lunedì 14 novembre 2016

Gilad Atzmon: «Sulla vittoria di Trump»

Gilad Atzmon
Riprendo volentieri da “Come Don Chisciotte” questo articolo di Gilad Atzmon sulle elezioni presidenziali americane e mi rammarico di non essere riuscito a sviluppare il piano di traduzioni dei post che compaiono sul blog del musicista e filosofo inglese, nato in Israele e autore della più acuta analisi della identità ebraica. Le categorie concettuali isolate a questo riguardo ritornano nella splendida definizione che si trova più sotto nel testo: «Il pensiero progressista è la manifestazione secolare del concetto dell’ “eletto”». Non già il pensiero progressista in generale, ma se si va a prendere il pensiero comunista, quello ad esempio che si trova in Buio a mezzogiorno, il romanzo di A. Koestler, ci si ritrova con la Storia al posto di Dio e con il mondo che va avanti secondo i dettami della Provvidenza. I media, giornali e televisioni, ma anche ormai tutti gli istituti educativi e i luoghi in cui non già si forma il consenso, ma lo si impone hanno lo stesso ruolo che nei primi secoli del cristianesimo post-costantiniano esercitavano gli Evangelizzatori. Niente poteva e doveva resistere al Verbo divino ed ogni strumento era lecito per assoggettare le genti alla vera Fede.

Post Scriptum - Colgo occasione in un PS, che è sufficiente, per esprimere il mio netto assoluto disssenso con il fortunatamente ex-Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che non è mai stato il mio presidente e della cui parzialità ho sofferto negli anni della sua presidenza, dove fra gli atti più gravi a lui riconducibili annovero l’aggressione alla Libia, al suo presidente Geddafi, al suo popolo ovvero alle sue tribù da Geddafi riunite. Ma le imprese di Napolitano dal 1956 (invasione dell’Ungheria) ad oggi, giorno in cui fa pubbliche ammissioni, non più in veste di Presidente della Repubblica, e dunque protetto dagli apparati repressivi dello Stato, dice la sua in materia di “antisemitismo" e “antisionismo”, materia dove la sua incomprensione non può essere compensata dalla sua Autorità. Resta pur sempre un personaggio potente, da me mai amato, e non dico altro se non a rinviarlo alla lettura dei testi di Gilad Atzmon, uno dei pochi che capisce in materia di “identità ebraica”. L’ex-Presidente è infine invitatato alla lettura di un altro libro: La pulizia etnica della Palestina, di Ilan Pappe, che per me resta un testo definitivo sull'argomento, rendendo noto al mondo ebraico e filo-sionista cià che - secondo le parole di Atzmon - era noto a ogni bambino palestinese, ossia la pulizia etnica del 1948 che nella più recente normativa Onu - come ricorda Pappe - è equiparata al “genocidio”. - Purtroppo, se non sarà abbattuta l'oppressione e infiltrazione us-raeliana  nelle nostre istituzioni ai massimi livelli, dovremmo andare ogni volta a Tel Aviv per farci autorizzare su ciò che ci è concesso pensare e ciò che non ci è invece permesso. È ancora presto per valutare quale piega prenderà la politica di Trump. I primi segnali sono contraddittori e per taluni aspetti non incoraggianti per chi sta dalla parte della libertà di pensiero e della libertà dei popoli.

AC

GILAD ATZMON
Sulla vittoria di Trump

Mi è successo negli ultimi anni che l’essere progressista non fosse una posizione politica, ma uno stato mentale.

L’incapacità di tutti i progressisti degli USA e dell’establishment di sinistra di prevedere la vittoria schiacciante di Trump fa pensare che abbiamo a che fare con persone distaccate dalle istituzioni.

Solo tre giorni prima delle elezioni presidenziali, l’Huffington Post aveva pateticamente criticato il famoso sondaggista Nate Silver di “insensate previsioni nella direzione di Trump”, poiché affermava che la vittoria di Trump potesse essere uno scenario realistico. Ryan Grim ha scritto:
“Il sondaggista dell’Huffington Post sta dando la Clinton per vittoriosa con una probabilità del 98% e il New York Times nella rubrica The Upshot mette le sue chance all’85. C’è un’eccezione, tuttavia, che sta mettendo nel panico i democratici in tutto il paese e che mette nei sostenitori di Trump la speranza che il loro uomo alla fine ce la possa fare. Il modello 538 di Nate Silver assegna a Trump una probabilità del 35% di vincere”. Link: huffingtonpost.com.
L’Huffington Post accusa Silver di “prendersi gioco di tutta l’industria sondaggista che lui stesso ha reso popolare”.

In prospettiva il modello 538 aveva ragione. Huffington Post e New York Times erano totalmente fuori pista. Una coincidenza?

Come è possibile che il Partito Democratico, i media mainstream e Wall Street abbiano potuto ignorare totalmente il livello di rabbia che accomunava le masse? Queste domande vanno ben oltre le strategie di sondaggio o la statistica. Stiamo parlando di un livello di disconnessione quasi totale.

Il pensiero progressista di sinistra è idealizzato come un sogno. Ci dice come il mondo dovrebbe essere. Spesso i progressisti sembrano dimenticarsi di come il mondo sia in realtà e di che tipo di persone è popolato. Hillary Clinton e la sua campagna, proprio come il New York Times e l’Huffington Post, era in uno stato di negazione. Crogiolandosi nella loro tracotanza, hanno totalmente sbagliato a leggere la situazione.

Per noi ciò non deve essere una sorpresa. Il distacco non è stato inventato dalla Clinton e dal suo team. Distacco ed alienazione sono insiti nel pensiero progressista. Essere progressisti significa credere che le “altre persone” sono solo un mucchio di ignari “reazionari”. Il pensiero progressista è la manifestazione secolare del concetto dell’ “eletto”. È un concetto tipicamente ebraico, un fatto che spiega perchè i primi cinque finanziatori della campagna della Clinton fossero miliardari ebrei.

Perchè essere progressisti è una forma di supremazia. Mi spingerò così in là da suggerire che l’antagonismo dei progressisti nei confronti della “supremazia bianca” è una forma di proiezione. I progressisti attribuiscono all’ “essere bianchi” la loro stessa inclinazione all’essere eccezionali.

Statunitensi contro Identitaristi

Il giorno elle elezioni, abbiamo capito che il Partito Democratico era sul filo, sperando di essere salvato dai “voti ispanici” in Florida. Il futuro politico della Clinton dipendeva dal fatto che Trump avesse offeso a sufficienza la comunità latina. Questo particolare sviluppo per cui un partito a livello nazionale dipenda da uno specifico gruppo politico non dovrebbe stupire più di tanto.

Le elezioni presidenziali del 2016 hanno diviso gli USA in due fazioni: da un lato gli Statunitensi, dall’altro gli Identitaristi. I primi sono quelli che si vedono principalmente come patrioti, sono mossi dai loro retaggi culturali e dalle loro radici. Per essi, la promessa di “rendere di nuovo grande l’America”, è la conferma che l’utopia è nostalgia e che la realtà progressista non è altro che una distopia. Gli Identitaristi, invece, sono quelli attaccati alle politiche settarie dei progressisti. Sono principalmente autoreferenziali, che siano LGBTQ, Latini, Neri, Donne e via dicendo. Il loro legame con l’ethos patriottico nazionale è secondario o spesso nemmeno esiste. Il futuro del Partito Democratico, nella sua forma attuale, dipende dalla speranza che la tendenza ad abbracciare ideologie settarie aumenti gradualmente e, alla fine, ne rafforzi il contesto di identità o gruppo politico. Il modo di procedere progressista fa affidamento sul crollo delle ideologie nazionali e patriottiche. Metà degli USA ha votato per la Clinton, per cui queste mire politiche sono tutt’altro che inverosimili.

Purtroppo la tendenza Identitarista gli si è ritorta contro. Era solo una questione di tempo prima che i cosiddetti “bianchi” o “campagnoli” si accorgessero di avere le spalle al muro. Anch’essi hanno iniziato a ragionare e ad agire come un settore politico identitario. Il fatto che Hillary avesse definito i sostenitori di Trump un “mucchio di miserevoli”, per i gli Statunitensi bianchi e poveri era un chiaro indicatore che questa non era esattamente un loro alleato. Hillary non era sola. Più o meno tutti gli scrittori ebrei della stampa statunitense non hanno perso l’occasione di etichettare i sostenitori di Trump come “sostenitori della supremazia bianca”. Per Cheryl Greenberg la popolarità di Trump era “l’ultimo anelito della supremazia bianca”. Per Josh Marshall di Talking Points Memo, l’ultimo spot pubblicitario della campagna di Trump era pieno di “guaiti antisemiti, retorica antisemita e vocabolario antisemita”. Per Marshall e Greenberg, la metà della popolazione statunitense era composta da cani che obbedivano agli ordini del padrone.

Non ci dovrebbe sorprendere che metà della popolazione abbia deciso di reagire, stufa di progressisti ebrei del calibro di Marshall e Greenberg che la definivano un mucchio di cani e sostenitori della supremazia bianca. I tempi erano maturi per una rivoluzione.

Per cui si tratta di una rivoluzione? Non sto trattenendo il respiro. Le persone che hanno incoronato Trump sicuramente sono esauste. Pronte per un cambiamento. Trump sarà in grado di metterlo in atto? Non possiamo saperlo. Di sicuro non ci farà annoiare.

• Gilad Atzmon è un sassofonista jazz, romanziere, attivista politico e scrittore britannico di nascita israealiana. Fonte: http://www.gilad.co.uk/ Link: http://www.gilad.co.uk/writings/2016/11/10/on-trumps-victory 10.11.2016. In ottemperanza a: «Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO».  E con i ringraziamenti da parte di CL.

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