martedì 31 maggio 2016

39. Letture: Juliet MICHELET, Storia della rivoluzione francese. In quattro volumi (Rizzoli, 1981).

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Avendo interrotto bruscamente la serie delle mie “Letture”, rinasce l’interesse che ne stava alla base, dopo il periodo un poco turbolento della mia espulsione dal Movimento Cinque Stelle ed esclusione dalle Comunarie. Vi è stato un “reintegro” a seguito di Ordinanza del Tribunale, ma è ora ritornata una sufficiente calma per riprendere la stesura delle “Letture”, dedicate questa volta a un complesso di volumi tutti riguardanti la rivoluzione francese, che le esperienze fatte con il M5s, appena dette, mi ritornano ora di grande attualità, riuscendo adesso a collegare eventi in apparenza lontanissimi con fatti del presente ancora in svolgimento. Si prenda ad esempio l'istituto della rappresentanza politica e lo si compari con le declamazioni pentastellate sulla “democrazia diretta” e il principio “uno vale uno”. Non starò a descrivere analogie e dissonanze che ben potrebbero apparire forzate ed arbitrarie, ma sia almeno sufficiente poter dire che la rivoluzione francese non cessa mai di essere attuale, essendo sorto su quelle basi lo Stato contemporaneo che ancora oggi è la forma politica che  disciplina i nostri rapporti di vita associata e prassi politica.

(segue)

38. Letture: a) Paolo BECCHI: Cinquestelle & Associati. Il MoVimento dopo Grillo (Kaos Edizioni, 2016); b) Arthur KOESTLER, Buio a mezzogiorno (Oscar Mondadori, rist. 2015).

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Ho già spiegato che in Civium Libertas la serie di post “Letture” è diversa dalla serie “Recensioni”. La prima è costituita da annotazioni in corso di lettura o rilettura del libro, in pratiche note occasionali in margine a una o più pagine, mentre la seconda serie è uno scritto compiuto, redatto dopo e non prima che il libro lo si sia finito di leggere e valutare. Sono due tecniche diverse che rispondono a finalità diverse. La recensione ha una lunga tradizione accademica ed è un'attività scientifico accademica destinata in genere a pubblicazione in riviste accademiche. Detto ciò, tocca spiegare perché mi occupo insieme di due libri in apparenza tanto diversi. Stranamente, i due libri mi giungono dopo in mese circa che li avevo ordinati via internet. Per la sua attualità, avevo interesse a leggere il libro di Becchi appena uscito, finito di stampare nell’aprile 2016, mentre ora siamo a giugno. Il libro di Koestler,  con ultima ristampa nel 2015,, è invece del 1940 e la sua traduzione italiana presso Mondadori è del 1946.

Tocca spiegare perché abbia nutrito interesse a leggere contestualmente due libri così distanti nel tempo, secondo criteri inconcepibili per una qualsiasi recensione nel senso sopraddetto. Intanto è da dire che proprio ieri a una serie televisiva diretta dal giornalista conduttore televisivo Enrico Cisnetto vi è stata una puntata della serie “Roma Incontra”, dove Becchi ha parlato del suo libro, e di cui daremo il link della trasmissione, appena disponibile, in modo che i nostri Sei Lettori possano farsi immediatamente un'idea del contenuto del libro senza dover attendere che noi si sia terminato di leggerlo il libro: chi conosce i miei tempi sa quanto possono essere lunghi e oziosi. Il libro di Becchi abbiamo detto esce dalla stampa nell’aprile di questo anno 2016. Nell'incontro intervista con Cisnetto registrato ieri pomeriggio, 30 maggio, in uno studio romano che si trova a Palazzo Santa Chiara, dietro il Pantheon, e che è aperto al pubblico che può assistere direttamente alla registrazione. È quello stesso pubblico che poi si vede in televisione: questa volta ci sono anche io, in seconda fila, andato appositamente ed esclusivamente per vedere e sentire Paolo Becchi, il quale nella conversazione ha parlato di un evento che mi riguarda direttamente e che però giunge a maturazione il 12 aprile, quasi nello stesso istante in cui mi giungeva la notizia della morte di Gianroberto Casaleggio.

La data del 12 aprile 2016, a noi così vicina, sarà cruciale in qualsiasi libro di storia che si vorrà scrivere su quello che nel 2013 è di botto assurto come il principale partito politico italiano, poco rilevando gli scarsi margini di differenza che hanno fatto scattare il premio di maggioranza a favore del PD, che non ha però conseguito la maggioranza in Senato, producendo quegli strani fenomeni politici che stiamo sperimentando nel momento in cui scriviamo. Il libro di Becchi ci aiuterà nella ricostruzione degli eventi. Ah, stavamo quasi dimenticando di spiegare cosa c'entra Koestler. Presto detto. Il libro narra nella forma del romanzo quanto nel clima dei processi moscoviti del 1938 successe a un militante comunista, Rubasciov, che «finisce con il condividere il punto di vista dei suoi inquisitori, e accetta la morte come l'ultimo servizio da rendere al partito». Ho ritrovato questo “punto di vista” in numerosi Attivisti del Movimento Cinque Stelle. Riferivo loro gli evidenti torti che lo «Staff di Beppe Grillo», che agiva “in nome e per conto di Beppe Grillo”, ma dei cui atti è alquanto dubbio che Beppe Grillo sapesse molto, anche se poi magari ratificava e avallava. Pur riconoscendo l'oggettiva evidenza dei torti fatti ad Attivisti che nel M5s avevano militato con “onestà” ed abnegazione,  questa specie di Attivisti, detti in gergo Talebani, persistevano nel ritenere che si dovesse condividere la sorte di Rubasciov. Per lo meno l'Ordinanza di un giudice ha avuto il pregio di non consentire più alibi morali di nessun genere: l’ingiustizia è stata commessa dal Capo politico ovvero dal suo Staff.

Ad ogni uomo o donna normali capita nelle vita di “innamorarsi” e molto spesso capita anche di incorrere in delusioni amoroso o non felice coronamento delle suggestioni iniziali. Si scrivono poi infiniti “romanzi d’amore” che formano estesi generi letterari. Capita anche di innamorarsi di dottrine o movimenti politici. È quello che è successo per Paolo Becchi con il Movimento Cinque Stelle: lo racconta senza nessun astio o risentimento nel libro che ha scritto per narrare il suo privato coinvolgimento, ma anche per offrire una suo analisi di una forza politica che dal nulla è balzata al 25 % dell'elettorato italiano. Un fatto che di per sé si impone all’attenzione di ogni studioso e analista politico. Di tutte le analisi che possono farsi e si faranno, di certo quella di Paolo Becchi ha una sua indubbia rilevanza. La dis-iscrizione dal Movimento non è dovuta in Becchi da un suo personale cambiamento, ma dal mutamento del Movimento in Partito, cosa che Becchi è stato tra i primi ad aver rilevato e analizzato.

Lo sbarco in Sicilia, 2012.
Trattando del M5s un problema che si pone è quella della sua datazione di nascita, del suo inizio. Io distinguerei fra un dato oggettivo, assoluto, che può essere il 2004, il suo big-bang - come Becchi rileva - da un dato relativo, che è diverso per ogni singolo attivista e che è quello della sua adesione, diverso a sua volta a seconda che il Movimento venga percepito come un fatto di costume, sociale, comunitario o un fatto specificatamente politico. Poiché ogni Attivista è in grado di ricostruire dall'interno la storia del Movimento, diventa diversa per ognuno la data di inizio. Per quanto mi riguarda, ricordo di aver avuto interesse e simpatia per questa nuova forma partecipativa fin da quando ne ebbi notizia, e non saprei dire quando perché non tengo un diario. Ma ricordo perfettamente quando ebbi la percezione che non si trattava più di un fatto di costume, per il quale si poteva avere o meno simpatia e condivisione, ma di un fatto precipuamente politico. E - come ben rileva Becchi (p. 20-21: “vera rivoluzione”) - fu esattamente il 28 ottobre del 2012 alle elezioni regionali siciliane, quando il Movimento Cinque Stelle che correva
da solo risultò il primo partito con il 14,88 % dei voti e 285.202 elettori per Giancarlo Cancelleri. Senza essere io un sondaggista ritenni insieme ad un mio amico che questo risultato sarebbe stato confermato l’anno successivo alle elezioni politiche nazionali. E così fu. E da allora fa data la mia adesione intellettuale al M5s in quanto soggetto politico. Da quel momento disposi il completo disimpegno da ogni altra militanza politica, necessariamente dettata dallo scenario politico esistente, verso il quale ero largamente insofferente, e contrastato fra il completo disimpegno politico e un atteggiamento fortemente critico e oppositivo all’interno di uno dei partiti politici esistente. È qualcosa di assolutamente esteriore la data della mia iscrizione al Blog nazionale di Beppe Grillo. E dico ciò non per ricostruire una mia biografia politica, ma per rapportare i dati del mio punto di osservazione con i necessari riferimenti cronologici che si trovano nel libro di Becchi.

(segue)

Paolo Becchi: «Italicum, è già tempo di ritocchini: come eliminare in modo indolore il M5S».

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L’articolo usciva sul Fatto Quotidiano del 26 giugno  2015. Ogni articolo ha una sua data ed è in quel contesto temporale che deve essere letto. Da allora è forse mutata la percezione della legge elettorale detta Italicum, concepita dapprima per eliminare il Movimento Cinque Stelle come possibile competitore, ma oggi si rivela come un'arma a doppio taglio: potrebbe favorirlo se giungesse al ballottaggio. Non per nulla si parla di una sua ulteriore modifica proprio da parte di quelli che l’Italicum lo avevano concepito e voluto. Adesso però per il M5s si aprono nuovi problemi che attengono alla sua democrazia interna, che l’Italicum forse rischia di aggravare. L'imprevedibilità e la sorpresa sono componenti della dinamica politica e ogni previsione rischia di essere frustrata dagli eventi.
 AC

Certo che il nostro Paese è veramente sorprendente. Prima si approva in tutta fretta una legge elettorale, –l’Italicum, presentandola come la legge più bella del mondo. Persino il ‘notaio’ che ora siede al Quirinale l’’ha fatta passare senza batter ciglio. Ed il tutto in un delirio di cinguetii su Twitter e sperticate lodi sui quotidiani da parte dei grandi nomi tutelari del diritto costituzionale, da Augusto Barbera a Ceccanti e D’’Alimonte. Finalmente una legge che consentirà la governabilità…e a Renzi di campare in eterno! Ed il fatto che quella legge presentasse gli stessi profili di incostituzionalità del vecchio Porcellum, ai cattedratici  del vecchio ‘pool’ Napolitano poco importava.

Ma ecco che le ultime elezioni regionali rivelano l’’imprevisto: dove si è andati al ballottaggio, vince il M5S! E allora? Non era proprio il ballottaggio, come aveva detto D’’Alimonte, “uno strumento democratico straordinario”, perché costringe “i partiti a scegliere candidati appealing: validi e in grado di catturare, come seconda scelta, il voto di quegli elettori che al secondo turno si trovano nell’impossibilità di votare il proprio partito”? (D’Alimonte, intervista a L’’Espresso, 5 maggio 2015).
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Sì, ma dipende chi vince. Se è il M5S, allora si scopre all’’improvviso che legge elettorale più bella del mondo ha già bisogno di un ritocchino: al posto del premio alla lista, sarebbe meglio darlo alla coalizione. In questo modo, centrodestra  e centrosinistra potrebbero assicurarsi di andare solo loro al ballottaggio, lasciando fuori dai giochi il M5S. Ed è ancora D’’Alimonte a spiegarlo, apertamente: bonus alla coalizione ha proposto il 23 Giugno– attraverso un nuovo accordo tra Renzi e Berlusconi. Il leader di Forza Italia, ha aggiunto, potrebbe garantire a Renzi i voti sulla riforma del Senato, ed in cambio ottenere il premio alla coalizione, in modo da essere lui ad andare al ballottaggio con il Pd alle prossime elezione: una specie di ‘patto del Nazareno-baby’ per eliminare il pericolo pentastellato.

lunedì 30 maggio 2016

Paolo Becchi: «Il referendum greco e quello del M5S»

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L’articolo usciva sul Fatto Quotidiano del 4 luglio  2015. Da allora non si può dire che sia aumentata la chiarezza della linea politica del Movimento, o meglio della sua direzione politica. Vi sono almeno due temi sui quali ci si sarebbe aspettata una maggiore chiarezza da parte dei cittadini: adesione o meno alla Nato e la posizione nei confronti dell’Europa ovvero della Unione Europea e delle sue istituzioni. Sembra che si abbia paura di una posizione chiara su queste materie, oppure più semplicemente e miseramente non si ha un pensiero politico e strategico. Se per oltre mezzo secolo la politica e il sistema di un Paese è strettamente vincolato e dipendente da istituzioni che vincolano pesantemente la propria sovranità, l’uscirne fuori non è cosa da poco conto e richiede una grandissima preparazione che i ragazzi miracolati in parlamento non sembrano proprio avere... Si affidano ora all’uno ora all’altro, ma non sembrano neppure in grado di discernere fra le diverse soluzioni proposte. Lo si è visto a Roma in occasione di un convegno sulla Nato a cura dei parlamentari della commissione esteri e lo si era visto con la proposta di referendum di cui si occupava Paolo Becchi nel suo articolo del luglio 2015, meno di un anno fa, che ora ripubblichiamo.
 AC

«Tsipras straordinario! Sta dando l’ultima parola al popolo greco! Anche noi vogliamo il referendum sull’Euro!». Così Grillo si prepara al Tutti-ad-Atene, cercando di convincere gli italiani che il referendum che si svolgerà domenica in Grecia si ripeterà entro la fine dell’ anno anche in Italia.

Ancora una volta, Grillo sembra preoccuparsi più degli slogan che della realtà delle cose. In Grecia, infatti, la costituzione prevede, all’art. 44 c. 2, che «il Presidente della Repubblica può indire con un suo decreto un referendum su gravi questioni nazionali». Era dunque scontato l’ esito del ricorso sull’ammissibilità della consultazione, legittimata venerdì dal Consiglio di Stato greco.

In Italia, la situazione è, invece, alquanto diversa. Anzitutto, il M5S cercherà, come ha annunciato, di far approvare, mediante una iniziativa di legge popolare, una legge costituzionale che introduca, come avvenuto nel 1989, un referendum ad hoc , poiché non previsto dalla costituzione.

M5S - Beppe Grillo presenta il referendum sull'EuroMa va incontro a tre ostacoli:

1) le Camere non hanno alcun obbligo di porre effettivamente in discussione il progetto di legge;

2) anche ammesso che i parlamentari del M5S riescano ad imporre la “calendarizzazione” del progetto di legge, l’’iter per la sua approvazione non potrebbe comunque essere che quello previsto dall’art. 138 Cost., per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali. Per queste ultime, si prevede una procedura rinforzata, ai sensi della quale le leggi sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione;

(3) l’’art. 138 Cost. prevede che, ove la legge venga adottata a maggioranza assoluta, essa possa essere sottoposta a referendum popolare qualora, entro tre mesi dalla pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. È vero che non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti, ma pare inverosimile che il M5S possa pensare non solo di far approvare la legge, ma addirittura di riuscire, in seconda votazione, a farla passare con una maggioranza di 2/3.

Insomma, per come la si voglia vedere, il referendum indetto da Tsipras è una cosa seria, quello proposto da Grillo una cosa ridicola. Domenica in Grecia si vota per davvero, a dicembre in Italia non ci sarà alcun referendum. E verrebbe da concludere per fortuna, poiché considerato lo scarso numero di firme raccolte rispetto ai milioni di firme che si intendevano raccogliere il referendum si sarebbe potuto rivelare un pericoloso boomerang.

giovedì 26 maggio 2016

Paolo Becchi: «La Raggi? Il suo Staff? Ecco la prova che il Movimento non si fida più di nessuno!»

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È un’intervista concessa da Paolo Becchi a Lucia Bigozzi il 24 maggio 2016 e apparsa su Intelligonews. L’accusa che sempre più spesso viene mossa alla leadership del M5s è di non avere “cultura di governo”, ossia persone adatte a porre mano alle gravissime difficoltà che ad ogni livello si impongono a chi deve risolvere i problemi del Paese nel momento più tragico della sua storia dal dopoguerra ad oggi. Il M5s deve la sua fulminea crescita a un’implosione del sistema dei partiti tradizionali che ha premiato un ceto di miracolati in parlamento che al massimo dal 2013 ad oggi hanno imparato l’uso dei regolamenti parlamentari o a muoversi sul piano di quella comunicazione, di quella civiltà dell'apparire in luogo dell'essere, della quale si erano detti inizialmente nemici e “diversi”. Alla sfida dei fatti come reagiscono? Chiudendosi a riccio in una difesa corporativa, espellendo dalle loro fila i più capaci e pericolosi, insistendo sulla loro presunta superiorità morale unita a incapacità ossia assenza della benché minima “cultura di governo”, con la chiusura davanti alla società civile, sempre invocata ma poi imbrigliata dalla Casaleggio Associati, la cui opacità è costante oggetto di critiche, per nulla fugate dalla apparizioni televisive di un ragazzo di nome Alessandro.
 AC

Il Pentathlon grillino
– “Purtroppo si è passati dalla democrazia diretta a quella eterodiretta ed è un dramma vedere un Movimento che non si fida più di nessuno e ricorre ai contratti o allo staff”. Non usa giri di parole Paolo Becchi, docente universitario un tempo vicino al Movimento di Grillo, che nell’intervista a Intelligonews analizza cosa è, come funziona e, secondo la sua visione, cosa c’è dietro allo staff politico che affiancherà Virginia Raggi a Roma.

• Lei che conosce le dinamiche interne al M5S, come legge lo staff politico che affiancherà Virginia Raggi a Roma? E’ uno strumento per un'azione “eterodiretta” come sostengono in molti?

– «E’ un organismo che non ha alcun valore dal punto di vista giuridico, come i famosi contratti. Quindi la Raggi può aver firmato ciò che vuole, adesso se ne parla ed è una cosa molto grave quella che è stata fatta, ma comunque se la signora di opponesse può farlo perché quel contratto giuridicamente è privo di qualsiasi valore».

• Raggi, il Prof. Becchi: 'Lo staff? La prova che il Movimento non si fida più di nessuno'
In che senso?

– «Nel senso che nessuno ti può obbligare a diventare sindaco e poi dimetterti perché lo staff ha deciso una cosa del genere. Sicuramente ha un effetto deterrente, nel senso che vuole condizionare la gente. E’ un dramma quello di vedere un partito che in sostanza costringe a queste cose perché si vede che non si fida della sua gente perché se ti faccio firmare un contratto, vuol dire che ho paura che anche tu potrai tradirmi, altrimenti se sai che rispetto le regole non hai bisogno di sottopormi alcun contratto. Oltretutto, ripeto, non ha alcun valore giuridico e quindi che l’abbia firmato o meno non cambia nulla. Piuttosto, ciò che conta è il dato politico, ovvero il segno di un Movimento direi ormai allo sbando, che non si fida di nessuno, neanche delle persone che candida. Purtroppo, si è passati dalla democrazia diretta a quella eterodiretta».

sabato 21 maggio 2016

Paolo Becchi: «Corte Costituzionale e M5S: l’onestà è importante, la coerenza pure».

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L’articolo si trova sul Fatto Quotidiano del 6 novembre  2015. L’articolo non è più di stretta attualità, ma noi proseguiamo a ritroso nel tempo la ripubblicazione degli articoli di Becchi sul Movimento Cinque Stelle proprio per verificarne alla luce dell'attualità le analisi e le previsioni fatte in un passato recente. La lezione dei fatti presenti è forse la migliore lettura che si possa fare dei fatti analizzati in passato: saranno i fatti a smentire i fatti, sempre suscettibili di diverse ed opposte interpretazioni tanto nel passato quanto nel presente, quasi a testimoniare che è l'intenzione politica a dare un senso ai fatti stessi, nel passato come nel presente. Ripetiamo anche qui una nostra osservazione di carattere generale sul Movimento Cinque Stelle: non ha ancora un suo ceto politico, una sua leadership che riveli per davvero la “novità” che pretende di costituire in questa ultima fase della storia italiana.
 AC

Dopo trenta fumate nere per la nomina dei componenti della Corte Costituzionale ci si avvia a quanto pare ad una nuova spartizione di posti. Sul ruolo politico ormai essenziale e decisivo della Consulta non è il caso di insistere: basti ricordare, fra tutte, la pronuncia sulla legge Fornero, per non parlare di quella sul Porcellum. Considerato l’alto quorum richiesto, Renzi sa di non avere i numeri per farcela da solo. I membri nominati dal Parlamento sono, infatti, eletti da quest’ultimo in seduta comune delle due Camere, a scrutinio segreto e con la maggioranza dei due terzi dei componenti l’Assemblea, nei primi tre scrutini, e dei tre quinti dei componenti dal quarto scrutinio in poi. Non c’è dubbio, Renzi dovrà trattare con le forze politiche presenti in Parlamento, e non sarà difficile accordarsi su due nomi con Berlusconi. Questa è la logica partitocratica. E già i nomi circolano. Ma sul terzo? Assisteremo ancora una volta all’uso del “metodo Sciarra”?

L’ultima eletta nella Consulta è stata di fatto nominata grazie a tacito accordo, che a mio avviso non corrisponde allo spirito del MoVimento: Sciarra (in quota Pd) alla Corte costituzionale per Zaccaria (in quota al M5S) al Csm. In quell’occasione si è visto come la linea del MoVimento di richiedere, quale unica condizione per l’appoggio, candidati di specchiata moralità, si sia rivelata politicamente fallimentare: per quanto l’“onestà sia finalmente tornata di moda”, il primo atto di Zaccaria, sulla cui onestà peraltro nessuno dubita, è stato quello di astenersi bloccando la scelta di Nino di Matteo alla Procura Nazionale Antimafia e favorendo, al suo posto, il candidato di Napolitano. Bel risultato! Dietro al richiamo alla “moralità”, il M5S è finito in quel caso, volente o nolente, nella logica dei partiti, senza peraltro neppure saperla controllare ed accettando – di fatto –  le condizioni poste da Renzi.

Oggi il clima politico è cambiato e una forza politica del tutto sui generis, che continua a rivendicare la propria diversità e aspira giustamente al governo del paese, dovrebbe dimostrare la fedeltà ai suoi principi originari. L’onestà è importante, ma la coerenza pure e abbia la fedina penale pulita.

Non si potrebbe allora lanciare “Rousseau”, il nuovo sistema operativo del MoVimento, proprio con una discussione trasparente  in Rete sulla Consulta? Ci sarebbe ancora tempo per discutere nello spirito originario del MoVimento alcuni nomi in Rete, votarli tra gli iscritti e poi proporli in Parlamento. È questo un sogno di altri tempi? La Rete si limiterà a ratificare nomi concordati  dal  cosiddetto “Direttorio” con Renzi, o forse non verrà neppure più interpellata,  e messa di fronte al fatto compiuto, con la solita scusa che non c’è tempo? C’è un nuovo sistema  operativo e allora è lecito chiedersi perché non cominciare ad utilizzarlo proprio per una occasione così importante.

giovedì 19 maggio 2016

Paolo Becchi: «Trani indaga su Deutsche Bank: la caduta del governo Berlusconi fu davvero ‘un colpo di Stato’?».

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Estraggo da il Fatto Quotidiano, del 7 maggio 2016, un articolo di Paolo Becchi, che continua la problematica da lui già affrontata nel suo libro Colpo di Stato permanente, edito nel 2014 presso Marsilio. Con questo post inizia in Civium Libertas la raccolta sistematica degli articoli di Becchi su questo specifico argomento. Il momento iniziale del colpo di stato è individuato nella caduta del governo Berlusconi e nella nomina di Mario Monti a presidente del Consiglio con il concorso extra-istituzionale dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in esecuzione di un disegno ordito da “poteri forti” estranei agli interessi, alla libertà, alla sovranità del nostro Paese. Tutto questo accadeva nel 2011, quando ancora non aveva fatto irruzione sulla scena il Movimento Cinque Stelle, la cui narrazione è qui fatta nella serie A degli articoli di Becchi da noi raccolti e ordinati.
A.C.

Come a Caporetto: una pagina di storia
La recente notizia dell’apertura di un’indagine, da parte della Procura di Trani, sulla Deutsche Bank per le operazioni – 7 miliardi di euro di valore –  effettuate sui titoli di Stato italiani tra il gennaio e il giugno del 2011, ci obbliga a fare i conti, finalmente, con quanto avvenuto in Italia nel corso di quel drammatico anno. Un colpo di Stato: era questa la tesi che avevo sostenuto per indicare come la caduta di Berlusconi ed il conferimento dell’incarico di Presidente del Consiglio a Monti, non fosse stato che il risultato di una operazione decisa da “poteri forti” estranei al nostro Paese e realizzata con la complicità dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Tutti ricorderanno come sia stata l’improvvisa crisi dello spread a determinare la fine del governo Berlusconi: lo spread cominciò a salire dai primi giorni di luglio 2011, raggiungendo quota 244, per poi, da agosto in poi, crescere vertiginosamente fino ad arrivare, la seconda settimana di novembre, a quota 553. Chi come il sottoscritto  sollevò, allora, l’ipotesi che lo spread fosse stato “forzato” a salire artificialmente e con il solo scopo di costringere Berlusconi alle dimissioni, venne accusato di “complottismo”. E ciò nonostante i fatti parlassero chiaro: Mario Draghi, in una lettera segreta in seguito resa pubblica a fine settembre, aveva già dettato a Berlusconi misure urgenti per evitare il collasso dell’Euro e ad ottobre Merkel e Sarkozy si erano lasciati sorprendere, durante una conferenza stampa, ad ironizzare, con una certa complicità, sulla loro “fiducia” nei confronti di Berlusconi.

Poi sono cominciate, lentamente, ad uscire alcune rivelazioni. Alan Friedman, nel 2014, rivelò che, già nel giugno 2011, Napolitano aveva sondato Mario Monti, chiedendogli se sarebbe stato disponibile a prendere il posto di Berlusconi. La pubblicazione del testo di un’audizione del 7 dicembre 2011 di Paolo Savona ha rivelato inoltre che nell’agosto 2010 l’allora ministro Tremonti avrebbe confermato l’esistenza di un piano straordinario del governo per abbandonare l’Euro e tornare alla lira. Che la Germania avesse il massimo interesse ad impedire ad ogni costo questo “piano B”, appare evidente. Ed ecco che, ora, si scoprono le manovre di Deutsche Bank per alterare il prezzo dei titoli di Stato italiani, cominciate proprio nei mesi in cui fu avviata la crisi del debito italiano che portò alla caduta del governo Berlusconi.

Qui non si tratta, bene inteso, di difendere una parte politica nei confronti di un’altra. Si tratta di fare finalmente chiarezza su quanto accaduto. È tempo che una commissione parlamentare d’inchiesta si prenda il compito di far luce su quello che è successo in quell’anno. Né più né meno che “un colpo di Stato”, continuo personalmente a pensare. Certamente una crisi che ha segnato la fine della “Seconda Repubblica” e l’inizio di quella  stagione che, oggi, ha portato Renzi al potere. E con lui il tentativo  di concludere  quel colpo di  Stato con la distruzione dell’ordine democratico attraverso la demolizione della Costituzione.

mercoledì 18 maggio 2016

Paolo Becchi: «M5s, il fallimento della politica dell’onestà».

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L’articolo si trova sul Fatto Quotidiano ed esce in data odierna del 18 dicembre 2016, mettendo il dito sulla piaga. Ho appena finito di vedere la trasmissione di Otto e Mezzo con la Gruber che intervista Luigi Di Maio con un replicante abbastanza benevolo, il Massimo Franco del Corsera. Mi costi pure quel che mi potrà costare, ma su Di Maio ho da dire che all'inizio provavo simpatia e ammirazione per un giovane politico promettente, ma adesso dopo mezz’ora di elusività mi ha dato l’impressione di quei giovani, ahimé disperati, che mi piombano in casa ogni settimana per convincermi, ogni settimana a cambiare gestore del telefono, di luce e gas, ogni settimana. Uno dovetti metterlo alla porta in malo modo, appena mi accorsi che mi stava truffando, dopo averlo trattato con ogni cortesia e benevolenza. Ho poi notato una complicità mediatica sia del giornalista Franco sia della Gruber per aver eluso l’Ordinanza cautelare del Tribunale civile di Roma, che reintegrando tre Espulsi ha dato il via a un nuovo corso, addirittura alla legge attuativa dell'art. 49 della costituzione, in attesa dal 1948. È stato come se vi fosse una strategia mediatica condivisa, come se avessero concordato prima di non toccare un tasto che poteva portare molto, ma molto lontano... Sul merito dico quel che mi passava per la mente: un’analogia con ciò che seguì a Mani Pulite dal 1992. Vi fu anche allora un sommovimento politico al grido dell’onestà e della corruzione, per poi ritrovarci oggi con maggiore disonestà e corruzione. Diceva un filosofo antico: non ci si bagna due volte, nella stessa acqua. E comunque seguendo il trend ci dovremmo ritrovare con una maggiore disonestà e una maggiore corruzione, aggravata da manifesta incapacità e dilettantismo, mentre la crisi economica e sociale del Paese è ancora più grave e disperata di quanto non lo fosse nel 1992.
 AC
Mentre ormai sta diventando chiaro agli occhi di tutti il fallimento di una politica fondata su onestà e purezza della fedina penale ecco la riscossa a cinque stelle con la carta dell’onestà contro la corruzione. Diciamolo subito con franchezza: si tratta solo di un’arma di distrazione di massa per far sì che televisioni e giornali smettano di parlare della struttura antidemocratica di un partito che con la scusa dell’onestà espelle chi vuole senza rispettare alcuna regola. Ma consideriamo oggi un po’ più a fondo questa vera e propria ideologia dell’onestà che contraddistingue il M5s.

Il seguito è un fatto difficilmente confutabile: il capitale finanziario nella sua attuale fase di sviluppo ha superato quella che aveva prodotto nel secondo dopoguerra il cosiddetto welfare state. In questa precedente fase la politica conservava ancora un margine di autonomia, la presenza in particolare di una forza operaia concentrata, con partiti che nel bene e nel male rappresentavano i suoi valori e i suoi interessi, alimentava la possibilità di un’azione, per dirla schmittianamente “katechontica“, capace cioè di frenare i peggiori spiriti animali del capitalismo.

Questa fase è finita. La politica, come strumento di mediazione tra i diversi interessi, quando il capitale è diventato „totale“, scompare. La finanza riduce la politica a puro e semplice epifenomeno del suo stesso processo.  Quando è il caso il potere finanziario sostituisce persino i governanti con suoi funzionari o ammette politici, come Renzi, compatibili con le linee guida imposte dai mercati finanziari. Il colpo di Stato che ha consentito nel 2011 di eliminare politicamente il governo presieduto da Silvio Berlusconi e la sua sostituzione con Mario Monti è stato l’esempio più eclatante di un intervento diretto. Ma il processo di dissoluzione della politica era cominciato già prima, con Tangentopoli, anche se qualcosa evidentemente è andato storto, perché oggi ci troviamo nella stessa situazione di allora, senza però avere i partiti di allora.

La grande finanza considera i partiti politici, vecchi o nuovi che siano, come un impiccio, il residuo di una democrazia ormai morente. I cosiddetti corpi intermedi (forze politiche, sindacati eccetera) rallentano le decisioni immediate, veri propri diktat di cui l’esempio più chiaro è stata la famosa lettera della Bce del 2011. Decisioni che devono essere applicate immediatamente e senza discussione. Questo tra l’altro spiega anche la necessità di sostituire Costituzioni come la nostra, ancora legate ad un’epoca in cui la democrazia era considerata il valore politico per eccellenza. In un mondo sempre più dominato dalla finanza, dall’economia finanziaria, la democrazia ha perso ogni senso, si trasforma in democrazia di facciata. Partiti, sindacati, sono forze frenanti che devono essere delegittimate.

C’è un legame che andrebbe indagato tra sviluppo del capitale finanziario e movimenti “giustizialisti“. Lo scopo è quello di delegittimare i politici, identificati con la casta, e lo Stato sprecone ed inefficiente. La prima Lega Nord è cresciuta in questo terreno ideologico. Oggi è in questo contesto che si colloca il Movimento Cinque stelle. Il giustizialismo si contrappone al ceto politico diffondendo l’idea che partiti e politici siano tutti corrotti e che tutti i nostri guai derivino dall’esistenza della „casta“, responsabile di aver creato un enorme debito pubblico.

La politica, che ormai ha perso ogni significato, si trasforma così in morale, o meglio in moralismo, nell’onestà di cui tanto si sciacqua la bocca il Movimento Cinque Stelle: cittadini onesti contro politici corrotti. L’unica categoria politica che resta viene presa in prestito dalla morale: l’onestà e nel popolo si alimenta un risentimento sterile e impotente che non sposta di una virgola i rapporti sociali dominanti. Così la questione sociale viene trasformata in questione morale e occulta tutti i nodi fondamentali come la disintegrazione sociale, la perdita di sovranità a tutti livelli, la crisi delle istituzioni democratiche.

La necessità del potere finanziario è quella di soggiogare la politica costringendola a deperire. E la tecnica del controllo sociale si sposa molto bene con l’ideologia giustizialista, tutta focalizzata su un’idea astratta di legalità, come se tutti i problemi fossero risolvibili con la lotta contro l’evasione fiscale e la corruzione, dimenticando che non ci sarà mai giustizia sociale senza investimenti pubblici, senza politiche di deficit spending, senza il recupero della propria sovranità. È di tutto questo che il Paese avrebbe bisogno per uscire dalla crisi, e invece a cosa stiamo assistendo? Ad un nuovo attivismo della magistratura che non fa sconti a nessuno, neppure a quei giustizialisti che l’hanno sempre osannata.

Homepage degli articoli di Paolo Becchi in Civium Libertas

Vengono qui ripresi e ordinati per serie tematiche tutti gli articoli di Paolo Becchi già apparsi o che appaiono in rete su il Fatto Quotidiano, Formiche, Libero. Sugli stessi temi sono apparsi dello stesso Autore «Colpo di stato permanente. Cronache degli ultimi tre anni.» (Marsilio, 2014) e in ultimo «Cinque Stelle et Associati. Il MoVimento dopo Grillo» (Kaos Edizioni, 2016). Oltre il link al post di Civium Libertas è dato anche il link del sito web originario ed ogni singolo indice di sezione è disposto per ordine numerico e per ordine cronologico.

A.
Sul Movimento Cinque Stelle
- Indice numerico -

1. Articolo di Paolo Becchi, ripreso da il Fatto Quotidiano del 1° maggio, sulla Ordinanza cautelare emesse il 12 aprile dal Tribunale di Roma nella causa Caracciolo, Motta, Palleschi contro Beppe Grillo.
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25. Di Battista, una ‘bufala’ del New York Times fa più notizia della Libia, ripreso da il Fatto Quotidiano del 17 febbraio 2015.
30. Brexit, il M5s prima vuole il referendum anche in Italia. Poi cambia idea, ripreso da il Fatto Quotidiano del 24 giugno 2016.
31. Quirinarie o ‘metodo Sciarra’? Questo è il problema, ripreso da il Fatto Quotidiano del 21 gennaio 2015.
32. M5S, nessuna rivoluzione copernicana con il Comitato. Controlla ancora tutto Grillo, ripreso da il Fatto Quotidiano del 24 dicembre 2014.
33. Grillo è vivo e lotta insieme a noi, ripreso da il Fatto Quotidiano dell’8 dicembre 2014.
34. Siluro sui 5 stelle: “Dite tutta la verità sull'euro”, ripreso da Libero del 6 luglio 2016.
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A
Sul Movimento Cinque Stelle
- Indice cronologico -

- Grillo è vivo e lotta insieme a noi, ripreso da il Fatto Quotidiano dell’8 dicembre 2014.
- Brexit, il M5s prima vuole il referendum anche in Italia. Poi cambia idea, ripreso da il Fatto Quotidiano del 24 giugno 2016.
- Siluro sui 5 stelle: “Dite tutta la verità sull'euro”, ripreso da Libero del 6 luglio 2016.



B.
Sul «Colpo di Stato Permanente» e su Giorgio Napolitano
- Indice numerico -
1. Trani indaga su Deutsche Bank: la caduta del governo Berlusconi fu davvero ‘un colpo di Stato’?, apparso su Libero il 7 maggio 2016.
2. Napolitano, retroscena (spaventoso): comanda ancora, perché Renzi è costretto a non dirgli mai "no"», apparso su Libero il 10 luglio 2016.


B.
Sul «Colpo di Stato Permanente» e su Giorgio Napolitano
- Indice cronologico -



.C
Sull’euro e sull’Europa
- Indice numerico -

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Paolo Becchi: «Consulta, l’inciucio a 5stelle che fa un regalo a Renzi».

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L’articolo si trova sul Fatto Quotidiano del 17 dicembre 2016. Tratta di una situazione nella quale i parlamentari pentastellati si trovano tutte le volte che devono partecipare alla nomina di qualche carica istituzionale. Non possono trovare nelle loro fila, con il metodo del clic, i candidati che abbiano i necessari requisiti e dunque debbono rivolgersi a un mercato che a scelta fatta non deve loro rendere un grazie né poter venire “espulsi”, mandare lettere allo Staff di Beppe Grillo, essere costretti a presentare rapporto e simili. Il caso più eclatante è stato quello del “miracolato dalla rete” Stefano Rodotà, da allora stabilmente in circolazione. Il caso si ripresenta con la scelta di un giudice costituzionale. Non entro qui nel merito della candidatura, ma rilevo ciò che ho detto innumerevoli volte nei vari MU del Movimento. Manca un profondo e radicale dibattito culturale e politico nelle fila del Movimento, composto per la gran parte da iscritti che provengono dai vecchi partiti e di cui portano l'imprinting. La cultura che li caratterizza da 70 anni a questa parte può essere sintetizzata con un apparente ossimoro: «antifascismo fascista». I comportamenti recenti dello Staff, con le espulsioni, e le votazioni parlamentari, dimostrano come il M5s sia ampiamente partecipe di questa “cultura” che di innovativo non ha nulla, ma al contrario porta alle estreme conseguenze il peggio della vecchia partitocrazia, tipico al riguardo la resistenza di un Toninelli a quella necessaria legge di introduzione della legge attuativa dell'art. 49 cost. che attende dal 1948. Come per la legge attuativa del referendum abrogativo, interviene quando non se ne può più fare a meno.
 AC

Le votazioni per i membri della Consulta si sono chiuse con l’accordo tra il Pd e il M5S.

Sul blog di Grillo si è parlato spesso del metodo pentastellato per le elezioni alla Consulta. Già con riferimento alla Sciarra non si è però detto che non è stata mai votata in rete e che è stata solo il risultato di uno scambio con il Partito Democratico. Il MoVimento aveva, infatti, indicato altri nomi, che si dicevano essere stati «selezionati» in vista di una consultazione on line: Antonio D’Andrea, Franco Modugno, Silvia Niccolai, Felice Besostri. Inutile dire che essa non si è mai svolta. Inutile anche ricordare che, in realtà, ai tempi dell’elezione della Sciarra nessuno di quei nomi è mai stato “speso” dai parlamentari pentastellati, i quali hanno invece deciso di attendere le proposte del governo e di disperdere i propri voti tra i quattro candidati «per dimostrare che siamo in grado di far superare il quorum a un candidato condiviso col Pd, se buono». Insomma: l’intenzione in quella occasione era di aspettare un candidato idoneo del Pd. Ed il candidato è, infine, arrivato, permettendo uno “scambio di poltrone”: Sciarra alla Consulta per Zaccaria al Csm. Su quello che sinora ha combinato Zaccaria è meglio stendere un velo pietoso.

Ora dopo trentuno fumate nere ci sarebbe stato tutto il tempo per fare una consultazione on line nel rispetto delle regole del MoVimento ed invece i parlamentari senza alcuna consultazione con gli attivisti hanno deciso di puntare su un unico candidato, Modugno, escludendo gli altri, e accentando il candidato del Pd, dopo tra l’altro aver scritto sul blog di Grillo che mai avrebbero votato Barbera, per il suo passato politico e per l’essere stato sfiorato da una inchiesta relativa a concorsi truccati. Alla fine anche in questo caso ha finito col prevalere quello stesso scambio di poltrone già verificatosi a suo tempo tra Sciarra e Zaccaria.

Non si capisce molto bene in cosa consisterebbe il nuovo metodo pentastellato: al posto dell’ inciucio tra Forza Italia e il Pd abbiamo assistito all’inciucio tra il Pd e il M5S. E in questo caso non si potrà neppure dire che l’onestà è tornata di moda dal momento che, per lo meno stando ad alcune notizie apparse sulla stampa nel 2014, Barbera fu sfiorato persino da alcune inchieste in merito ad alcuni concorsi universitari. Beninteso, dal punto di vista della logica dei partiti tutto questo è accettabile, meno per un MoVimento, nato con l’intenzione di superare quella logica e di essere al di là della destra e della sinistra.

Resta il dato politico di fondo: nel momento di massima difficoltà politica di Renzi il M5S ha dimostrato di sostenerlo, togliendogli le castagne dal fuoco e mettendo nella Corte un fedelissimo delle sue riforme. Ma questo in fondo non deve sorprendere Barbera è l’ispiratore sia dell’Italicum che della riforma del Senato e votando Barbera il M5S ci ha fatto capire che nonostante in Parlamento abbia votato contro in realtà è favorevole ad entrambe. Sta insomma facendo il doppio gioco e sinora, se si considerano i sondaggi, sta funzionando egregiamente.

martedì 17 maggio 2016

Paolo Becchi: «Federico Pizzarotti, pensaci!».

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L’articolo si trova sul Fatto Quotidiano del 15 gennaio 2016. Tratta della nuova grana per il Movimento 5s costituita dall’avviso di garanzia mandato al sindaco di Parma Federico Pizzarotti e dalla polemica che ne è sorta fra Pizzarotti e i vertici del Non-Partito ovvero del suo Staff. I Lettori di questa serie di post in Civium Libertas hanno sufficienti informazioni per non dover qui riassumere fatti e antefatti. Lo spazio così risparmiato lo riserviamo ad alcune nostre osservazioni militanti di un militante “reintegrato” pienamente partecipe della lotta politica in corso. Se per i tre ricorrenti romani pare evidente e consolidata la strategia dello Staff e dei suoi terminali, ossia di ignorare le persone che hanno fatto ricorso, le loro ragioni, il riconoscimento giudiziario di queste loro ragioni, e quindi nel continuare in una campagna di diffamazione fatta in conclamata malafede, questa strategia non può funzionare con Federico Pizzarotti, con il quale il M5s nasce politicamente, conquistando il primo comune con il simbolo di Beppe Grillo. Ho parlato con alcuni attivisti parmensi per tentare un contatto diretto con Federico, ma mi sono imbattuto in suoi avversari politici nella gestione politica delle cose parmensi. Ho detto loro che non sono in grado di intervenire nello specifico parmense, ma che il mio approccio è di carattere nazionale e riguarda la strutturazione democratica, o meglio non democratica, del M5s. Di fronte alle spinte di chi vorrebbe la creazione di una sigla politica alternativa io obietto che sarebbe facilmente condannata all’irrilevanza, essendo ormai in fase avanzata l’avviamento commerciale del marchio Cinque Stelle. Al contrario, facendo leva sulla visibilità non cancellabile di Federico, diventa possibile una grande opposizione interna e contestativa dell'attuale leadership pentastellata, che si sottrae ai più elementari criteri di democraticità interna, come sempre più confermano i giudici ai quali attivisti delusi, arrabbiati, vilipesi sempre più si rivolgono. Siamo certi che ne sentiremo di nuove e troveremo ancora in Paolo Becchi un attento osservatore.
 AC

Federico Pizzarotti, sindaco di Parma
Ci risiamo. Eppure il Tribunale di Roma, con l’ordinanza che ha sospeso le espulsioni di tre attivisti romani, lo aveva spiegato bene: c’è, nel nostro ordinamento giuridico, un principio costituzionale da cui neanche (lo Staff di) StalinGrillo può prescindere: nessuno può essere punito per una condotta che non è prevista come illecita da una specifica legge né si può essere puniti se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Ora, “Non Statuto” alla mano, la condotta presa a pretesto per la sospensione di Federico Pizzarotti non rientra tra quelle che giustificano l’espulsione (previa sospensione) dal M5S, né una tale condotta è sanzionata dal Regolamento (un vero e proprio Statuto) pubblicato sul blog di Beppe Grillo nel dicembre del 2014, regolamento la cui validità è peraltro attualmente al vaglio di due Tribunali della Repubblica italiana in quanto non adottato nelle forme prescritte dal codice civile.

Anche il Regolamento candidature non annovera la condotta di Pizzarotti come passibile di sanzioni, tant’è che esso stabilisce, in modo più “garantista”, che il candidato non debba “aver riportato sentenze o provvedimenti di condanna penale, anche se non definitivi” e quindi non si vede come si possa applicare ad un sindaco, eletto dal popolo – che, è bene ricordarlo, esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato – una disciplina più rigida di quella prevista per il candidato alla carica elettiva… Né varrebbe obiettare che la “grave colpa” di Pizzarotti sia quella di non aver comunicato “allo Staff di Beppe Grillo” – entità anonima ed eterea, priva di qualsiasi soggettività giuridica – la notifica di un avviso di garanzia, visto che tale avviso, per il nostro ordinamento giuridico, ha la sola funzione di informare l’indagato che sono in corso indagini per verificare se ha commesso il reato di cui altri lo incolpano e che ha un significato processuale del tutto avulso da qualsiasi prognosi di colpevolezza (diversamente da quanto previsto per l’avviso di conclusione delle indagini).

Dunque: quale norma impone a Pizzarotti di comunicare ad un soggetto anonimo, lo staff di StalinGrillo, la pendenza di indagini? La risposta è semplice: nessuna. Lo tenga presente Federico Pizzarotti nel valutare l’opportunità di impugnare in Tribunale, così come hanno già fatto altri attivisti del M5S, provvedimenti di sospensione o espulsione ingiusti. Con un occhio alle statistiche: su quattro espulsioni impugnate quattro sono state ritenute illegittime e sospese: una media del 100%. A buon intenditor…

lunedì 16 maggio 2016

Paolo Becchi: «Vi racconto la guerra interna ai 5 Stelle» - Parla Becchi: Intervista di Gianluca Rosselli, in Formiche.net

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È un’intervista concessa da Paolo Becchi a Gianluca Rosselli il 14 maggio 2016 e apparsa su Formiche, da dove noi la riprendiamo, sempre con il consenso e permesso dell'Autore Prof. Becchi, di cui conduciamo una raccolta sistematica degli articoli che via via appaiono. Daremo poi anche notizia, con una nostra recensione, del libro su quella che noi scherzosamente chiamiamo l’Anonima Casaleggio. Lo abbiamo ordinato insieme ad altri, ma ci arriverà verso la fine del mese: terremo conto delle recensioni che appariranno fino a quella data. Nel frattempo è scoppiato il “caso” Pizzarotti, che si distingue dal “caso” romano (e napoletano) dei Tre Insorti Stellari in quanto e nella misura in cui per Pizzarotti non può funzionare il riduzionismo, il far finta che nulla sia, il dire come fa il ragazzo Di Maio che lui “è pagato” in parlamento per occuparsi del Paese, e simili baggianate, la congiura del silenzio, del “guarda e passa” del povero e defunto Gianroberto Casaleggio, degli “sporchi dentro” con cui Beppe tenta di gettare discredito sui Tre Insorti, senza neppure immaginare quale altro “sporcizia morale” nasconde in casa “sua” e sulla quale siede... Ma come in un corso universitario, di quelli tenuti dal Prof. Becchi e dei suoi Colleghi, ci vuole tempo, pazienza, costanza nell'impegno, assiduità nella frequenza, per dipanare tutti gli aspetti, tutti i problemi di una materia vivente e pulsante che è la vita stessa di questo nostro Paese, che ama di più chi di più ne conosce e studia gli eventi quotidiani. Rispondiamo ai commenti ingenerosi che compaiono nei Forum, dicendo che un docente universitario non limita il suo servizio ai pochi studenti che frequentano i suoi corsi, ma si rivolge alla società intera, all’intero Popolo italiano, nella misura in cui egli con la sua riflessione si considera un organo: lo stipendio che gli viene pagato - ahimé decurtato dai governi, non per volontà propria, parlo pure per me che qui scrivo - è ampiamente meritato e sudato, anche a rischio della propria incolumità fisica oltre al dover subire gli schizzi di fango anonimi e firmati che vengono dai vertici del M5S e dalla base dei Tabebani e dei Fan.
 AC

“Federico Pizzarotti ha subìto un regolamento di conti in una guerra per bande interna al Movimento Cinque Stelle”. Paolo Becchi, filosofo genovese tra i primi a sostenere l’M5S salvo poi andarsene qualche mese fa, non è troppo sorpreso da quello che sta accadendo a Parma. “Purtroppo è la conseguenza di due derive: da una parte l’eccesso di verticismo da parte della Casaleggio e Associati e del direttorio romano, dall’altra le deludenti prove amministrative in diversi comuni. Il tutto condito dalla novità degli ultimi giorni: gli avvisi di garanzia”, osserva Becchi, che da poco è in libreria con un volume proprio sul M5S (Cinquestelle e Associati. Il movimento dopo Grillo. Kaos edizioni).

• Professor Becchi, cosa deve fare ora Pizzarotti?

– Innanzitutto, da regolamento, deve attendere il responso del comitato d’appello. Che, essendo composto solo da fedelissimi del vertice, probabilmente procederà all’espulsione. A mio avviso, a quel punto, dovrebbe andare avanti e non dimettersi da sindaco. Parallelamente potrebbe portare il Movimento in tribunale, perché il modo in cui è avvenuta la sospensione è totalmente fuori dalle regole. Una mail anonima a parte dello staff. Ma cos’è questo staff? Un’entità metafisica? A Roma, per esempio, tre militanti espulsi, che hanno fatto ricorso, sono stati reintegrati. Infine, potrebbe fare la scelta politica di porsi come punto di riferimento dei dissidenti, mettersi alla guida del malcontento diventando così una vera spina nel fianco per l’M5S.

• Gli avvisi di garanzia sui grillini pesano più che in altri partiti?

– Purtroppo sì, perché se fai della legalità e della trasparenza la bandiera della tua azione politica, quando vieni colpito da un’indagine è devastante, anche in termini di consenso elettorale. Chi di giustizialismo ferisce, di giustizialismo perisce. In tutta questa storia il movimento ci fa una pessima figura per diversi motivi.

• Per esempio?

– Per primo, il modo arbitrario con cui è stato epurato Pizzarotti. Poi la questione della tripla morale: per i grillini non solo un avviso di garanzia che li colpisce è diverso da quello che colpisce gli altri partiti, ma c’è avviso e avviso anche per loro: quello a Nogarin e quello a Pizzarotti.

• Il direttorio sostiene che Nogarin non ha violato il regolamento, mentre Pizzarotti sì.

– Ma qui siamo al paradosso che conta più il loro presunto regolamento della legge italiana. Comunque la situazione è catastrofica un po’ dappertutto. Oltre al noto caso di Quarto, a Bagheria è scoppiato lo scandalo di una parentopoli grillina, ad Assemini il sindaco ha avuto sanzioni pecuniarie dalla Corte dei Conti, a Porto Torres il primo cittadino ha dato mandato a Equitalia (contro cui M5S ha sempre combattuto) di ritirare le imposte inevase e a Ragusa si è dato il via libera alle trivellazioni petrolifere, in barba alla politica del Movimento.

• Perché i grillini non riescono a governare?

– Perché prima si presentavano alle elezioni solo dove c’era un loro retroterra politico consolidato, con iscritti di vecchia data. Oggi invece si presentano ovunque, imbarcando gente improvvisata. La lista dei candidati a Quarto è stata compilata in sole due settimane.

• Da tempo i rapporti tra Pizzarotti e l’M5S erano in crisi.

– Casaleggio odiava il sindaco di Parma, non lo poteva vedere e suo figlio, alla prima occasione, l’ha cacciato. Ha tanto il sapore di una vendetta postuma. Pizzarotti, a differenza di Nogarin, ha sempre mantenuto una sua autonomia e questo nel M5S non è consentito. Ma è stato un grave errore politico che potrà diventare un boomerang.

• E’ iniziato il declino del Movimento?

– Tutto dipenderà da Roma. Se Virginia Raggi diventerà sindaco, allora potrebbe ripartire una nuova stagione. Se invece perderà, il declino diventerà inarrestabile. Di sicuro rappresentano sempre meno una novità della politica: stanno diventando un partito come gli altri, oltretutto con regole del tutto arbitrarie. Hanno un regolamento che sembra un complesso di scatole cinesi al cui confronto la massoneria è una casa di vetro. Ma mi faccia aggiungere una cosa.

• Prego professore.

– Mi fa sorridere che il Movimento sia contro la riforma costituzionale di Renzi, quando il ddl Boschi loro già lo applicano alla perfezione: i senatori a Cinque stelle da tempo non contano nulla, è come se non ci fossero. Una cosa incredibile.

domenica 15 maggio 2016

Paolo Becchi: «M5s: chi guida oggi il nuovo partito pentastellato?».

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L’articolo si trova sul Fatto Quotidiano il 6 gennaio 2016. Rispetto alla situazione descritta allora si sono succeduti due fatti coincidenti, ad una stessa data, anzi quasi alla stessa ora, che mutano gli scenari, o quanto meno introducono nuove variabili e incognite. La morte di Gianroberto Casaleggio e alla stessa data e ora la pubblicazione della Ordinanza Cautelare del Tribunale Civile di Roma che condanna la Casaleggio Associati, ovvero il capo politico del M5s al reintegro di tre Attivisti romani espulsi dallo «Staff di Beppe Grillo» con una procedura arbitraria e illegittima. Sono poi seguiti altri casi, in Napoli, con ben 23 espulsi, che hanno pure essi adito il Giudice napoletano. Ed in ultimo, di questi giorni, la sospensione del primo sindaco pentastellato, Federico Pizzarotti, di Parma, che pure lui annuncia di voler rivolgersi a un Giudice. Gli scenari descritti da Paolo Becchi in data 6 gennaio 2016 sono certamente inquietanti non solo per l'immagine del Movimento, alla quale si erano legati tanti Attivisti, ma sopratutto per l'Italia, se il Movimento dovesse presto assumere il governo del Paese-
 AC

Le trasformazioni all’interno del Movimento fondato da Grillo e Casaleggio sono sotto gli occhi di tutti. Grillo, dopo aver fatto togliere il suo nome dal logo, ha ormai altri pensieri (il ritorno alla sua vocazione iniziale). Nel comunicato politico n.54, in occasione delle europee, Grillo si era definito esplicitamente capo politico del M5S. Dopo la sconfitta, con il comunicato successivo aveva dichiarato di “essere un po’ stanchino”, ed aveva provveduto alla nomina di un Direttorio, ribadendo però di voler rimanere il garante. Ma allora chi è ora il capo politico? E come mai il garante non è intervenuto a far rispettare ad esempio le regole per le elezioni comunali, seguite solo nel caso romano? Togliendo il suo nome dal logo, ha fatto un ulteriore passo indietro. Il “mantra” al riguardo è che “Grillo lo aveva detto” che quando il MoVimento fosse cresciuto si sarebbe fatto da parte. A quanto pare ci siamo: Grillo è ormai assente, anche se ancora si sente la presenza della sua assenza.
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Si limita ormai a fare il Presidente del nuovo partito che invia gli auguri di Natale e di Buon Anno, riscaldando la solita minestra degli “onesti” e rinunciando persino a parlare di politica, ben guardandosi dal riconoscere onestamente il fallimento del suo originario progetto rivoluzionario per cambiare l’Italia. Non è neppure riuscito nell’impresa del referendum sull’euro a cui tanto diceva di tenere. E anche se le prospettive che si aprono, stando a sondaggi costruiti ad hoc, spronano il Movimento il tono è dimesso. Pochi minuti per non mettersi in contrapposizione al discorso del Presidente della Repubblica, o semplicemente perché non si ha più niente da dire. Sono comunque finiti i tempi della sfida con Napolitano. Ormai Grillo è diventato, come lui stesso ammette, un ologramma in un paese di ologrammi. Più che un augurio di fine d’anno sembra uno spot pubblicitario per lo spettacolino in programma a febbraio.

Si apre però un grosso problema. Nonostante questi cambiamenti resta ancora Grillo, in ultima istanza, il garante delle regole? E se non lui, chi è, oggi, il garante del rispetto delle regole del MoVimento? O forse, in assenza (o irreperibilità) del garante, non esistono più neppure le garanzie?

Il dato di fatto è che all’uscita di scena di Grillo non ha fatto seguito anche quella di Casaleggio, il quale a questo punto da solo esercita un potere assoluto sul nuovo partito, senza esserne il leader, anzi rivendicando di non esserne la guida, pur prendendo però di fatto tutte le decisioni politiche. Di questa figura si dovranno in futuro occupare gli scienziati della politica. Un uomo che utilizzando un comico è riuscito, grazie a un blog, a creare dal nulla una forza politica di cui ora controlla qualsiasi decisione e aspira a governare un intero paese è in effetti qualcosa di unico nelle democrazie occidentali. Da Weber in avanti è divenuto comune pensare che, nelle democrazie di massa, il leader carismatico funzioni come la reale forza che crea consenso e legittimazione.

Il MoVimento, volente o nolente, di fatto ne aveva uno: Grillo. E Grillo ci aveva insegnato “la nostalgia del mare vasto e infinito’’. Ora invece abbiamo una figura quasi invisibile sulla scena pubblica, che decide in segreto la linea politica della maggiore forza politica di opposizione. Insomma, si potrà dire tutto il male che si vuole di Berlusconi, Renzi e Salvini, ma sono leader che ci “mettono la faccia”. Nel caso del MoVimento, invece, con l’uscita di scena di Grillo, abbiamo una forza politica pilotata da chi è in grado, gestendo il blog che comunque porta ancora il nome di Grillo, di manipolare l’informazione e al contempo (come si è visto chiaramente nel caso della Consulta) di controllare i parlamentari – e, nell’ipotesi del futuro Governo pentastellato, di controllare persino l’esecutivo.

Una persona, Gianroberto Casaleggio, che non è stata mai eletta e votata da nessuno, controlla il maggior partito di opposizione, imponendo ai parlamentari decisioni prese da lui con il ristretto gruppo del Direttorio, che funge da cinghia di trasmissione per controllare tutti gli altri parlamentari ridotti al ruolo di semplici marionette, una persona che ormai utilizza la rete non come strumento di liberazione, ma come mezzo per manipolare le coscienze e che domani potrebbe addirittura controllare dall’esterno l’intero governo. Stiamo andando verso una nuova forma di democrazia, non quella diretta, bensì quella eterodiretta. Forse per l’oligarchia finanziaria dominante è ancora meglio della democrazia di facciata di Renzi. Del resto non è un caso che sin dall’ inizio la diplomazia americana e le grandi banche d’affari abbiano avuto un occhio di riguardo per il Movimento e ora, a conferma, uno dei quotidiani più autorevoli, il Financial Times, parli in prima pagina in modo elogiativo della sua possibile ascesa a forza di governo. Forse un partito ibrido, con un programma ibrido ma dichiaratamente filoatlantico e antipopulista che ormai ha archiviato Grillo come un fenomeno da baraccone, è ancora meglio del partito personale di Renzi.

sabato 14 maggio 2016

Paolo Becchi: «Quarto: Saviano chiama, il Movimento risponde».

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L’articolo si trova sul Fatto Quotidiano dell’11 gennaio 2016. Tratta delle prime esperienza governative pentastellate in vari comuni d’Italia. Ed è caos. La situazione di Parma è diversa da quella di Livorno: questa nostra nota introduttiva viene redatta in data 14 maggio, mentre l’articolo di Becchi descrive una situazione all'11 gennaio 2016, quando i riflettori erano puntati sul comune di Quarto in Campania. Al di là dello specifico campano sconcerta l’irrompere sulla scena di un personaggio, Saviano, tipo rappresentante del “moralismo alla Repubblica debenettiana”, che chiede le dimissioni della Rosa Capuozzo, richiesta prontamente eseguita dallo «Staff di Beppe Grillo» o dal medesimo Beppe.
 AC

Il Movimento 5 Stelle, alla prima esperienza di governo in diverse amministrazioni italiane, sta dimostrando di avere non pochi problemi nel mantenere una linea politica coerente ed univoca. A Parma, Pizzarotti governa in costante polemica e scontro con i vertici del movimento, ma con l’appoggio dei consiglieri comunali. Situazione inversa a Livorno, dove il sindaco Nogarin può vantare la fiducia assoluta dei vertici, ma conserva una maggioranza risicata (un solo voto) dopo i contrasti insorti con tre consiglieri pentastellati, poi espulsi dal Movimento per aver votato contro il sindaco.

Ben più inquietanti sono i casi di Gela e Quarto, in Campania. A Gela, quattro dei cinque consiglieri grillini hanno accusato il sindaco del loro stesso movimento di utilizzare “metodi clientelari”, e ne hanno ottenuto l’espulsione dal M5S: non era mai accaduto, è il primo caso di un sindaco “sfiduciato” dal movimento. Ma il blog di Grillo ha evitato di darne notizia. A Quarto, la situazione più grave. Un consigliere del movimento, Giovanni De Robbio, è stato indagato per voto di scambio e tentata estorsione aggravata ai danni del suo stesso sindaco, sempre del M5S, Rosa Capuozzo. Il consigliere si è dimesso immediatamente espulso dal Movimento, e Grillo, dopo un lungo silenzio, è intervenuto per difendere il proprio sindaco: «Il sindaco M5S di Quarto e l’amministrazione sono parte lesa e non hanno mai ceduto alle pressioni politiche dell’ex consigliere De Robbio».
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Ma la situazione è, improvvisamente, cambiata dopo che Roberto Saviano, con un tweet, ne ha chiesto le dimissioni: «Il sindaco di Quarto deve dimettersi. Se non lo fa, il M5S aggiungerà una blackstar al suo simbolo». Dal blog di Grillo arriva la “virata” dei 5 stelle, che “scaricano” il proprio sindaco: «Chiediamo con fermezza a Rosa Capuozzo di dimettersi e di tornare al voto. La strada dell’onestà ha un prezzo». La vicenda ha del grottesco, e del patetico. Il sindaco doveva essere immediatamente espulso o strenuamente difeso. Una delle due. Perché questo “ripensamento” improvviso? Il sindaco non era (ed è ancora) parte lesa? E poi: non era il M5S quello che aveva sempre tuonato contro i giornali, le pressioni della stampa e le sue campagne mediatiche? Ed ora si piega, senza batter ciglio, al tweet di Saviano, voce par excellence del moralismo tipico de «La Repubblica»?

Tutto ciò non fa che confermare, in realtà, il tentativo di normalizzazione intrapreso dal Movimento 5 Stelle, il tentativo di farsi spazio tra gli antichi interessi e vizi del Paese. Una brutta figura, dunque. Ma, soprattutto, una verginità ormai persa.

venerdì 13 maggio 2016

Paolo Becchi: «M5S: ‘Pronto, chi parla? Sono il presidente Berlusconi’» - Sulle ragioni dell’uscita dal M5S.

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 L’articolo sempre sul Fatto Quotidiano è del 20 gennaio 2016. In forma di racconto Paolo Becchi contiene le ragioni per le quali è uscito dal Movimento Cinque Stelle sulle quali molte chiacchiere sono state fatte e per le quali Becchi continua a ricevere attacchi dai Talebani del Movimento. In realtà, si tratta di un esodo dove è possibile distinguere due flussi: quello dei delusi e quello degli espulsi. Ci si potrebbe chiedere se l’uscita - sia nell'uno che nell'altro caso - è una dissociazione/separazione dall’attuale dirigenza politica del Movimento nella sua non limpida articolazione e configurazione attuale oppure un allontanamento da quella inedita aggregazione di popolo e di elettorato che ha di colpo creato un nuovo soggetto al 25 % e di fatto il primo partito italiano. La distinzione non è chiara e di essa gli analisti non tengono conto, ma è una distinzione sulla quale si basa il piccolo drappello degli Espulsi Reintegrati da un giudice. Questi Reintegrati, forti di una sentenza che li protegge, intendono avviare una seria opposizione interna secondo i principi democratici dell'art. 49 cost., rimasto inattuato. Mi era sfuggita la “notizia” che: «...Non mi dica che Repubblica ha di nuovo chiesto di allontanarmi dall’insegnamento». Non sarebbe il primo caso e dovrò chiedere all'Autore se si tratta di finzione o realtà. Se fosse realtà, allora vuol dire che Repubblica - il quotidiano di Benedetti - è diventato una sorta di superministero dell'università che detta i contenuti e i limiti della libertà accademica, oltre i quali non si può e non si deve andare. E su questo i Reintegrati intendono chiedere conto al M5S, conduzione Di Battista, Di Maio, Fico ecc.
AC

Alcuni amici mi segnalano che sui giornali è apparsa la notizia che io avrei parlato con Berlusconi della proposta del Movimento Cinque Stelle sul reddito di cittadinanza. Posso solo dire che si tratta di una barzelletta. Altri amici mi hanno riferito che avrebbero attribuito la mia uscita dal Movimento ai problemi connessi alla mia fistola anale. Non ho controllato la notizia, voglio sperare che si tratti di uno scherzo. Posso però assicurare i miei lettori che la fistola non c’entra con la mia uscita dal M5s. La cosa mi ha spinto a scrivere questo breve racconto ovviamente frutto della mia fantasia.

Drin… drin… drin.

Becchi: Pronto, chi parla?

– Qui villa san Martino, il presidente Berlusconi vorrebbe parlarle.

Becchi: Ah guardi, ci deve essere un errore. Non è casa Brunetta, il mio nome è Becchi.

– No, il Presidente vorrebbe parlare proprio con lei, Professore. Sempre che lei accetti.

Guardo il mio gatto: pure lui è perplesso. Poi fa un cenno con la testa.

Becchi: Ma sì va bene, me lo passi.

Berlusconi: Caro Professore, come sta? Ho letto sul Corriere che a causa di una fistola anale lei avrebbe lasciato il M5s. Sono curioso… il dolore credevo le fosse passato. Certo, uno struggente racconto. Mi ha ricordato molte cose…

Becchi: No, mi scusi non capisco. Certo, ho scritto un racconto che poi nessuno ha pubblicato. Tutti lo ritengono eccezionale, dicono però che non sono Baricco. Ma cosa c’entra, mi scusi, il mio racconto con la mia decisione di abbandonare il M5s?

Berlusconi: Appunto è proprio quello che mi chiedo anch’io ed è per questo che le ho telefonato.

Becchi: Ma scusi, come ha fatto ad avere il mio numero?

Berlusconi: Ha poca importanza… Ma mi spieghi, cosa l’ha spinta a fare questo passo di cui tutti gli organi di informazione hanno dato notizia?

Becchi: Ah davvero, ma è sicuro? Sa, io non guardo la televisione italiana e non leggo i giornali italiani; ogni tanto sono andato in televisione e scrivo sui giornali così per lanciare qualche messaggio, ma per il resto sono rimasto un grillino vero.

Berlusconi: Ma cosa dice, Professore! Guardi che i grillini sono tutti i giorni alla televisione e sono molto bravi… Ci vanno più di me!

Becchi: E  allora lei vada sul web.

Berlusconi: Ah, che bella idea. Ma lo sa che quasi quasi…

Becchi: Presidente, scherzavo. Non mi diventerà mica grillino? Comunque non so, ripeto, non guardo la Tv, ma certo Casaleggio li ha istruiti bene.

Berlusconi: E non sapeva neppure niente del Corriere e di Repubblica… di quello che hanno scritto su di lei?

Becchi: Per la verità no. Non mi dica che Repubblica ha di nuovo chiesto di allontanarmi dall’insegnamento.

Berlusconi: No, no stia tranquillo, non si agiti… è che non mi convince questa storia della fistola.

Becchi: E purtroppo… sapesse che dolori, e poi in quel posto lì…  Però le posso assicurare che non c’entra niente con la mia uscita dal Movimento. Il fatto è che si sta trasformando in un partito come gli altri. Pensi ai tre giudici della Consulta…

Berlusconi: Eh lo so, caro professore, credono di avermi fregato, ma non si sono resi conto che così passano per quelli che sono pronti a levare le castagne dal fuoco alla sinistra.

Becchi: Ah, vedo che ha letto quello che ho scritto su mondoperaio.

Berlusconi: Ma certo, professore, credono che io sia rincoglionito, ma avevo già letto quello che aveva scritto a settembre: è andata proprio come lei aveva previsto, e così ora anche a Quarto…

Becchi: Quando ti trasformi in partito ti comporti come i partiti: non sfuggi alle possibili infiltrazioni e poi cerchi di tenere nascoste le cose, ma quando la frittata è fatta…

Berlusconi: E sì, è vero anche su questo lei ha avuto ragione. E ora? Ora cosa pensa che succederà?

Becchi: Le confesso che ho patito tanto dolore ad abbandonare il Movimento, tanto quanto per la fistola, ma indietro non si torna.

Berlusconi: Secondo lei, professore, ora cosa faranno?

Becchi: Mi sembra chiaro, lotteranno per andare al governo… ma stanno facendo il gioco di Renzi.

Berlusconi: No, mi scusi, qui proprio non la seguo, mi può spiegare?

Becchi: Renzi ha bisogno di portare a compimento il colpo di Stato che Napolitano ha organizzato contro di lei nel 2011.

Berlusconi: Ah, professore, che geniale quel libretto che ha scritto al riguardo. Non le nascondo che ne ho comprato cento copie da regalare agli amici… ma cosa c’entra ora?

Becchi: C’entra eccome. Renzi, quest’ anno cercherà di impostare tutto sui valori. Unioni civili…

Berlusconi: Oh bella, ed io che ho già dato libertà di coscienza!

Becchi: Beh, può sempre ripensarci e magari dimostrare che dopo l’inciucio sulla Consulta avremo ora quello sulle unioni civili… Poi sullo ius soli e magari sull’eutanasia. E il tutto lo sa perché?

Berlusconi: Eh no… non la seguo di nuovo…

Becchi: Ma è semplice! Per anestetizzare l’opinione pubblica sull’unica cosa che quest’anno conta per Renzi: il referendum. Se passerà avrà distrutto la nostra Costituzione, ma conquistato il paese… Un vero pericolo…

Berlusconi: Professore, la ringrazio per la conversazione e per il tempo che mi ha dedicato.

Clic.

Guardo il gatto, muove la coda.

Il racconto è frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persone, luoghi, avvenimenti, siano essi esistiti o  esistenti, è puramente casuale.