domenica 22 novembre 2015

Manifestazioni musulmane al guinzaglio: il “not in my name” redatto dagli «amici assoluti di Israele».

Pare siano stato un fallimento, un “flop”, dicono, le manifestazioni dei musulmani italiani (due milioni?) che avrebbero dovuto svolgersi in varie città italiane. Sembrerebbe che i musulmani scesi in piazza siano state poche centinaia e per giunta non con gli slogan che si sarebbero da loro voluti sentire. Ma fallimento per chi e da quale punto di vista? Se si pensava di condurre al guinzaglio quanti fino ad oggi erano stati pubblicamente disprezzati e marginalizzati, questi hanno capito il gioco e non ci sono stati. Il terrorismo e la condanna e dissociazione dall’ISIS qui non c’entrano. Si tratta di altro. Lor Signori hanno fifa e sotto ricatto, minacce, lusinghe ci si accorge ora dell’esistenza di ampi strati marginalizzati di immigrati di religioni islamica e li si offende nuovamente, associandoli del tutto gratuitamente all’ultima creazione della CIA, cioè l’ISIS, forse sfuggita di mano ai loro creatori, finanziatori, infermieri, fiancheggiatori: ormai si sa chi sono e i media hanno difficoltà a far finta di non saperlo. In realtà, non ai musulmani d’Italia ci si doveva rivolgere, ma al Grande Fratello e Suoi Cugini, chiedendogli di licenziare la “creatura”, forse sfuggita di mano. La manifestazione non andava fatta a Piazza Santi Apostoli, ma davanti alle Ambasciate di USA, Israele, Arabia Saudita, Turchia, monarchie del Golfo.

Avrei voluto andare, per vedere, e sentire, a qualcuna di queste manifestazioni. Non l’ho fatto, perché non essendo musulmano, volevo rispettare l’autonomia e indipendenza della manifestazione e della sua organizzazione. Ma non tutti hanno avuto gli stessi miei scrupoli ed erano più numerosi degli stessi musulmani in piazza i Cicchitto (sulla rete di lui si legge, lodevolmente, da parte sionista, che sarebbe un «assoluto amico di Israele»), i Casini (con una faccia schifata che spero di riuscire a estrarre da un video You Tube), i Santi Egidio e Israele, vari sindacalisti, i giornalisti islamofobi e antislamici che volevano vedere tanti e tanti musulmani contriti e in atto di sottomissione, pieni di senso di colpa e vogliosi di ottenere perdono e redenzione... Insomma, una manifestazione forzata, imposta con la violenza morale... una vera e propria manifestazione di... razzismo! Il razzismo colonialista di chi crede di poter disporre ancora oggi a proprio piacimento di popolazioni incivili, da educare.

Ripeto, e preciso a scanso di facili equivoci: ritengo assolutamente non responsabili la quasi o assoluta totalità di islamici presenti in Italia, o perfino divenuti cittadini italiani, con quanto da anni succede in Siria e Iraq con la sigla e firma dell’ISIS, organizzazione politico-militare nemica da condannare e contrastare. Nella malaugurata ipotesi che vi siano connessioni fra alcuni individui e l’ISIS, si tratta allora di un limitato problema di polizia e di intelligence, ma assolutamente non si possono offendere e diffamare milioni di persone, che vivono e lavorano in Italia, associandone indebitamente la responsabilità a fatti criminosi. È come se per un siciliano o calabrese che in quanto mafioso o ndrantista commette reati esecrabili, venissero chiamati a risponderne, dissociandosi, tutti i calabresi, i siciliani, i napoletani... Io mi offenderei di brutto!

Il fallimento della manifestazione voluta dagli “amici assoluti di Israele” non è però affatto tale se lo si considera da un altro punto di vista. Ci si è dovuti accorgere dell’esistenza di un vasto strato di musulmani nella stessa cittadinanza italiana, ben più vasto della “comunità ebraica”: ecco il punto! Se si mettono a confronto i “diritti”, il grado di “integrazione”, di cui godono queste due diverse “comunità”, si notano distanze abissali! Si tratterà di vedere se gli “ebrei” italiani vorranno intrattenere con i “musulmani” italiani gli stessi rapporti che esistono in Israele (o Palestina) fra gli ebrei israeliani e gli arabi israeliani o gli arabi dei territori occupati e i palestinesi dei campi profughi. La Questione palestinese difetta di informazione e riflessione. Quindi, il pretendere qualcosa dagli Islamici d’Italia significa intanto riconoscerli, dare loro attenzione, stabilire un tavolo di trattativa per il riconoscimento delle legittime domande... Chiedono Moschee... Meglio dargliele, se non si vuole che a finanziarle sia l’Arabia Saudita o il Qatar che non danno nulla per nulla... Se qualche “terrorista” pensano di trovarlo in Italia, ovvero qualche imam che faccia propaganda per l’ISIS, questo reca il marchio wahabita dell’Arabia Saudita.

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