giovedì 11 aprile 2013

Democrazia “parlamentare” e democrazia “assembleare” in un ricente dibattito alla Camera

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Nel proseguire l’ascolto quotidiano delle registrazioni dei lavori parlamentari soffermandomi su quegli aspetti che sono più congeniali per la mia sensibilità e le mie riflessioni, mi imbatto nella distinzione professoralmente enunciata da Buttiglione fra “democrazia parlamentare” e “democrazia assembleare”, fatta in modo strumentale per sottrarre il parlamento, o meglio i parlamentari di PD e PD meno L, dal loro obbligo di misurarsi su quelle leggi di cui il paese ha non urgente, ma urgentissimo bisogno, ad esempio l’istituzione di un reddito di cittadinanza che impedisca altri suicidi come quelli nelle Marche e da cui in altro dibattito gli on. parlamentari hanno dimostrato di non aver capito nulla, uccidendo una seconda volta gli stessi cittadini già suicidi per il loro tirannico governo del paese.

«Omicidi di Stato»
Ovviamente una maggioranza pd/pdl/Monti si può assumere e si assumerà certamente la responsabilità di NON volere una simile legge ed evita l’impopolarità allungando i tempi, adducendo scuse di ogni genere, esercitando non l’arte di governo che consiste nel trovare le risorse necessarie per una legge ancora più necessaria, ma l’astuzia per conservare la propria poltrona e connessa lauta prebenda, che salva da ogni suicidio ed ogni depressione, quindi mandando la presidentessa – nota per il suo pregresso impegno nel “sociale” – a fare la “foglia di fico” ai funerali della gente che si suicida a ritmi quotidiani.

Curioso come poi in modo contraddittorio si speculi in altro contesto sull’art. 67 e sul divieto di mandato imperativo, per pretendere che i parlamentari di Cinque stelle disattendino il chiaro mandato ricevuto dal popolo italiano, che è ben più ampio degli otto milioni di voti espressi, se – per emulare la sottigliezza di Rocco Buttiglione – possiamo distinguere fra la cruda aritmetica ed il peso di ogni singolo voto degli elettori “virtuosi” che ne vale almeno dieci, per stare nello spirito della rivoluzione francese, e quindi che sarebbero ben 80 milioni. I “nominati” dai partiti, non gli eletti dai cittadini, aspettano invece l’ordine dei loro padroni per prendere la benché minima posizione. Curiosa la menzione della necessità di un governo per fare bene le leggi, come se gli italiani “esodati” non stiano ancora soffrendo la “bravura” del governo tecnico Monti-Fornero. Chi più bravi di loro! E dunque possiamo star certi che gli onesti ragazzi del Movimento possono fare di meglio, se si affida a loro il governo del paese, anziché chiedere loro di sottoscrivere il “cambiamento” di Tomasi Lampedusa Bersani, avvezzo a trattare con leopardi e giaguari.

Alessandra Mussolini
In effetti, sembra che parlamentari come la Mussolini (malgrado il nome) non possiedano altra capacità di governo che la volontà espressa di spegnere la luce dell’aula rimasta occupata dai parlamentari Cinque Stelle che così protestano per rendere noto ai cittadini come effettivamente funzionino le Istituzioni. Avevano promesso di aprirle come una scatole di sardine ed è quello che stanno facendo: una di queste “sardine” è l’onorevole Alessandra Mussolini, ma tante altre ve ne sono. Sarebbe il caso di pensare ad un più adeguato “cambiamento” di funzioni.

Altrettanto curioso il riconoscimento di una “commissione speciale”, a cui affiancarne eventualmente un’altra, se l’urgenza lo richiede, come se l’urgenza non richiedesse il normale funzionamento della produzione normativa, per la quale esiste già un governo, appunto deputato per gli affari correnti.

La funzione di indirizzo politico, che si trova nei manuali per gli studenti, è una costruzione di giuristi ricavata dalla prassi del funzionamento dei governi che si sono succeduti, ma è solo una schema mentale che non impedisce ad un parlamento di fare ciò per cui esiste e senza doversi preoccupare dei manuali scritti dai professori: le leggi. Quelle leggi sulle quali ogni parlamentare si dovrà pronunciare liberamente secondo coscienza, dando poi ad un governo quale che sia il compito di eseguirle. Gli stessi manuali dicono che il governo altro non è che il potere esecutivo.

La realtà purtroppo è che non solo il parlamento è stato esautorato dal suo potere di legiferare, ma tutto il paese è stato privato della sua sovranità, non da oggi, ma almeno del 1943, o dal 1945, quando in Yalta è stata dettata la costituzione vigente che i nostri padri costituenti hanno fatto finta di scrivere nel 1947-48. Da allora la perdita di sovranità è andata crescendo ed oggi è quasi scomparsa.

Il compito immane che incombe sul Movimento Cinque Stelle è quello di ridare la sovranità al parlamento e quindi al popolo italiano. L’istituzione delle Commissioni è soltanto una modalità tecnica del funzionamento delle camere. Teoricamente e praticamente il parlamento potrebbe legiferare a camere riunite in una sola Assemblea e dividendo in nuovo gruppi di lavoro, in tavoli tecnici su determinate emergenze, evitando il doppio esame e specializzando l’elevato numero di parlamentari in uno studio più minuzioso dei singoli problemi. Il parlamento è sovrano ed il suo regolamento è fatto dal parlamento stesso. Lo stesso vale per la costituzione che vale qualcosa ed ha senso se è espressione della volontà del popolo sovrano che si è espresso attraverso il Movimento Cinque Stelle, non attraverso i vecchi partiti, incompatibili non già con questa costituzione, ma con ogni costituzione che sia espressione di un popolo libero e sovrano. 
Ciò che occorre è una sola cosa: la volontà politica di mettersi a lavorare. «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2,23-28), dicevo qualcuno al cui nome lo stesso Buttiglione più di ogni altro, pretende di richiamarsi e di esserbe autorevole se non esclusivo interprete. La vera riforma costituente è quella che proviene direttamente dal popolo, che per un politico è la stessa cosa che Dio, la cui voce occorre sapere ascoltare e quindi obbedire.

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