lunedì 9 settembre 2013

Quando due testimoni dicono o sembrano dire cose diverse su un dettaglio da terza guerra guerra mondiale: il belga Pierre Piccinin e l’italiano Domenico Quirico, prigionieri entrambi degli stessi carcerieri: a chi credere?

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Pierre Piccinin
Leggendo a pochi minuti la testimonianza del belga Pierre Piccinin sul fatto che fossero stato i ribelli e non Assad ad usare i gas:
 «È un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad aver utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco» (Ansa) (ed altre fonti di cui primigenia è radio RTL-Tvi)
mi sono subito detto se sarebbe stato smentito da Domenico Quirico, chiamato in causa come co-testimone, il quale in effetti dice che quanto detto da Piccinin sarebbe «folle» (= titolazione di Repubblica), naturalmente a seguire le notizie giornalistiche che si succedono e che in genere valgono quel che valgono, cioè assai poco.

Domenico Quirico
 I “fatti” però sono una cosa diversa dalla notizia che se ne dà. È finita l’epoca di un certo giornalismo secondo cui i fatti devono essere separati dalle opinioni. Avviene invece il contrario: i fatti sono adattati alle opinioni di chi scrive su giornali e televisioni, che giusto ieri Casaleggio a Cernobbio ha detto essere strumenti del potere. Chi scrive vuole condizionare l’opinione e il giudizio di chi legge. Solo per questo vengono finanziati giornali e televisioni, anche nel totale disprezzo di chi legge, sempre immaginato come persona incapace di discernimento critico. Per cui a voler discernere la verità è in effetti d’uopo un grande esercizio di acume critico, a cui molti sarebbero certamente capaci se ne avessero il tempo e lo sprone. Or bene, non sono mai stato un fedele lettore del giornalismo di Domenico Quirico, per nulla, ma da pochi suoi articoli mi è bastato poco capire da che parte stesse il suo cuore e la sua mente.

Quirico in I.C.
Ripercorro adesso l’archivio di un sito sionista, dove gli articoli di Domenico sono sempre stati apprezzati. Ne prendo a caso alcuni significativi. In un articolo del 17 gennaio 2013 dal titolo «Siria, dove la guerra santa è contro Assad», i ribelli vengono descritti come «monaci guerrieri». Parla perfino di «spiritualità». La tesi politica interpretativa è alquanto semplice e rozza:
 «La rivoluzione che ad Aleppo sta seccando, in altri luoghi è già islamizzata. Non era un destino. Siamo noi, Occidente, negando ogni aiuto, con la nostra prudenza scrofolosa, che l’abbiamo consegnata all’Islam radicale. Tra qualche mese, forse,non sarà più possibile venire qui. I giovani jhaidisti non ci vogliono, noi gli infedeli, gli empi, ci detestano quanto Assad e la sua sbirraglia».
Vale a dire appena era cominciata la “ribellione” da parte della cosiddetta “Armata siriana libera” l’Occidente avrebbe subito dovuto dar man forte, approfittando di una sorta di chiamata dall’interno. Naturalmente, a noi in Italia non è riconosciuto un eguale diritto di ribellione e basta appena dire la parola “fucili” per sperimentare quanto successo a Paolo Becchi. Seguendo il ragionamento di Chirico, si sarebbe dunque tardato nel precipitarsi a sostegno dei “santi ribelli” e la situazione è sfuggita di mano: sempre più è diventato chiaro anche ai ciechi che la “ribellione” era una “invasione” e “aggressione” mascherata, organizzata dall’esterno. I grandi giornali e le televisioni, come già per la Libia, erano e sono parte integrante di questo piano di aggressione ad uno stato sovrano con un governo legittimo. L’ammirazione per quegli stinchi di “ragazzi” è palese in Quirico:
Fonte
«Ma che ragazzi sono questi jihaidisti? Non si curano affatto della morte, invece di andare al riparo vanno a guardare i mig con la stessa tranquillità con cui potrebbero osservare uno stormo di migratori. È come se le bombe e le pallottole fossero mere astrazioni, sembra che per molti l’importante sia combattere più che vincere. In una guerra santa la morte diventa un combustibile, un mezzo per un fine in sé».
Cosa ci sia di “santo” in quei “ragazzi” di cui Putin ha rinfacciato a Cameron un vero e proprio cannibalismo forse Quirico, finalmente liberato dalle mani di quei “ragazzi”, ce lo saprà spiegare. Ci mette pure di mezzo Dio, chissà quale Dio, se cristiano, musulmano o ebraico:
«Vanno via sereni, la loro fede in Dio li porta a vivere nella attesa di miracoli. Sono guerrieri santi, combattono la guerra di Dio e i miracoli sono destinati ad accadere.»
Vignetta su I.C
La santità non tocca i “soldati di Assad”, benchè legittimi combattenti di un governo legittimo. Ecco come vengono descritti senza la minima simpatia:
«La prima linea è un gruppo di case, i soldati di Assad si sono appena ritirati, le stanze sono ancora calde del loro odore, della loro presenza, dei colpi che hanno sparato. Su una scala hanno dimenticato una mazza con cui sfondavano le pareti e creavano i passaggi per i tiratori scelti. Prima di fuggire hanno sfasciato metodicamente tutto, i mobili la cucina le porte i lampadari. In una stanza resta solo una piccola altalena di un bimbo. Su una parete hanno scritto: «o obbedite ad Assad o distruggeremo la Siria». Ora sono a settanta, cento metri davanti a noi, in una grande edificio grigio, dove hanno sistemato i loro cecchini che tirano con abbai rabbiosi e violenti non appena scorgono un’ombra nelle nostre case. Ho paura, questo è un posto dove i minuti si dilatano in anni, dove ci sentiamo sfiorare dal freddo del nostro nulla... I ragazzi adesso tirano a raffiche lunghe, furiose, quasi senza prendere la mira, la casa dove sono asserragliati i soldati muore sotto i loro colpi, sussulta, cumuli di polvere escono dalla pareti e la terra ribolle intorno, sollevando zolle».
Chiaramente, Domenico sta con i “ragazzi” e dalla parte dei “ragazzi”. Ed eravamo al gennaio, giorno 17, anno corrente 2013. Questo articolato è stato rititolato dal sito sionista con «Siria, reportage tra i jiadisti anti Assad» e premiato con un «Informazione che informa», testativa con cui si gratificano i testi con cui la redazione sionista si riconosce perfettamente.

Fonte
Un altro articolo precedente, di quelli che «informano», del 7 gennaio 2013, con titolo su La Stampa «I guerrieri stanchi di Aleppo non credono più alla vittoria», si capisce che Domenico Quirico stava al seguito delle armate ribelli, dei “ragazzi” di cui ammira tanto la «virilità», a sentire Putin addirittura cannibalesca. Il governo legittimo è per Domenico sempre il “regime”, a fronte di «monaci guerrieri», «folli di Dio» (e che Dio! Inedito in ogni moderna teologia) dediti alla “guerra santa”, ed ai “pasti umani”, secondo la rappresentazione fornita di Putin a Cameron. Diversa visione delle cose: è possibile in una società pluralista e democratica. I latini dicevano; de gustibus ne disputandum est. Un dato politico interessante emerge dalla lirica quirichiana:
 «Aleppo dove si combatte la battaglia decisiva: se vinceranno i ribelli, il regime di Assad cadrà; altrimenti, perduta anche l’unica grande città cui sono avvinghiati disperatamente, si andrà verso la spartizione del Paese...».
La faccia di un “mostro”?
E già! Secondo le nostre letture e gli analisti da noi seguiti, uno degli obiettivi degli strateghi della destabilizzazione e balcanizzazione del Medio Oriente è proprio la “spartizione” territoriale del maggiori stati di fronte ai quali lo «stato ebraico» di Israele apparirà sempre più grande e potente. È la logica della frantumazione territoriale del nemico e quindi il suo indebolimento. Una chiara strategia. Chi vuole abbattere il governo legittimo di Assad non vuole certamente una Siria più grande e più forte, capace di resistere ad amichevoli e interessate pressioni,  ma una Siria più debole, divisa e sottomessa, una Siria svenduta ai suoi nemici. Anche un bambino può capire il disegno che si cela dietro.

Ne abbiamo abbastanza della lirica guerriera di Domenico Quirico, ma su due versioni differenti circa l’uso dei gas, se fatta dagli stessi ribelli in una operazione “falsa bandiera”, di cui in molti sospettano per non dire che son certi e l’effettiva quanto assurda attribuzione ad Assad dell’uso dei gas, assunto a pretesto per l’intervento decisivo degli Usa (giacché i ragazzi sono messi a mal partito davanti all’esercito governativo) si pone il problema a chi credere: al belga Pierre Piccinin o all’italiano Domenico Quirico?

I tg della sera hanno del tutto ignorato la testimonianza di Piccinin, mentre Chirico, festeggiato, la buttava tutto nella sua delusione per la piega presa dalla “rivoluzione laica” di cui era dapprima entusiasta. Resta però il nodo del “folle dire” di Piccinin, giusto per non dire direttamente che Piccinin è un folle, con il quale ha tuttavia condiviso una lunga prigionia. Anche Piccinin era inizialmente dalla parte dei “ribelli”, ma sente ora il “dovere morale” di dire una verità sulla quale tutto il mondo è ancora con fiato sospeso. Possibile che il nostro “connazionale” Quirico glissi sulla questione di fondo? Ossia se il suo compagno di prigionia è un “folle mentitore”, una specie di idiota che non capisce quel che sente o invece dice la verità?

Ecco un altro testo uscito sempre su Rainews24, dove parla Quirico:

Ragion di stato?
«…Un giorno però - ha aggiunto - dalla stanza in cui venivamo tenuti prigionieri, attraverso una porta socchiusa, abbiamo ascoltato una conversazione in inglese via Skype che ha avuto per protagoniste tre persone di cui non conosco i nomi".

"In questa conversazione - prosegue la ricostruzione di Quirico - dicevano che l'operazione del gas nei due quartieri di Damasco era stata fatta dai ribelli come provocazione, per indurre l'Occidente a intervenire militarmente".

"Io non so - è il racconto di Domenico Quirico - se tutto questo sia vero e nulla mi dice che sia così, perché non ho alcun elemento che possa confermare questa tesi e non ho idea né dell'affidabilità, né dell'identità delle persone"» (Fonte).
John Kerry
Davvero curioso. In pratica, conferma quel che dice Piccinin, ma ne ridimensiona la portata, dicendo di non aver potuto verificare l’attendibilità della fonte, come in genera opera un giornalista. Ma qui si tratta di ben altro e sono assai meno consistenti le intercettazione del Mossad che appunto sulla base di intercettazioni che nessuno può controllare, ammesso che esistano, pretende di certificare delle verità di sua fabbricazione sulla base delle quali il mondo intero dovrebbe andare in guerra, come in effetti è già successo una volta per l’Iraq. Incredibile ma la storia si ripete, una storia che non avrebbe insegnato nulla.

Nessuno nelle condizioni date può chiedere a Quirico o pretendere da lui nulla circa l’«affidabilità» di ciò che in due hanno sentito, ma interessa soltanto se lo hanno sentito sempre in due. Quirico deve assumersi la responsabilità di dire a Piccinin che è un mentitore, il quale parlando per entrambi dice: «noi siamo certi». E questi a sua volta deve confermare ciò che ha detto e quindi dire a Quirico che il mentitore è invece lui. Sembra però di capire come si vuol girare la frittata, italica frittata: è vero abbiamo sentito, ma quello che i tre ribelli dicevano fra di loro non è “attendibile”, mentre lo è quello che dice il Mossad, John Kerry, la CIA… È chiaro che la testimonianza dei due prigionieri è più attendibile delle bugie finora raccontate al mondo. Una spiegazione possibile di questa apparente frittata si potrebbe chiamare “ragion di stato”, ossia non rompere le uova nel paniere. Può mai un Piccinin far crollare come un castello di carte un “false flag” così faticosamente costruito? Sarà però interessante assistere nelle prossime ore e nei prossimi giorni il modo in cui il belga Piccinin verrà silenziato, ridimensionato, sbugiardato, scredita, fatto “impazzire” oppure al contrario se si aprirà una crepa nel mainstream dell’informazione.

Io non sono nazionalista e mi sono già fatto una personale opinione. Ognuno è libero di farsene una propria. Io ho cercato di essere obiettivo. Chi vuole può ricostruire i percorsi intellettuali, politici e professionali dei due contrastanti testimoni. La materia è delicata e scottante ed io non intendo dire di più.

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