venerdì 17 giugno 2016

Paolo Becchi: «Quirinarie: il M5S sull’orlo di una crisi di nervi».

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L’articolo qui ripreso dal Fatto Quotidiano è del 27 gennaio 2015. Incomincia ad apparire la delusione circa la possibilità, l’onnipotenza della Rete come forma di democrazia partecipativa. Quale migliore occasione della scelta, designazione, determinazione del Presidente della Repubblica? Ed invece la Rete sembra destinata alla ratifica, sapientemente orchestrata, di decisione già prese, magari dagli stessi parlamentari, di cui ben dieci lasciano il M5s.
 AC

La partita a scacchi sul Quirinale finalmente comincia, ma rischia di concludersi in poche mosse. Mentre Renzi comincia il suo atipico giro di consultazioni – in apparenza alla ricerca di un nome condiviso, ma in realtà per la paura che l’elezione del Presidente della Repubblica si impaludi in una situazione di stallo –, il Movimento lascia scoperto il fianco, tenta qualche sortita in avanti, si richiude in difesa. Raro esempio di schizofrenia politica: chiede i nomi al nemico – la “lista” senza la quale non ci saranno né Quirinarie né proposte da parte del Movimento (“Renzi, dacci i nomi”) – ed al contempo si rifiuta, stizzito, di andare a parlamentare con lui (“Renzi dice ‘fate i nomi, fate i nomi’. La disonestà intellettuale rovina i rapporti tra le persone. Oggi abbiamo un buffoncello che ci ricatta, non fa i nomi neanche al suo partito e li chiede a noi…ma andate a affanculo!”).

Forse un incontro in streaming sarebbe stato il miglior metodo per tentare di “sputtanare” l’accordo del Nazareno. Sarebbe stata un’apertura azzardata ma forse efficace – a “Sistema Colle” (vecchia mossa degli scacchi, inventata dal belga Edgar Colle), mai nome sarebbe stato più appropriato, in questo caso. Ed invece, di fronte al silenzio di Renzi, il M5S cambia ancora metodo: si rivolge, con una lettera firmata Grillo-Casaleggio, direttamente ai singoli parlamentari del Pd – come se contassero davvero qualcosa al di là del suo leader – supplicando di fornirgli un elenco di candidati da poter votare in rete (“Cara/Caro parlamentare del Partito Democratico le chiediamo, dopo averlo chiesto al presidente del suo partito, di esprimere le sue preferenze per i candidati alla presidenza della Repubblica”).

Già, la rete: non avrebbe dovuto, con le Quirinarie, vedere finalmente i cittadini partecipare attivamente e direttamente alla scelta del Capo dello Stato? È evidente che non sia più così: le Quirinarie ora le fa soltanto il Fatto Quotidiano, e le stravince Magalli. La rete 5 stelle, invece, tace: il suo unico compito sembrerebbe essere quello di ratificare la decisione presa dai deputati del Movimento, sulla base delle indicazioni date da Renzi e ora dal suo partito.

Risultato: oggi altri dieci deputati lasceranno il Movimento. Si dirà, ovviamente, che era già dei traditori, degli “infiltrati”, già “schedati” e conosciuti dalla Grillo-Casaleggio Associati. Ma non è così: questi dieci lasciano perché la rete è diventata una farsa, perché il M5S ha sbagliato tutte le mosse di una partita in cui avrebbe potuto mettere realmente in difficoltà Renzi e Berlusconi. Lasciano perché la tattica 5 stelle è incomprensibile, schizofrenica e fallimentare. Forse gli scacchi sono troppo complicati per certe persone: per questo, dopotutto, fu inventata la dama. Ma, con quella, non darai mai uno scacco al Re.

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