giovedì 2 maggio 2013

La polizia del pensiero nel governissimo Napolitano-Letta-Alfano

Post in elaborazione.

Il pensiero è più veloce della sua elaborazione in forma di scrittura, ma data la gravità del momento non possiamo indugiare a dare corpo a ciò che fin dalle prime battute ci sembra chiaro. Saremo necessariamente schematici, ma il tema della libertà del pensiero ci occupa ormai da anni e riusciamo a coglierne le minacce appena esse si profilano. Mi auguro che i cittadini portavoce del Movimento Cinque Stelle sviluppino presto una sensibilità al riguardo. Ne sono già le vittime fin dalle prime ore del governissimo. Se si osserva come si va gestendo il caso Preiti ci si accorge che lo si vuole sfruttare per mettere il bavaglio al 25% degli italiani che hanno votato Grillo, e fra questi 8.500.000 pare anche quello di Preiti, godendo dei diritti politici.

Fra i primi a capire la manovra vi è stato Adriano Celentano, che ha parlato di «sciacallaggio». Sulla non-violenza del Movimento Cinque Stelle non occorre dare prove, ma anzi se mai si può rimproverare al Movimento di aver agito da freno nel contenimento di una legittima rabbia ed insofferenza che viene dai ceti popolari e da quanti ogni giorno vengono spinti sulla via del fallimento e del suicidio. La distruzione del tessuto sociale avanza di giorno in giorno e legittimerebbe quelle che una volta si chiamavano “rivoluzioni”. Questo popolo, il popolo italiano, che ogni anno celebra la «festa della Liberazione», avrebbe bisogno di liberarsi innanzitutto dei suoi politici e dei suoi governanti che da oltre mezzo secolo la opprimono con ogni mezzo, di cui la strategia della menzogna e della diffamazione a mezzo stampa e televisione è uno degli strumenti preferiti.

Il popolo non parla il linguaggio dei fini dicitori, sempre meno fini, dei talk show televisivi, luoghi dove pochi parlano ed appaiono, esaltando la loro vanità, e dove i molti vedono ed ascoltano interamente passivi e spesso sprovvisti di autonomia di giudizio. Il popolo dice pane al pane e vino al vino. Si esprime anche con il linguaggio detto “volgare”. Ed è esattamente il linguaggio che Beppe Grillo ha usato in tutti questi anni per parlare al popolo. Inibirgli l’uso del linguaggio popolare significherebbe recidere il suo legame con il popolo e castrare il Movimento Cinque Stelle.

In passato conoscevamo l’espressione «strategia della tensione», che era gestita dal governo e dai servizi segreti italiani e stranieri. Ora siamo incolpati di una «strategia del disagio sociale» per il solo fatto di dire che ci sono sempre più disoccupati, sempre più fabbriche che chiudono, sempre più lavoratori e imprenditori che si suicidano e... perfino qualche disoccupato che vuole ammazzare il primo politico che gli capiti sotto tiro. Preiti non è riuscito nel suo intento e si è dovuto accontentare di una di quei carabinieri che prestavano servizio per la sicurezza degli stessi politici. Abbiamo visto l’ineffabile Gasparri alzare il dito medio protetto da cordoni di poliziotti.  Lo spettacolo non fa riflettere quanto sarebbe necessario. Di fronte ad un Battiato che è stato subito dimissionato da assessore siciliano della cultura noi abbiamo un Gasparri che continua a scialare all’impazzata in ogni talk show televisivo.

L’insidia legislativa con cui reprimere il Movimento Cinque Stelle è già pronta da anni e si chiama legge Mancino-Taradash-Modigliani, di cui già nella passata legislatura si stava preparando un inasprimento. La manovra liberticida non è per nulla stata abbandonata e sarebbe per lo meno necessario che i cittadini portavoce aprissero gli occhi. In pratica si vuol negare in questo paese il diritto di opposizione.


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