia appropriazione indebita di fondi pubblici, e dal fatto che si sta sgretolando il supporto per le molteplici guerre imperialiste di Washington (sia da parte dei popoli che dei governi).

Quali che siano le conclusioni a cui si voglia arrivare, è indiscutibile che gli attacchi di Oslo forniscano una distrazione ‘provvidenziale’ e materiale su cui speculare per coloro che vogliono perseguire la farsa della “guerra al terrore”.

giovedì 28 luglio 2011

Da Ewen Donald Cameron a Anders Behring Breivik. La produzione di shock come tecnica per il dominio globale.

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Post in elaborazione.

È notte fonda, non ho ancora sonno, ma non voglio rinunciare ad abbozzare una ipotesi di lavoro concettuale, che mi è ispirata dal libro di Naomi Klein sulla “Shock Economy” che conosco da poco, pur essendo uscito nel 2007. Proseguo lentamente nella lettura del libro, che ad ogni pagina suscita in me un crescente interesse, segnato da frequenti pause di riflessione. Non è facile sviluppare l’idea che mi è balenata nella mente e questo post accompagnerà la progressione della lettura. Perché chi è interessato alle suggestione concettuale mi possa seguire e ritornare su una scrittura in progress tenterò in modo assai schematico di dire di cosa si tratta, se già la formulazione del titolo non lo lascia intuire.

Intanto chi era Cameron nonché Ewen Donald? Era un torturatore di professione, finanziato dalla CIA e di cui si parla nella parte iniziale del libro di Naomi Klein. Aveva incominciato i suoi esperimenti su pazienti ignari in un ospedale canadese. In genere tutti sanno del dott. Mengele. Ebbene, il dott. Cameron era molto ma molto di più. Occorre distinguerlo da Cameron David, attuale primo ministro inglese, non casualmente “amico” di Rupert Murdoch, di cui si stava parlando molto, prima il fatto del giorno venisse silenziato dalla strage di Oslo: il video su David Cameron e Rupert Murdoch (dal titolo: “svelati i legami tra Cameron e Murdoch”) è stato probabilmente oscurato, come già era accaduto per servizi sulla Flotilla provenienti da Press-tv: «Vi è sempre stato il sospetto che Rupert Murdoch fosse una figura chiave dietro le politiche britanniche, ma la portata della sua influenza è stata infine rivelata»...

I media funzionano in effetti così: il clamore della notizia data nei giornali della mattina è spesso cancellato dal clamore dei giornali della sera. Ciò accade ordinariamente in modo casuale, ma nulla esclude che a volte, forse spesso accada invece in modo intenzionale e programmato, per attirare o distogliere l’attenzione su un personaggio o un evento. Ognuno di noi, che voglia tentare l’impresa di comprendere la quotidianità dovrebbe farsi una lista degli eventi importanti da seguire e trascurare ciò che non rientra in questa lista. In questo blog cercheremo di seguire questo ordine. La semi-omonimia è qui del tutto casuale e non comporta nessuna associazione criminale fra i quattro soggetti nominati (i due Cameron, Murdoch e Breivik), ma la loro relazione concettuale sul piano delle essenze filosofiche è impressionante, come tenteremo di illustrare. A volte gli dèi ci indicano la strada per comprendere gli inganni del demonio che governa il nostro tempo e le nostre città, paesi e villaggi.

Timeo Danaos (et) dona ferentes: è questa l’immagine classica che mi si è subito affacciata alla mente, leggendo di come il governo israeliano si sia affrettato ad offrire assistenza alla Norvegia, esibendo la sua collaudata esperienza in materia di “sicurezza” e di lotta al “terrorismo”. È un dono avvelenato perché accettare il dono significherebbe distruggere il “modo di esistere” della società norvegese, basato sul rispetto dei diritti individuali, sulla protezione della libertà, sul principio di umanità e di giustizia. Con il “dono” israeliano i cittadini diventano “sudditi” governati dalla polizia e dai servizi di intelligence, educati da un sistema dei media, per i quali in regime di libero mercato un Murdoch, uomo di Israele e per Israele, si propone come proprietario unico o quasi, lasciando qualche spazio a qualche concorrente minore che tuttavia deve condividere ed accettare la stessa filosofia dell’informazione, basato sulla “lotta al terrorismo” e sul diritto di Israele “ad esistere” ed imporci il suo “modo di esistere”, magari non direttamente, ma attraverso una Nirenstein norvegese che sicuramente non mancherà neppure a quelle latitudini. Saggiamente, i norvegesi hanno risposto ad Israele: “no grazie! E non cambieremo il nostro “modo di esistere”». Ma è presto per dirlo. La Us-Israele ha mosso all’attacco della Norvegia, come già hanno fatto per la Libia. Entrambi questi paesi hanno la gravissima colpa di voler essere indipendenti e sovrani e condurre una loro propria politica indipendente e sovrana, all’interno ed all’estero.

A questo punto che Breivik, il biondo norvegese, presunto difensore di un chimerico “nostro modo di esistere”, sia o non sia un folle, isolato e sconfessato perfino dai suoi padri putativi, poco importa. È un prodotto di Murdoch, stretto difensore e alleato di Israele, che dal dopoguerra ad oggi lungo tutto il corso di una “guerra ideologica”, che non è mai terminata ma si è sempre più inasprita! Ci hanno imbottito la testa con i loro media, ripetendo all’infinito i loro slogans sul terrorismo, sull’antisemitismo, sulla Shoah, ecc. ecc., fino a produrre tutti i Breivik usa e getta che servono loro. Del primo Cameron, che fu l’inventore della tortura marcata Cia e prima ancora consulente degli alleati al processo di Norimberga, si è rivelata scientificamente falsa la teoria “tabula rasa”. Attraverso la più crudele delle torture mai immaginate, questo difensore del “nostro modo di esistere” – feroce e convinto anticomunista degli anni cinquanta – era convinto che bisognasse prima procedere alla totale distruzione dei “pazienti” affidati alle sue cure, cancellarne ogni memoria del loro essere precedente, e quindi con dischi ripetuti migliaia di volte immettere una nuova personalità, quella voluto, creando così l’«uomo nuovo», conforme al “nostro modo di esistere”, secondo le elette vedute. Perfino, un collega di Cameron, nella stessa impresa scientifica, Donald Hebb, ha definito Cameron uomo di una «stupidità criminale», cosa che non gli ha impedito di fare carriera nella Cia e di fare ancora oggi scuola.

Se ho ben capito le spiegazioni di Naomi Klein, l’errore di Cameron consisteva proprio nella teoria della “tabula rasa”. Distruggendo il paziente o il prigioniero, non si otteneva una tabula rasa su cui poi poter dipingere il nuovo modello di uomo, conforme al “nostro modo di esistere”, e cioè filoisraeliano e filosionista, secondo modelli alla Nirenstein, nostra legislatrice per volontà non del popolo italiano, ma di chi ha formato le liste con un sistema elettorale, che perfino nell’ex-Congo Belga pare abbiano rifiutato in quanto antidemocratico. Non si otteneva nessuna “tabula rasa”, ma si torturava fino alla morte e alla distruzione irreversibile gli uomini, le donne, i bambini cadute nelle sue grinfie. Le fiction e le narrazioni ci offrono un esempio insuperabile di mostro nel dott. Mengele, ma si tratta probabilmente di una diffamazione. Il dott. Cameron supera di gran lunga il dott. Mengele, e se questi fosse caduto prigioniero degli alleati, probabilmente sarebbe stato assunto al loro servizio, come tutti sanno è avvenuto per von Braun, padre della missilistica americana.

A correggere il dott. Cameron ci ha pensato il dott. Murdoch e l’infinita schiera di giornalisti al suo servizio. Si parte cioè dall’uomo concretamente esistente e lo si imbottisce quotidianamente, con programmi infinitamente stupidi, ma con contenuti ideologici e valoriali predeterminati, con dosi ancora più massicce delle ore di registrazioni previste da Cameron: dalla prima infanzia alla vecchiaia avanzata il dott. Murdoch ci istruisce con le sue televisioni ed i suoi giornali. I suoi dipendenti, vogliosi di far carriera, sono di una docilità di gran lunga superiore a quella dei “criminali” nazisti per i quali è stato riformato retroattivamente il codice penale nei capitoli sull’ordine ricevuto, “manifestamente ingiusto”, dove a decidere che sia “manifestamente ingiusto” è però sempre un giudice politico di circostanza. L’ordine “manifestamento ingiusto” non è mai stato valido per gli agenti della Cia e per i loro sicari.

Se Cameron aveva bisogno di fare ricorso a degli elettroshock per distruggere le resistenze dei suoi pazienti, ovvero prigionieri, la grande correzioni di tiro è stata la produzione di grandi shock collettivi e sociali, di origine naturale o artificiale: terremoti, guerre, tsunami, attentati... Che questi ultimi siano poi prodotti dagli stessi governi, dai loro servizi, è cosa che in molti pensano. Questi vengono però chiamati “complottisti” e possono essere facilmente tenuti a bada con una norma penale che renda penalmente sanzionabili i loro sospetti o convincimenti, come già avviene per la legislazione anti-negazionistica o che pretende di sanzionare l’«odio» e di riflesso comandare l’«amore», inutile dire per chi. Del resto, per tornare al nostro caso, è certamente importante sapere chi o cosa stia dietro a Breivik, ma è stato comunque prodotto lo shock del dott. Cameron, rettificato dal dott. Murdoch. I media stanno già facendo il loro lavoro. Ad un immenso esercito di idioti stipendiati serve poco spiegare e far vedere la realtà tangibile dei fatti accaduti. Hanno già pronto i canoni intepretativi: sono stati loro. Ci hanno attaccato. Colti in menzogna flagrante, procedono come se niente fosse e passano a nuove menzogne quotidiane, da buoni discepoli del ditta Cameron, Murdoch & Co.


(segue)