domenica 21 febbraio 2016

Beppe Grillo al Teatro Brancaccio: riflessioni sullo spettacolo e altro.

Allo “spettacolo” ci siamo stati ieri sera, ma il costo del biglietto salito a 50 euro ci ha divisi e ci sono entrato io solo, e quindi “uno vale per due”, dovendo riferire le mie impressioni al compagno che se ne è andato a casa, risparmiando per la sua famiglia il biglietto da 50 euro. In due eravamo stati all’ingresso artisti, dove non volendo per nulla disturbare Beppe, che si stava concentrando sullo spettacolo, gli abbiamo lasciato un biglietto, dove era scritto che proprio non volevamo trovarci costretti a fargli una causa (e sarebbe per lui il 101° processo) per le cose che qualcuno scrive “in nome e per conto di Beppe Grillo”: un fantomatico e kafkiano «Staff di Beppe Grillo», le cui lettere se emesse da un qualsiasi ente pubblico avrebbero un valore amministrativo e legale nullo.  Ecco il testo del biglietto da noi lasciato in portineria:
 «Carissimo Beppe,
mi rendo conto del momento, ma dovendo io ed altri forse decidere se farti una causa civile vorremmo – se possibile – prima parlarne proprio per evitarla».
Restiamo in attesa di una risposta diretta di Beppe Grillo, se come ci è stato assicurato dal portiere gli verrà recapito il foglietto di cui abbiamo fatto una foto. Mi chiedo se mai risponderà, ma leggendo di vicende analoghe, mi chiedo anche se oltre ad essere ignaro di quanto fatto “a suo nome” non sia anche impotente a porvi rimedio... Non voglio fare il disfattista del Movimento e per quanto posso (assai poco) cercherò di raddrizzare il raddrizzabile: non si deve perdere la speranza in ciò che si è creduto, ma non si può andare oltre un certo limite. Andiamo dunque allo spettacolo.

Dato all'ingresso artisti
Intanto, Beppe non mi ha fatto ridere, non lo ha mai fatto. Ma questo che dico non vuole essere riduttivo, perché il “ridere” mi fa invece sempre pensare, mentre il suo collega Crozza non mi fa mai né ridere né pensare. Mi è parso Grillo stesso piuttosto preoccupato della sua capacità di poter comunicare ancora facendo ridere: più che di una comicità io ho avvertito la tragicità della presente situazione storica concreta.  Il “ridere” poi, il soggetto che ride, è a sua volta sempre diverso, a seconda di ciò che capisce ed interpreta: il ridere è un processo di interpretazione da entrambe le parti: chi vuole comunicare qualcosa mettendo in evidenza gli aspetti comici e chi a sua volta deve essere in grado di intenderli. Insomma, è una forma di comunicazione che richiede una grande maestria e una grande arte. Io questo volta non ho riso, ed ho perfino più volte sbadigliato, ma solo per stanchezza fisica, una stanchezza che ho riconosciuto nello stesso Beppe, davvero “stanchino”, e non per modo di dire: siamo coetanei! Ed è proprio in ragione della comune età, e per le cose da me viste nell’arco della vita, cose diverse, percorsi diversi, dubito della capacità di suscitare indignazione per gli scandali denunciati tale  che possa essere sufficiente per uscirne. Il percorso inizia appena ed è tutto in salita.

Pensavo che ritornando a far spettacoli, Beppe si sarebbe messo a recitare forse... Racine! Ed intendesse abbandonare del tutto la politica. Ed invece no! Si è messo a raccontare la sua vita... Non ha smesso di fare politica. Lo spettacolo è stato una sorta di scuola di formazione politica, o anche un comizio, ma a pagamento, come usano fare tutti gli altri partiti, che di una “scuola” hanno bisogno per formare i loro quadri, agit prop e per darsi una “ideologia”. A “cinque stelle” quelle del Movimento: troppe poche cinque, come dico spesso, per racchiudere tutto l’universo del vivere, agire e pensare politicamente. Le stelle sono “milioni di milioni”. Beppe si è molto diffuso sulle trasformazioni della tecnica e i nuovi scenari che ne derivano, ma non ho notato grande sensibilità su temi come libertà (di pensiero, di espressione, di insegnamento, di ricerca, di critica politica), etica, popolo, comunità, sovranità, politica estera, solidarietà sociale... Beh, la denuncia per le ruberie è stata sempre presente in tutta la sua attività. Ma perché la gente ha rubato e continua a rubare? Di molti anni fa ricordo una espressione: «lo scandalo è il concime della socialdemocrazia». Oggi di “socialdemocrazia” non ve ne è più, ma è rimasto lo scandalo e una pretesa di superiorità morale fondata sulla capacità di scandalizzarsi e far scandalizzare,  dandone espressione. Scomparsa l’eticità diffusa delle comunità solidali, l’«onestà» su cosa dovrebbe fondarsi? Ce lo sapranno dire è i ragazzi usciti dalle comunarie? Hanno una qualche idea di “onestà” di quella che si misura con valori finanziari? Hanno una qualche idea di “onestà” nei comportamenti e nei pensieri? I più favoriti emersi dalle votazioni elettroniche sono studentesse che non hanno neppure terminato gli studi, ma dovrebbero guidare il Comune di Roma. I cittadini con matura esperienza e solidissimi curricula sono stati tenuti fuori ed hanno prevalso i ragazzini: le urne hanno tirato fuori graziose fanciulle mai viste. Se sono 200 mila i votanti necessari al ballottaggio, se sono tre milioni i cittadini romani, è incredibilmente bassa la base da cui sono stati tratti i candidati che verranno ad affrontare la più difficile prova di governo cittadino. In condizioni ideali di democrazia diretta antica si sarebbe dovuto andare a stanare nelle loro case i cittadini più capaci, pregandoli in ginocchio affinché salvassero la città ed invece si è fatto esattamente il contrario: allontanare e scoraggiare i capaci. La “democrazia diretta” non riesce ad uscire fuori dai processi elettorali che già conosciamo: ritorna l’antico. Che Iddio ci assista!

Uno dei momenti che ha maggiormente attratto la mia attenzione è stato un passaggio dove Beppe sembra escludere una costruzione del Movimento secondo il noto schema dei leaders. Questa sua affermazione pare in contrasto con la prassi attuale, dove in Roma la selezione delle candidature, la loro gestione, organizzazione e quant’altro è gestita direttamente dai parlamentari. Molte sono le perplessità che in molti nutrono: è finito il Movimento e comincia il Partito? Sarà egualmente attrattivo quanto il Movimento? Dovremo rimpiangere i vecchi partiti? La situazione è però in evoluzione  ed è forse presto per poter fare affermazioni definitive. Insomma, non è facile capire se e come il Movimento si vada trasformando, se in meglio o in peggio. E soprattutto se un Movimento reale di popolo possa essere diretto e controllato da un misterioso e occulto ufficio, composto da una quindicina di persone sedute a un computer. Ho detto movimento reale di popolo, cosa ben distinta da flussi elettorali.

Non al Brancaccio!
Non saprei cosa pensare del modo in cui termina lo spettacolo: Grillo che - simulando la messa cattolica - somministra non l’Ostia consacrata ma il nuovo cibo ricavato dagli insetti ed in questo caso un grillo (insetto) trasformato in alimento essiccato. Si potrebbe pensare a qualcosa di blasfemo, se ancora esistesse questa sensibilità. Beppe pensa di essere Cristo, e di avere degli Apostoli, ma a me non fa ridere... Il Garante Supremo, ormai “stanchino”, che infonde il suo Spirito agli adepti e che risulta estraneo a decisioni, basate su “segnalazioni”, prese a suo nome e insaputa da uno Staff Anonimo. Tra gli assuntori del grillo secco ho visto Alessandro Di Battista, ma erano in tanti e tutti in fila, chiamati sull’altare... Scenari apocalittici se pensiamo al Paese Italia, o forse più modestamente solo grotteschi, se pensiamo a quella cosa chiamata Movimento Cinque Stelle, da Grillo stesso presentato come il sicuro antidoto a ben più radicali movimenti o partiti sviluppatisi in altri Paesi: un merito o un demerito? Un aiuto alla rivoluzione o un sostegno alla controrivoluzione? La risposta deve ancora essere data e non tarderà molto a venire.

Nota: la foto illustrativa è da me presa da un sito web, giacché non ho trovato foto dello spettacolo al Brancaccio, dove ben ricordo come testimone oculare Alessandro Di Battista nell'atto di assunzione del grillo essiccato a mo’ di ostia della messa. Era espressamente vietato al Brancaccio scattare delle foto, pur avendo pagato il biglietto di 50 euro. Ad ogni spettacolo, in ogni città, la scena si ripete con fedeli comunicandi diversi, presi dal territorio. La religione fa nuovi proseliti. È peggio passare per “negazionisti’” o per “blasfemi”? Perché Beppe si spaventa davanti a ogni ipotesi di “negazionismo” ma poi non arretra davanti a facili sospetti di blasfemia che ben possono offendere la sensibilità di due miliardi di cristiani nel mondo? Forse, perché vi sono lobbies, ben più piccole, ma infinitamente più potenti?

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